Intervista concessa al quotidiano Gara, del paese basco, da Nicolás Rodríguez Bautista, primo comandante dell’Esercito di Liberazione Nazionale – ELN.
Che vuol dire essere eleno? Cosa l’ha portata ad entrare e a militare nell’ELN e non in un qualsiasi altro dei vari movimenti insurrezionali che ci sono stati in Colombia?
Essere ELENO è essere mosso alla lotta da sentimenti di amore per l’umanità soprattutto per quella espropriata, emarginata e oppressa. È chi costruisce i valori rivoluzionari sui valori umani o umanisti; è chi va fino alle ultime conseguenze per i suoi obiettivi di democrazia, libertà e indipendenza, è chi ama la pace, chi ha sogni, speranze e alimenta il suo spirito di ideali. Possiamo fare alcuni esempi: Manuel Pérez Martínez, Luis José Solano Sepúlveda, Manuel Vásquez Castaño, Omaira Montoya, la nera Yesenia e una innumerevole lista che non entra in alcune cartelline.
Nel mio caso e come fondatore dell’Esercito di Liberazione Nazionale ho aiutato a costruire questa forza guerrigliera, avendo l’opportunità di condividere con uomini e donne di organizzazioni sorelle, come le FARC, l’EPL, il M19 e con altre forze minori, e ho incontrato in tutte quelle, sviluppi e valori nei quali ci sono state importanti identità; accanto anche a differenze, di tutte quelle l’ELN si è nutrito, ha appreso e si è definito, agendo nei loro confronti con rispetto, fraternità e solidarietà rivoluzionaria, senza disconoscere che come umani siamo imperfetti e commettiamo errori, ma ha sempre predominato il lato positivo.
Come avete vissuto il 30 marzo a Caracas?
Il 30 marzo è stato fatto l’annuncio che il governo colombiano e noi ELN abbiamo iniziato una Fase Pubblica di dialoghi. Anche se noi maggioranza degli uomini e delle donne dell’ELN non siamo stati a Caracas, abbiamo vissuto quel momento con molta allegria, perché è stato come vedere fissati nella realtà alcuni grandi sforzi che hanno realizzato passo dopo passo ciascun punto di un’agenda, che rappresenta tutta la militanza, e siamo convinti che soddisfi i milioni di esclusi della società colombiana. Siamo coscienti che questo è solo un passo importante, perché rende visibile gli sforzi per la pace, al quale ora bisogna aggiungere gli sforzi di milioni di uomini e donne del popolo, della classe media e di alcuni settori ricchi, che siamo convinti vogliono una pace che significhi giustizia ed equità sociale, democrazia e sovranità.
Il processo di dialogo avrà cinque sedi. Perché tante?
È una questione pratica, perché tutti questi paesi hanno giocato un importante ruolo in questi due anni e più di dialoghi discreti e passando alla fase pubblica il loro sostegno è una continuità; è riconoscere i loro sforzi, affinché tutti loro continuino a sostenere il processo di pace.
Questi cinque paesi sono pochi, dato che la pace della Colombia impegna la stabilità di tutta l’America Latina. L’interesse è coinvolgerne molti altri, magari anche dei paesi europei.
Per noi è chiaro che il processo di pace della Colombia fa parte della lotta dei paesi e dei popoli del continente per la pace, questo deve tradursi in fatti concreti. Nel caso particolare del Venezuela, nessuno può non riconoscere che ha scommesso, fin dai tempi del Presidente Chávez ed ora con il Presidente Maduro, sulla pace della Colombia.
Il presidente Juan Manuel Santos ha condizionato l’insediamento del tavolo a Quito alla consegna da parte dell’ELN di tutte le persone sequestrate. Al riguardo, che posizione ha l’ELN?
Ciascuna delle parti ha molti motivi per porre delle condizioni, ma farlo è andare contro il processo di pace, per questo non abbiamo mai posto delle condizioni lungo il processo, speriamo che il governo intenda che questo produce solo sbornie nel processo e che se noi ci siamo messi d’accordo su un’Agenda, la cosa sensata è accettarla così come è stata concordata. Vogliamo che arrivi la pace affinché terminino tutte quelle attività frutto della guerra e che a tutti noi producono dolori.
