Tre domande e tre brevi risposte su una triste domenica


Valerio Arcary

  1. Quale è stato il significato delle manifestazioni del 15 marzo?

Il martello della storia può essere crudele. Dodici anni dopo l’elezione di Lula alla presidenza, il logoramento del lulismo ha aperto la via alla riorganizzazione di una destra con una base sociale ampliata nella classe media. In questo triste 15 marzo è avvenuta la maggiore manifestazione reazionaria dell’ultimo mezzo secolo. Molto grande e molto reazionaria.

Convocata, originariamente, attraverso internet da gruppi di una nuova destra ed estrema destra, senza una traiettoria, ha conquistato popolarità attraverso una favorevole divulgazione nei media scritti, nelle radio e nelle televisioni. Ha ricevuto l’appoggio del PSDB, attraverso un video improvvisato di Aécio Neves. La svolta del PSDB, in extremis, sotto pressione per la disputa della sua base sociale ed elettorale con la nuova destra, suggerisce che la politica del ricatto del principale partito dell’opposizione borghese possa aver cambiato di tono.

È stata così reazionaria che l’unico paragone ragionevole rimanda alle Marce di Famiglia con Dio per la Libertà che precedettero il colpo di stato del 1964. Dalla fine della dittatura le maggiori mobilitazioni politiche di massa, anche se di differenti proporzioni, sono state progressiste: le Directas Ya nel 1984, il Fuori Collor nel 1992, e le Giornate di Giugno del 2013.

Anche se le inchieste diffuse prima del giorno 15 indicavano che il tema della corruzione sarebbe stato il principale motivo per coloro che pensavano di andare alle manifestazioni, le parole d’ordine che hanno avuto maggior eco sono state, inequivocabilmente, per la caduta del governo di Dilma.

Un progetto di golpe “alla paraguayana”, come è stata la destituzione di Fernando Lugo nel 2012, sarebbe una uscita reazionaria alla crisi politica. Un impeachment (destituzione) di Dilma Rousseff realizzato dal Congresso Nazionale eletto recentemente, nel contesto di una campagna nelle strade appoggiata mobilitando il risentimento della classe media, sfocerebbe nel mandato di Michel Temer, e con la formazione di un governo di coalizione del PMDB, probabilmente, con il PSDB e il DEM, che approfitterebbe del mandato per iniziare una ondata di brutali attacchi anti-sociali, un impietoso aggiustamento fiscale, con imprevedibili conseguenze recessive.

Il contenuto sociale e politico delle manifestazioni è stato antidemocratico, antipopolare e, in alcuni gruppetti, direttamente anticomunista, ed esprimevano un esacerbato odio contro il PT e, anche, contro tutta la sinistra. Gli striscioni che chiedevano un “intervento militare”, i pupazzi di Lula e Dilma impiccati, cartelli che con vanagloria dicevano “un comunista buono è un comunista morto”, o “vogliamo solo Pubblico Ministero e Polizia Federale”, la minaccia contro la vita di João Pedro Stédile, hanno fatto parte dei lamentevoli episodi.

Nonostante che l’impeachment sia stato la principale parola d’ordine del 15 marzo, le immediate reazioni alle manifestazioni non indicano che sia cambiata la politica della borghesia verso il governo. Per ora non sta prevalendo una linea “venezuelana”. I poteri forti della classe dominante non stanno puntando a boicottare la governabilità. Questa non è nemmeno la politica di Obama a Washington. Alla vigilia di domenica, Dilma Rousseff ha ricevuto una confortante chiamata di Joe Biden, e la conferma della riunione dell’Assemblea di Panama.

Per linea “venezuelana”, dobbiamo intendere un progetto di campagna nelle prossime settimane con nuove azioni per assediare il Congresso Nazionale chiedendo l’impeachment.

Ma la nuova destra, appoggiandosi sugli esaltati dell’estrema destra, rafforzati dal successo del 15 marzo e dall’adesione dell’ultima ora del PSDB, cedendo alle pressioni, insisterà con la medesima tattica. Hanno già dimostrato che non devono essere sottostimati. Cercheranno nuovamente di raccogliere nelle strade il sentimento di rifiuto verso il governo, che cresce soprattutto nella classe media.

Se la politica borghese dominante stesse per cambiare, la situazione politica sarà, evidentemente, diversa. La possibilità di unità d’azione contro l’impeachment sarebbe senza dubbio posta. Se ci fosse un immediato o reale pericolo di golpe “alla paraguayana” tutta la sinistra dovrà unirsi contro l’impeachment. Ma la politica ha i suoi ritmi. Il popolo di sinistra deve avere il sangue caldo, mantenendo la testa fredda.

Fino a quando la situazione non cambierà, non dobbiamo cedere di un millimetro alla pressione governativa. Manteniamo la nostra posizione: CUT, MST, UNE, Consulta Popular, rompano con il governo, si uniscano in difesa delle rivendicazioni dei lavoratori e della gioventù. Nessuna legittimazione del governo.

