Alle 1.500 famiglie violentemente sgomberate a Merlo hanno applicato il “protocollo”


Mario Hernández

Dopo 4 mesi è tornato a far notizia, per il violento sgombero dei suoi abitanti portato avanti giovedì scorso, il Quartiere Nueva Esperanza, a Merlo Gómez, ad est della periferia bonaerense.

Si tratta di circa 1.500 famiglie che hanno occupato un terreno lo scorso 22 ottobre a Libertad, frazione di Merlo.

Il procuratore Fernando Capello, che è intervenuto nella causa per l’occupazione, aveva ordinato che fosse fermato lo sgombero iniziato da membri della Polizia Bonaerense all’alba di giovedì e aveva chiesto agli abitanti di rimanere nelle proprie case per essere censiti.

Allontanatosi il procuratore, è cominciata una sproporzionata operazione che ha coinvolto migliaia di poliziotti, la Guardia della Fanteria ed elicotteri. Lungo il loro passaggio hanno bruciato e abbattuto le abitazioni che con molto sforzo le famiglie avevano costruito.

Migliaia di famiglie sono andate via dal quartiere senza risolvere il problema della casa, e la maggioranza senza sapere dove passare la notte.

La procedura è iniziata alle 4.00 am quando circa 1.200 agenti hanno circondato il luogo, situato lungo la strada 1003, e successivamente hanno cominciato ad andare, casetta per casetta, a chiedere agli occupanti di lasciare volontariamente le loro precarie case.

La misura era stata presa nonostante che il Tribunale di Garanzia n° 4 avesse firmato una risoluzione con la quale esortava le autorità a sospendere qualsiasi tentativo di sgombero per un periodo di 180 giorni e a “convocare un tavolo di gestione” per dare una soluzione al problema.

Da parte sua, il sindaco di Merlo, Gustavo Menéndez (FPV), ha dichiarato che c’era del personale del Municipio per garantire che lo sgombero fosse pacifico. “Le informazioni che abbiamo sono che sarà assolutamente pacifico, abbiamo parlato con occupanti e organizzazioni. A tutti è stato spiegato che la nostra posizione è di non avallare nessuna occupazione”, ha riaffermato con una dichiarazione al canale di notizie TN.

Nonostante ciò, nel pomeriggio, dopo la partenza del procuratore e senza dare spiegazioni, è cominciata la violenta operazione. Gli abitanti hanno denunciato che l’operazione è stata “illegale” e che c’era stata “repressione”.

Il 75% delle abitazioni sono state abbattute con pale meccaniche e coloro che hanno resistito ad abbandonare il terreno sono stati ferocemente repressi, con un saldo di 7 arrestati, che successivamente sono stati liberati, anche se ancora non si conosce se sono stati rinviati a giudizio, così come lo stato fisico in cui si trovavano.

“Con pale meccaniche radono al suolo le case e non possiamo nemmeno ritirare le cose di nostra proprietà, come letti, frigoriferi e materassi”, si è lamentato con l’agenzia di notizie DyN, Rodrigo Alonso, uno degli occupanti, nel momento in cui ha affermato che è stato “illegale”, poiché c’era un “proroga” del giudice di “180 giorni per lo sgombero firmata ieri” e ha protestato sostenendo che “non” c’era “nessun tipo di sostegno sociale” per le persone allontanate.

Successivamente, gli abitanti hanno diffuso un comunicato dove affermano che: “La polizia è avanzata sulle nostre precarie case senza un ordine di sgombero, con pale meccaniche ed elicotteri. Migliaia di famiglie sono andate via dal quartiere senza risolvere il problema della casa, e la maggioranza senza sapere dove passare la notte. Denunciamo che il procuratore Fernando Capello ci ha mentito in faccia quando ha promesso ai delegati che non ci sarebbe stato lo sgombero e che sarebbe stato fatto un censimento. Noi abbiamo già fatto questo censimento: siamo 1.500 famiglie che chiedono una casa degna. Invece di mantenere la parola, allontanatosi il procuratore, è cominciata una operazione assolutamente sproporzionata che ha coinvolto migliaia di poliziotti, la Guardia della Fanteria ed elicotteri. Durante la giornata di oggi sono avanzati: lungo il loro passaggio hanno bruciato e abbattuto le abitazioni che con molto sforzo noi famiglie eravamo andati costruendo”.

Venerdì, a partire dalle 9.00, di sarà un raduno nel Comune di Merlo, viale Libertador San Martín 391, tra la Chacabuco e la Bolívar, per chiedere spiegazioni al Sindaco Gustavo Menéndez ed esigere una soluzione al problema della casa dopo il violento sgombero. Alle 19.00 effettueranno una conferenza stampa al CELS .

Storia recente

Lo scorso sabato notte, una banda di narcotrafficanti installata in una zona di case sopra la strada 1003 si è scagliata sparando contro un gruppo di giovani. Uno di questi proiettili ha ferito tre bambini e ha ucciso Oscarcito, un ragazzino di 8 anni, che giocava sulla strada. Gli abitanti del quartiere Nueva Esperanza da tempo avevano denunciato alle autorità municipali la preoccupazione per le zone liberate e la connivenza della polizia.

La notizia ha meritato un ampio trattamento di disapprovazione nel Clarín di lunedì scorso: “Merlo: in una rissa per le terre occupate, hanno ucciso con un colpo un bambino di 8 anni”.

Nonostante che il Sindaco Gustavo Menéndez abbia riconosciuto la responsabilità e l’opera di un gruppo legato al narcotraffico, ha lasciato aperta la “necessità” di sgomberare l’occupazione, anche se tutte le testimonianze di funzionari, familiari e abitanti coincidono nel dire che l’assassinio di Oscarcito non aveva nulla a che vedere con la lotta per le terre o con gli abitanti che hanno occupato i terreni.