Come andrebbe se ponessimo come condizione per continuare i dialoghi, che liberino i guerriglieri che sono nelle carceri in condizioni subumane, morendo per mancanza di cure mediche da parte dello stato?
La prima apparizione in pubblico dell’ELN ha avuto luogo il 7 gennaio 1965 con la conquista di Simacota, nel Sur de Santander. D’allora come si è evoluta la guerriglia e la stessa società colombiana?
Questo più di mezzo secolo fa, il paese e il mondo erano diversi, l’ELN appena nasceva carico di speranze e convinzioni, più che di risorse materiali, oggi è una forza rivoluzionaria insurrezionale matura, con un’enorme ricchezza che l’esperienza vissuta ci dà.
Oggi l’ELN è un patrimonio delle lotte di resistenza dei popoli, contro la tirannia delle oligarchie creole e di fronte allo sfruttamento imperialista.
Siamo una forza nazionale radicata in importanti settori popolari, dove siamo invisibili ai nostri avversari; il sostegno di queste masse popolari è il segreto perché con molte scarse risorse materiali ci siamo mantenuti e sviluppati, combattendo e resistendo alla macchina militare più potente del pianeta; tutto lo dobbiamo a questo popolo eroico, lavoratore e generoso, che ci ha accolti nel suo seno come suoi stessi figli e figlie; senza di lui sarebbe stato impossibile resistere e svilupparci.
Le cause per cui ci siamo sollevati in armi facendo uso del diritto alla ribellione, sono aumentate, c’è più povertà in mezzo a maggiori ricchezze, c’è più esclusione e hanno continuato a perfezionare i metodi di repressione; è apparso il narcotraffico che ha corrotto le istituzioni ufficiali e ha danneggiato in modo grave la società; è nato anche il paramilitarismo, come potente arma del terrorismo di stato. Ci sono più dirigenti popolari, leader sociali e difensori dei diritti umani assassinati, ci sono più di 7 milioni di sfollati e milioni di esiliati. Tutto questo ha creato una crisi sociale e umanitaria di incalcolabili proporzioni, che è indispensabile superare, per cui è uno degli obiettivi dell’ELN.
Nel V Congresso, l’ELN ha messo in risalto “l’urgenza dell’unità popolare e dei rivoluzionari”. In una intervista, lei comandante riconosceva che “solo nell’unione” potete asprirare ad essere un’alternitiva. “Solo quel giorno potremo esserlo veramente”. Che sfide e divisioni storiche deve superare la sinistra per trasformarsi in una vera alternativa di potere?
Gli sviluppi delle lotte e la correlazione di forze fanno sì che oggi i popoli, le nazioni e le loro organizzazioni generino un processo di unità, di unione e coordinamento, per rendere possibile il trionfo popolare, oggi nessuno progredisce da solo.
Abbiamo insistito poiché siamo di fronte ad una eccellente opportunità, perché tutti vogliamo la pace e l’Agenda pattuita con il Governo ha come elemento principale la partecipazione della società. Siamo convinti che intorno alla pace si possa avviare l’unione, “l’unità dalla base”, come ce lo ha insegnato il sacerdote guerrigliero Camilo Torres. Consideriamo che questa sia la sfida per avanzare e l’otterremo. La partecipazione della società è una conquista delle masse, perché solo loro che hanno lottato per questo obiettivo, noi lo abbiamo semplicemente compreso.
Il Plan Colombia ha compiuto 15 anni. Che impatto ha avuto sulle guerriglie e in termini generali sui movimenti di sinistra? Questa fase la vedete superata?
Il Plan Colombia è stato un altro sforzo della classe dominante colombiana e del Pentagono per piegare militarmente gli insorti, senza dubbio ha causato un danno agli insorti perché è stato un salto militare e tecnologico senza precedenti, nonostante ciò, se lo valutiamo nel suo obiettivo di annichilire le guerriglie, è stato un fracasso perché non è riuscito nel suo obiettivo. Quello che si è ottenuto è stata una terribile violazione dei diritti umani, perché buona parte delle azione dentro questo Piano sono state dirette contro la popolazione.