  1. Chi è stato in strada?

Le manifestazioni del 15 marzo sono state una protesta egemonizzata dal risentimento delle classi medie. A Porto Alegre, dove è avvenuta una delle maggiori mobilitazioni del paese, è stata pubblicata una inchiesta sulla composizione sociale delle proteste: 40,5% degli intervistati guadagnano più di 10 salari minimi, il 31,9% da 6 a 10 salari minimi, il 22,7% da 3 a 5 salari minimi, e appena il 5% da 1 a 2 salari minimi. Non appare impossibile che questa composizione sociale abbia predominato in tutto il paese. Evidentemente, la corruzione è stata il motivo principale.

Ma il malessere nei ceti medi si sta accumulando da anni, e si era già espresso durante le elezioni del 2014. La cronica insicurezza della vita urbana, con l’aumento di furti, aggressioni, e la permanenza di indici molto elevati di omicidi, alimenta un profondo scontento. L’aumento degli affitti, delle assicurazioni sanitarie, delle rate scolastiche, dei parcheggi, di ogni e qualsiasi tipo di divertimento, delle tasse sugli stipendi, infine, di tutti i servizi, colpisce duramente la classe media, che si risente non ricevendo quasi nessun beneficio da parte dello stato.

La drammatica ripercussione dell’operazione Lavajato, uno scandalo di dirottamento del denaro pubblico che supera in scala tutti i precedenti, potendo giungere a un miliardo di dollari, ha infiammato la furia della classe media. Questo non deve impressionarci molto. Il sogno di consumo della classe media e l’avere un governo onesto e tecnico. Corrisponde alla sua visione del mondo e ad una ideologia meritocratica per cui la disuguaglianza sociale non è essa stessa qualcosa di male, perché avrebbe dei presupposti “naturali”. Per questo, la classe media è attratta dall’idea di un governo illuminato, perfino di un despota, se con questo riesce ad essere competente e a trovare buone soluzioni per tutti.

Avviene che il ristagno economico, la pressione inflazionistica, la svalutazione della moneta, i licenziamenti di massa nell’industria, hanno un forte impatto, anche tra i lavoratori. La classe media è molto eterogenea. Si può dividere, se la classe lavoratrice entra in scena con tutto il suo potenziale sociale. Questa è la speranza. Un parte della classe media può spostarsi verso la sinistra.

  1. Perché si aggraverà la crisi politica?

C’è una tendenza che la crisi politica del governo aumenti. Il governo è paralizzato dalla resistenza organizzata dal blocco guidato da Cunha e Claheiros, appoggiati dall’opposizione borghese nel Congresso Nazionale. La scommessa della direzione del PT e di Lula di contendere Pepe Vargas (ex ministro dello Sviluppo Agrario), di convocare i sinistri Michel Temer ed Eliseu Padilha del PMDB, lo spaventoso Kassab per aiutare Alisio Mercadante non sarà sufficiente. Cambiare la composizione del nucleo duro del governo di Dilma, includendo un settore più collaborazionista del PMDB, non corrisponde alla gravità della crisi dopo il 15 marzo.

È incredibile che l’unica risposta del governo sia stata una valutazione difensiva delle proteste: una mobilitazione di massa “legittima” e “pacifica”, e una esaltazione della democrazia. Non hanno avuto una idea migliore che annunciare un pacchetto di misure contro la corruzione. Ossia, stanno supplicando una tregua alla classe dominante. Il problema è che la crisi si aggraverà.

Parlano nuovamente come via d’uscita di una riforma politica e di un programma contro la corruzione, ma non c’è più coesione nella coalizione governativa al Congresso Nazionale per appoggiare una qualsiasi via d’uscita. Allo stesso tempo, la crisi economica aumenta, e i compromessi con l’aggiustamento fiscale aumenteranno l’insoddisfazione popolare verso il governo. Dilma, e il suo governo di collaborazione di classe, meno di cento giorni dopo aver assunto il mandato, ha la schiacciante maggioranza della classe media all’opposizione, e decide di mantenere gli attacchi contro la classe lavoratrice e la gioventù. Cammina stando sospesa nell’aria.

La nuova destra e l’estrema destra cercheranno di tornare nelle strade. E sanno che non possono aspettare molto. La questione centrale è dove andrà il PSDB. Si unirà all’offensiva promossa dalla nuova destra e appoggerà l’impeachment? O tornerà indietro?

Il posto dell’opposizione di sinistra dovrà essere quello di promuovere, con fermezza e coraggio, la mobilitazione sociale contro gli attacchi che colpiscono i lavoratori e la gioventù.

* L’autore fa parte del Consiglio Editoriale della rivista Outubro, ed è militante del PSTU (Partito Socialista dei Lavoratori Unificato). Traduzione di Ernesto Herrera

18-03-2015

Correspondencia de Prensa

tratto da Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Valerio Arcary, “Tres preguntas y tres respuestas breves sobre un domingo triste” pubblicato il 18-03-2015 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=196601] ultimo accesso 02-04-2015.

 

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