Lo stesso padre del piccolo di 8 anni a cui hanno sparato a Merlo in un presunto scontro tra bande, ha negato la versione ufficiale e, alla sepoltura di suo figlio, ha affermato che un gruppo armato ha sparato a bruciapelo contro un gruppo di bambini. Chi dichiarava il fatto come “guerra tra bande” è stato il sindaco Gustavo Menéndez, del FPV, che in ogni momento se ne è uscito per criminalizzare gli abitanti e condannare l’occupazione dei terreni.

Saúl, il padre di Oscar, ha parlato con il canale C5N poco prima di dare l’ultimo saluto a suo figlio, ha negato le informazioni fornite in un primo momento dalla polizia e ha raccontato come si sono svolti i fatti avvenuti sabato notte.

“Avevano finito di festeggiare un compleanno nella casa di un amico, alcuni ragazzini erano andati via e alcuni ragazzini che erano rimasti avevano cominciato a giocare con dei razzi e a questi malviventi non si sa cosa sia passato per la testa, sono venuti con armi di grosso calibro per rappresaglia di questi razzi. (Ci sono state) due bambine ferite, anche due ragazzi feriti, e Oscar, che sono sul punto di sotterrare, di otto anni”, ha detto l’uomo sul punto di morire.

La stampa parla di un proiettile vagante che non c’è stato, parla di una sparatoria tra bande, nemmeno c’è stata una sparatoria tra bande. Quello di mio figlio è stato un omicidio, è stato un assassinio”, ha continuato Oscar e ha aggiunto che questo tipo di fatti “non è la prima volta che accadibi con questa gente. Sì in questo luogo, ma non è la prima volta che succede”.

“Noi abitanti siamo le principali vittime dei narco”, ha spiegato Anahí Benítez, delegata e portavoce del Quartiere Nueva Esperanza, e ha aggiunto che “la mancanza di politica in una zona come questa, inoltre così grande, permette che sorgano zone liberate che danno luogo a questi fatti delinquenziali che non hanno nulla a che vedere con le famiglie che noi stiamo organizzando e che stanno vivendo qui. Nei media di massa stanno mettendo sullo stesso piano gli abitanti e i narco cercando di delegittimare questa protesta per la casa e questa lotta per l’attuazione dei nostri diritti”.

Poche ore prima dell’assassinio, con l’intenzione di potersi svincolare dai gruppi di narco che si insediano e usurpano zone nelle occupazioni di terre, ma anche per poter rendere visibile nuovamente la legittima protesta per la terra per vivere e per il diritto ad una casa degna, diverse organizzazioni sociali e politiche avevano organizzato il “Festival per Sostenere l’Occupazione, per il Diritto ad una Casa Degna per Tutti”. La giornata aveva avuto luogo lo stesso sabato e ha contato su diverse attività come una radio aperta, un momento di carnevale con la partecipazione di diverse murghe, bande musicali e un dibattito sulla problematica della casa e la legge 14.499 su un giusto accesso all’habitat, dove hanno parlato Gabriel Nocetto dell’Associazione Civile Madre Terra, Manuel Tufro del CELS, Padre Gabriel del Vescovato di Morón e Anahí Benítez.

“A Merlo il problema del narcotraffico non è un problema di oggi né è iniziato con l’occupazione; sappiamo che i quartieri dove viviamo noi ceti popolari di solito sono i più insicuri e la polizia si insedia esercitando molta violenza. Lì, dove oggi nel nostro quartiere sono installati i narco, prima stava la polizia”, ha spiegato Benítez.

Di fronte alla mortale aggressione, le famiglie del Quartiere Nueva Esperanza hanno diffuso un comunicato che tra le altre cose afferma:

“Noi abitanti del Quartiere Nueva Esperanza, che lottiamo per il diritto ad una casa degna e da mesi occupiamo un terreno che era abbandonato tra la strada 1001 e la 1003 stiamo organizzandoci per costruire su queste terre un quartiere degno. Durante i mesi in cui stiamo lottando per un pezzo di terra, sotto la pioggia, sotto il sole cocente, senza servizi basici, ci troviamo anche con persone che nulla avevano a che vedere con noi famiglie che lottiamo per un tetto per i nostri figli, troviamo zone liberate al narcotraffico e violenza verso gli uomini, le donne e i bambini e noi che ci troviamo nell’occupazione. Oggi è successa la cosa peggiore. La morte di un bambino di otto anni nella zona del quartiere Unión è l’espressione della situazione che si vive nei quartieri umili di tutto il paese. La polizia complice di queste bande di narco, libera zone, affinché si crei questa violenza. Qui non c’è una lite per i terreni, c’è una lotta tra bande, che colpisce tutti gli abitanti. Da parte del quartiere Nueva Esperanza denunciamo che questo non sarebbe potuto succedere senza la connivenza delle forze di sicurezza con le bande. Esigiamo che si indaghi e sia fatta giustizia. Da parte delle famiglie che si sono organizzate, hanno pulito lo spazio abbandonato per costruire un quartiere con strade, piazze e chioschi per i più piccoli. Chiediamo la possibilità, oggi negata, di accedere all’acquisto delle terre in modo che possiamo pagarle. La mancanza di casa è una violazione dei diritti umani. Chiediamo la presenza attiva dello stato, chiediamo giustizia per l’assassinio di Oscarcito”.

20/02/2016

La Haine

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Mario Hernández, “A las 1.500 familias desalojadas violentamente en Merlo les aplicaron el protocolopubblicato il 20-02-2016 in La Haine, su [http://www.lahaine.org/mm_ss_mundo.php/a-las-1-500-familias] ultimo accesso 25-02-2016.

 

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