Con questo Piano, l’allora presidente Uribe (2002-2010) sollevò la tesi che la gente della sinistra legale era un “idiota utile del terrorismo” e con questa giustificazione hanno perpetrato centinaia di migliaia di assassinii, sparizioni, carcerazione, esiliati e sfollati; questo ancora non finisce e ora continua con il Plan Colombia versione 2.0. Anche così, il movimento di massa si è rafforzato, per continuare a lottare e a reclamare i propri diritti. Non ci sono dubbi che se i problemi sociali si trattano con misure repressive, tutto fracassa.
Il pretesto per iniziare il Plan Colombia fu la lotta al narcotraffico, le statistiche ufficiali riconoscono che nel paese le coltivazioni illecite sono raddoppiate. Le grandi imprese fabbricanti di armi da guerra e dell’erbicida Glifosato, si riempiono le tasche con il sangue degli innocenti, il sacrificio degli umili e il disastro ambientale.
Il narcotraffico si rafforza perché crea altissimi tassi di profitto alle imprese transnazionali e perché è la principale fonte di finanziamento del Terrorismo di Stato.
L’ELN afferma che l’apertura della fase pubblica delle conversazioni è una “possibilità storica”. Quali fattori rendono questo momento e il processo differenti dai precedenti dialoghi?
Da quando abbiamo iniziato i dialoghi per cercare la pace, 25 anni fa, abbiamo compreso che la pace si raggiunge se la grande maggioranza della società, che è stata esclusa dal potere, negati i suoi diritti e sottoposta allo sfruttamento, all’oppressione e alla repressione, partecipa da protagonista alla ricerca della pace; questa possibilità si concretizza ora quando si apre il Tavolo pubblico. La classe al potere non regala nulla, bisogna lottare per ciò che si vuole; questa partecipazione che è possibile ora non c’è stata prima e questo segna la differenza storica.
Voi avvertite che una delle “gravi debolezze” di questo processo è che “solo una parte della minoranza governante è a favore” e che l’altra, guidata dall’ex presidente Uribe è contro. Come si può rovesciare questa realtà? È possibile una pace stabile e duratura senza l’appoggio dell’uribismo e dell’ampio spettro sociale che rappresenta?
È nel medesimo processo che si decanteranno le cose, ora è difficile predirlo, aspiriamo a che la maggioranza della società si leghi al processo e faccia inclinare la bilancia dalla parte della pace, questa e la sfida.
In Colombia la guerra l’ha imposta l’oligarchia ed è il popolo mobilitato che costruirà la pace, con la partecipazione della comunità internazionale.
Il governo si oppone alla convocazione di un’assemblea costituente, come meccanismo di legalizzazione. Per le FARC e i movimenti popolari è l’unica via per dotare gli accordi di una forza normativa e giuridica. È realmente questo uno scoglio insalvabile per la legalizzazione degli accordi?
Noi abbiamo proposto la necessità di un processo costituente, ma dobbiamo ripetere che tale legalizzazione degli accordi deve passare per quello che valuta la maggioranza; che sia fatta la sua volontà è ciò che ratifichiamo, e noi ci uniamo a questo.
Tra i dirigenti storici dell’ELN ci sono i sacerdoti Camilo Torres e Manuel Pérez. Fin dalla sua nascita l’ELN ha mantenuto uno stretto legame con settori della chiesa. Bisogna rilevare, per esempio, l’impatto sociale che ha avuto il movimennto dei sacerdoti chiamato “golconda”, al quale si sono aggiunte le suore. Da questo legame cristiano, come valutate il ruolo che sta giocando Papa Francesco in Latinoamerica e, in concreto, nell’avvicinamento tra Cuba e gli Stati Uniti e il suo esplicito appoggio ai processi di dialogo in Colombia?
Si calcola che più del 90 per cento della popolazione colombiana è cristiana, fin dalla sua nascita l’ELN fa parte di questa realtà e la valutiamo positivamente. Rispettimo le fedi e la libertà di culto, questa è una realtà che arricchisce.
