Un fascista di 20 anni, difensore della proprietà privata, non ha potuto sopportare che altri due giovani come lui, Exequiel Bovarán, di 18 anni e Diego Guzmán, di 24, gli dipingessero la facciata della sua casa con parole d’ordine allusive alla richiesta di una educazione senza profitto. E senza altri motivi che questo fatto così insignificante, li ha fucilati a colpi di pistola. È avvenuto a Valparaíso poco dopo una gigantesca manifestazione studentesca, mentre nella Capitale cilena altre migliaia di giovani venivano violentemente repressi dai tristemente celebri Carabinieri.
Il fatto non è casuale né isolato, che nessuno si sbagli. È la conseguenza di un clima creato dai comportamenti pinochettisti di una frangia non piccola della popolazione cilena. La stessa che a pochi minuti dal doppio assassinio di Valparaíso, twittava o lasciava messaggi su Facebook festeggiando il fatto (“didattico castigo per i vandali”, diceva uno, “questi non meritano di vivere”, avvertiva un altro) e crudeli inciviltà di stile. Ma anche i successivi governi sono responsabili della cosiddetta Concertazione, dei quali, l’attuale è un simbolo evidente.
La signora Michelle Bachelet e il suo ministro degli Interni, Jorge Burgos, si sono affrettati a condannare le nuove morti di Valparaíso. Nonostante ciò, non hanno spiegato perché in tutte le amministrazioni successive alla Dittatura (tra le quali le due gestioni dell’attuale presidente), la repressione è stata la ricetta applicata contro le giuste proteste di studenti, operai o indigeni mapuche. Protagonisti di questo modo di agire sono stati e sono i Carabinieri, un corpo che il dittatore Pinochet ha ammaestrato come cani da preda, e che alla fine di ogni manifestazione popolare hanno gassato, bastonato, sparato e incarcerato, in “democrazia”, dei giovani molto simili a Guzmán e Corbalán. Questi comportamenti sono semplici da spiegare e molto dolorosi da farsene carico, perché questi presidenti che si sono sempre definiti “democratici” o di “sinistra” non sono stati altro che rappresentanti di strutture di continuità, sorte da compromessi con il pinochettismo, molto simili a quelli che in Spagna aprirono la strada ai Patti della Moncloa. La dottrina fondante per gestioni come quelle di Ricardo Lagos o della stessa Bachelet è di fare apparentemente dei grandi cambiamenti per alla fine immergersi nelle medesime ricette economiche neoliberiste dei 90, che per essere sostenute e applicate hanno bisogno dell’uso della violenza statale.
Nei suoi due mandati, la Bachelet ha suo carico dei morti, per azione diretta dei suoi sicari in uniforme o per proteggerli da parte dello stato, consacrando gradi spregevoli di impunità. La maggioranza degli assassinati sono indigeni mapuche, “accusati” per aver reclamato terre o per aver protestato contro le multinazionali e la militarizzazione delle loro zone abituali.
Ora, che da parte del potere, si cerca di addebitare la colpa di queste due nuove morti di Valparaíso ad un “comportamento individuale condannabile” e di nascondere le responsabilità, come sono il non ascoltare le proteste studentesche e criminalizzarle mediante l’azione repressiva dei corpi di polizia, vale la pena rievocare altri crimini simili e ricordare i martiri mapuche della gestione Bachelet.
Per sapere: Juan Collihuin Catril (71 anni) assassinato nella sua casa nell’agosto 2006, da un sergente dei Carabinieri, Matías Valentín Catrileo (22 anni), giovane mapuche e studente di agronomia dell’Università di La Frontera, morì il 3 gennaio 2008 mentre partecipava ad una occupazione della tenuta Santa Margarita, fu assassinato da un caporale dei Carabinieri, Johnny Cariqueo Yañez (23 anni), morì il 31 marzo 2008 per un attacco cardiaco, dopo essere rimasto in detenzione nel 26° commissariato di Pudahuel, dove lo colpirono selvaggiamente, Jaime Facundo Mendoza Collío (24 anni), assassinato nel 2009, dopo l’occupazione del fondo San Sebastián, nel comune di Ercilla, essendo in quella occasione disarmato, Mendoza Collío fu colpito alle spalle da un proiettile che gli uscì dal torace, sparato dal carabiniere delle Forze Speciali Miguel Jara Muñoz, José Marcelo Toro Ñanco (35 anni), si suicidò nel 2009 per una insopportabile persecuzione da parte della Procura, Rodrigo Melinao Licán (26 anni), giovane portavoce del popolo Mapuche, assassinato con proiettili nella sua stessa casa, nel 2013.
Tutte queste morti, quelle di ieri e quelle di oggi stesso, sono la conseguenza di una politica che nulla ha a che vedere con ciò che corrisponderebbe ad un governo che si dice progressista. Tutto il contrario, confermano una volta di più che coloro che negano lo sbocco al mare alla Bolivia, che sostengono un corpo dei Carabinieri, senza purificarlo dall’epoca della dittatura, che possiede numerosi assassini impuniti tra le sue fila, che reprimono chi protesta, che sono segnati dalla corruzione e praticano una politica estera legata alla pro-nordamericana Alleanza per il Pacifico, non sono socialisti, ancor meno comunisti, ma rispondono ad un groviglio reazionario che si abbevera nel capitalismo.
Questo stesso capitalismo che ha la proprietà privata come uno dei suoi principali comandamenti, e che oggi, nell’interesse di difenderla, si è preso due nuove e giovani vite.
14 maggio 2015
Resumen Latinoamericano
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Carlos Aznárez, “Chile: Dos nuevos crímenes en la gestión Bachelet” pubblicato il 14-05-2015 in Resumen Latinoamericano, su [http://www.resumenlatinoamericano.org/2015/05/15/chile-dos-nuevos-crimenes-en-la-gestion-] ultimo accesso 15-05-2015. |