Per questo vari sacerdoti che vedono nel vangelo una potente ragione d’amore verso il prossimo si sono uniti all’ELN, come Camilo Torres, Manuel Pérez, Domingo Laín, José Antonio Jiménez Comín, tutti spagnoli; più Diego Cristobal Uribe, Bernardo López Arroyave, José María Becerra e altri sacerdoti e suore, che per ora non è conveniente menzionare.
Nel movimento di massa ci sono anche illustri pastori delle chiese cristiane che sono degli attivisti popolari, che dentro le loro convinzioni cristiane rivendicano la Teologia della Liberazione. Senza dubbio le chiese in Colombia hanno molto da apportare alla lotta per la pace, noi abbiamo questa aspettativa.
Papa Francesco ha mostrato di essere disposto a dare un apporto alla pace della Colombia, dell’America Latina e dei Caraibi, è benvenuto il suo impegno, la sua presenza e il suo apporto. Non abbiamo dubbi che ci sia un nuovo linguaggio da parte di Papa Francesco, che discute gli elementi perversi del sistema capitalista e promuove la ricerca dei diritti e la necessità che i popoli trovino il cammino verso la giustizia e la pace; questo, proposto dal Papa, è molto importante per i cristiani, le chiese e tutta l’umanità.
Cosa rappresentano per l’ELN le figure di Camilo Torres e Manuel Pérez?
Loro per l’ELN sono simboli di lotta, sono i nostri maestri dai quali continuiamo ad apprendere e camminano con noi nella lotta rivoluzionaria.
Ma loro vanno più in là, Camilo è un dirigente popolare in Colombia e un precursore della Teologia della Liberazione, che ha legato il movimento cristiano alla lotta popolare per i profondi cambiamenti sociali, Camilo è, allora, un simbolo del popolo colombiano e latinoamericano.
Manuel è il simbolo del militante internazionalista, che come dice la canzone ha fatto divenire la sua patria il luogo dove ha lottato ed è morto. È un’altra testimonianza di autentico cristiano, che ha sacrificato la sua vita per la redenzione dei poveri e ha saputo conquistare l’autorità nell’ELN a partire dall’umiltà, dalla semplicità e dalla coerenza politica.
Come valutate l’attuale posizione degli USA di fronte ai processi di pace e il fatto che Kerry si sia riunito all’Avana con la delegazione delle FARC?
Il governo statunitense è un genuino rappresentante dell’imperialismo nordamericano, che vuole apparire come una maestro della pace mentre fa la guerra, questo è visibile nella nostra America, dove concentra la sua attuale offensiva per destabilizzare i processi democratici e rivoluzionari; ugualmente in Colombia sviluppa le sue basi militari, per intervenire sulla popolazione e con i suoi istruttori militari continua a dirigere la guerra.
I compagni delle FARC sono liberi di andare avanti con il loro processo, con le caratteristiche a cui loro credono, noi siamo rispettosi del loro cammino.
L’ELN sostiene di essere disposto a riconoscere tutti i fatti avvenuti nel contesto del conflitto. Come affrontate i problemi etici che la lotta armata genera?
La sollevazione armata è stata l’unica risorsa che hanno trovato ampi settori del popolo colombiano per resistere e fino ad oggi mantiene la sua validità; perché le condizioni che l’hanno motivata, sono aumentate, per questo continuano ad esserci le forze guerrigliere. E in più di mezzo secolo di lotta si commettono sbagli ed errori.
Non ci pentiremo mai di essere guerriglieri o rivoluzionari, anche se siamo autocritici per gli sbagli e gli errori che abbiamo commesso. Già precedentemente, abbiamo riconosciuto pubblicamente e chiesto perdono per gli errori commessi, perché la gente colpita in questo complesso conflitto ha il diritto di conoscere la verità, di essere risarcita.
L’ELN è categorico nell’affermare che l’etica determina la politica, anche durante la guerra.
Una delle riflessioni del V Congresso è stata la situazione “dell’isolomento politico” generato dopo il fracasso delle conversazioni del Caguán (1999-2002), in parte per “errori politici e sbagli nell’azione militare”. Quale sarebbero tali “sbagli”? Vedete superati “gli errori politici” che portarono all’isolamento politico dei movimenti insurrezionali?
Uno degli errori più comuni degli insorti è stato colpire i ceti medi della società e l’altro quando ci sono stati eccessi nell’uso della forza. E in quanto agli sbagli, il più serio è avvenuto quando abbiamo reso unilaterale la lotta armata come mezzo per giungere al potere, nel momento in cui abbiamo sottostimato il resto delle lotte del popolo.
L’aberrazione avanguardista ha portato la guerriglia a credere di poter esercitare il potere arbitrariamente, mentre si devono facilitare le condizioni affinché sia il popolo ad esercitare direttamente il potere.
Lo scontro militare fratricida tra le guerriglie lascia conseguenze così gravi, che diventa il peggiore di tutti gli errori commessi. Lenin diceva che riconoscere gli errori è il 90 per cento della loro risoluzione.
Che direste a quei colombiani che, in qualche modo, si sentono vittime delle azioni della guerriglia?
Che siamo convinti che nel processo di pace sia indispensabile raggiungere la verità, la giustizia, la riparazione, la memoria e il perdono, questo è un punto molto importante dell’Agenda pattuita tra l’ELN e il governo. In diversi momenti noi abbiamo chiesto perdono per gli errori commessi e manteniamo questo atteggiamento. È indispensabile che anche il regime dominante, che secondo le statistiche è quello che nel conflitto ha prodotto più vittime, lo faccia e con molta forza; se lo riconoscessimo tutti, si chiuderanno molte ferite aperte.
Com’è il passaggio mentale da guerrigliero a negoziatore, dalla selva al tavolo?
Nei casi di Antonio García e Pablo Beltran, non è una nuova esperienza, sono stati negoziatori in precedenti processi; per gli altri compagni è una nuova esperienza, un tirocinio importante nella loro vita rivoluzionaria. La vita è una scuola permanente, così lo abbiamo inteso.
Il messaggio rivoluzionario continua a giungere ai ceti più giovani e lontani dal conflitto? Per molti è diventata un poco obsoleta la retorica rivoluzionaria…
In questi tempi di cosiddette guerre di quarta generazione, i grandi mezzi d’informazione giocano un ruolo importante e senza dubbio producono un influsso molto forte e fanno danni. In Colombia sono i nostri avversari quelli che informano, fanno analisi e traggono conclusioni su chi sono, come agiscono, e come pensano gli insorti, di modo ché molta informazione è in realtà controinformazione. È la visione del nostro avversario quella che dà un’opinione distorta di noi.
Se qualcuno pensa differentemente a quanto stabilito, con posizioni critiche, viene segnalato come guerrigliero o per lo meno come collaboratore della ribellione e questo è mettersi una lapide sulla schiena o andare in esilio.
È in questo contesto che appare il modello di opinione che dice che la rivoluzione “è passata di moda”. Quando ciò che oggi vale è cercare dei profondi cambiamenti, per trovare delle alternative ad un sistema capitalista che depreda il pianeta e i suoi abitanti.
Facciamo un appello alla gioventù affinché non si lasci manipolare con pubblicità e azioni, che assopiscono, della società di consumo. La gioventù è il futuro e affinché la sua azione nutra la grande maggioranza dell’umanità, la sua lotta deve essere non bloccabile, critica, attiva, rivoluzionaria.
Il presidente Juan Manuel Santos in numerose occasioni ha ripetuto ai colombiani di non aver paura della pace, affermando che “la paura ci incatena al passato”. Condividete questa riflessione? Perché è più facile fare la guerra che la pace?
Siamo d’accordo con questa riflessione del presidente.
Ci sono settori influenti che hanno beneficiato e beneficiano della guerra, è una potente burocrazia che guarda la guerra dai propri confortevoli uffici e beneficiano di sostanziose commissioni e negoziati, loro neppure conoscono le regioni né le cosiddette zone di ordine pubblico, lì c’è solo la carne da cannone. Questa burocrazia fa parte della classe alta e si arricchisce con la guerra, questi non vogliono la pace.
Non abbiamo mai desiderato la guerra, ci è toccato accettarla solo quando l’hanno imposta dall’alto, per poter resistere e lottare, per questo da molti anni abbiamo fatto sforzi e messo morti nell’interesse della pace, che è sempre benvenuta.
Il terzo punto dell’agenda è quello delle “trasformazioni per la pace”. Che tipo di trasformazioni propone l’ELN?
Fin dalla sua nascita per l’ELN è stato chiaro che la Colombia ha bisogno di profondi cambiamenti nelle sue strutture economiche e politiche, così l’abbiamo pubblicamente sostenuto. Si richiede un sistema che metta al centro gli esseri umani e il pianeta, seriamente colpiti dall’incontenibile voracità della minoranza al potere.
Ci è anche chiaro che una cosa sono le necessità urgenti dell’umanità, e un’altra la correlazione di forze per realizzare questi cambiamenti. Sono stati i popoli che producono i cambiamenti, noi rivoluzionari aiutiamo a questo e questo è il nostro lavoro e impegno.
Conformemente con quanto sopra, siamo stati veementi sull’urgenza che le masse partecipino da protagoniste alla soluzione politica; per questo il terzo punto dell’Agenda è riservato alle trasformazioni per la pace. In questo la gente dirà cosa vuole che cambi, per avere una nuova Colombia.
Il paramilitarismo è un altro dei punti dell’agenda. Nonostante ciò, il ministro della difesa sostiene che in Colombia non esistono gruppi paramilitari e che sono uno stratagemma degli insorti, in questo caso delle FARC, per dilatare il processo. Al di là delle polemiche e delle dichiarazioni pubbliche, che fattori continuano a favorire l’esistenza del fenomeno paramilitare?
Iniziato nel decennio dei 60 dello scorso secolo, il generale Yarboruough delle Forze Speciali degli USA visitò la Colombia per suggerire alla cupola militare, quanto fosse indispensabile organizzare dei gruppi terroristi di estrema destra composti da civili, per affrontare con successo la minaccia rivoluzionaria.
Questa fu l’origine paramilitare in Colombia. All’oligarchia non fu difficile recepire la lezione imperialista, perché fin dal 1942 avevano creato dei gruppi di teppisti civili, per assassinare i dirigenti liberali di sinistra, seguaci di Gaitán, che uccisero nel 1948.
Oggi dopo più di 70 anni di queste pratiche illegali da parte del potere, dove per la politica è implicito l’uso delle armi per eliminare l’oppositore politico, l’attuale classe governante al potere continua ad applicare molto bene queste pratiche.
Con le bande paramilitari continuano ad assassinare dirigenti di sinistra, dirigenti che richiedono le loro terre e che pensano in modo differente da quanto stabilito, non fanno più massacri per gli effetti che questi causano, gli omicidi sono selettivi ma aumenta la quantità di vittime. Fanno ugualmente scomparire questi dirigenti e le minacce sono generalizzate.
L’accordo con il governo prevede anche meccanismi di comunicazione con il tavolo dell’Avana. Come valutate i progressi ottenuti al tavolo con le FARC?
Sono importanti progressi e da loro apprendiamo. Siamo due forze insurrezionali storiche e la vita ci ha fatto camminare insieme, emulando e apprendendo l’una dall’altra. Su quello che il processo di pace ci avvicina, bisogna coordinare e progettare azioni comuni e su quello che ci differenzia rispettarci; ambedue le organizzazioni guerrigliere hanno messo in risalto l’urgenza dell’unità e questo è sempre presente ed è indispensabile per andare avanti.
02 maggio 2016
Diario Gara
tratto da Voces de Colombia – Ejército de Liberación Nacional
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Nicolás Rodríguez Bautista, “Las Mayorías Inclinarán la Balanza del Lado de la Paz” pubblicato il 02-05-2016 in Voces de Colombia – Ejército de Liberación Nacional, su [http://www.eln-voces.com/index.php/voces-del-eln/comunicados-entrevistas/entrevistas/636-las-mayorias-inclinaran-la-balanza-del-lado-de-la-paz] ultimo accesso 10-05-2016. |