“Non vogliamo un dialogo con il governo, solo che se ne vadano dalle nostre terre”: San Sebastián Bachajon, Chiapas


Redazione Desinformémonos

Foto: Radio Zapote

Città del Messico, 13 gennaio 2015. Gli ejidatari di San Sebastián Bachajón nel Chiapas, mantengono la posizione di continuare con le loro azioni, dopo che lo scorso nove gennaio almeno 900 agenti della polizia federale e statale li hanno sgomberati dalle terre recuperate il passato 21 dicembre. “Loro non smetteranno fino a quando la forza pubblica si ritirerà dalle loro terre, non voglio un dialogo con il governo perché è giudice e parte del conflitto e lo vedono come il principale elemento di tensione nella zona”, spiega l’avvocato Ricardo Lagunes rappresentante legale dei tzeltal e aggiunge che ora per loro il lavoro è l’organizzazione interna, che è stata alterata dalla infondata violenza del governo. “Per loro è difficile l’organizzazione, si devono difendere dalle aggressioni con armi di grosso calibro usate dalla Polizia Statale”.

San Sebastián Bachajón, è uno degli ejidi più grandi del Messico, con 70 mila ettari è una zona di grande biodiversità e bellezza naturale, dove gli interessi politici hanno messo gli occhi per gli investimenti turistici. Questa terra è ricca di risorse naturali, selva verde, vita selvatica e acqua. Le cascate di Agua Azul, sono una delle maggiori attrazioni dello stato chiapaneco, in certi periodi dell’anno acquistano una tonalità turchese che le rende ancor più attrattive per il turismo straniero.

Gli ejidatari tzeltal mantengono un blocco intermittente sulla strada Ococingo-Palenque, all’altezza dell’incrocio di Agua Azul, che è iniziato lo scorso 11 gennaio dopo sgombero da parte del governo dello stato e di elementi della forza pubblica, tanto statale come federale, in segno di protesta per l’insistenza dello stato ad appropriarsi del loro ejido.

Nel 2007, gli ejidatari fecero parte della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, e decisero di esercitare il proprio diritto alla libera determinazione del loro popolo. Allora costruirono nel loro territorio un casello per il pedaggio, affinché i turisti che volevano visitare le cascate di Agua Azul pagassero una quota che loro potessero recuperare. Con il denaro raccolto, in assemblea decisero di appoggiare gli ejidatari malati e le famiglie più bisognose, spiega la giornalista Gloría Muñoz nella sua colonna di opinione sul quotidiano La Jornada.

Nel marzo del 2011, Juan Sabines Guerrero, ex governatore del Chiapas, fece sedere ad un tavolo i rappresentanti dell’ejido Bachajón, quelli della zona di Agua Azul e tutto il suo gabinetto di governo e sottoscrivono l’accordo 274 dove i due popoli si impegnavano a donare allo stato queste terre per collocare un unico casello di pedaggio, “lo stato amministrerebbe la strada attraverso la Segreteria dell’Industria del Chiapas e la Commissione delle Aree Naturali Protette del governo federale, quando la superficie della zona di Agua Azul non è neppure dentro questa categoria”, spiega l’avvocato.

Con una richiesta di tutela imposta dagli indigeni, hanno impugnato l’accordo firmato nel 2011. “Io credo che gli ejidatari abbiano un 95 per cento di probabilità di ottenere una sentenza che tuteli i loro diritti collettivi, siamo nell’attesa di questa sentenza perché il Terzo Tribunale Collegiale di Tuxtla Gutiérrez a novembre dell’anno scorso ha inviato la pratica alla Corte Suprema di Giustizia esponendo le motivazioni, di somma rilevanza del caso, affinché quell’istanza lo risolva e possa sviluppare una dottrina sui diritti dei popoli indigeni”, fa sapere l’avvocato Lagunes e aggiunge che sono temi che la Corte non ha mai voluto toccare, anche quando sono giunti casi così rilevanti come quello della Tribù Yaqui a Sonora, che stanno portando avanti una lotta contro l’Acquedotto Indipendenza che farà una diga su un fiume a loro sacro.

La Corte, denuncia il rappresentante legale degli ejidatari chiapanechi, si è soffermata sul tema della consultazione ma non ha mai abbordato temi come l’autonomia e la libera determinazione dei popoli indigeni, vogliono obbligarli ad assoggettarsi ad una figura dello stato, “i popoli indigeni del Messico, secondo le leggi del governo, non hanno diritto ad essere rispettati quanto tali, oltre che ad essere inquadrati in una qualsiasi figura politica e non riconoscere in modo chiaro e preciso i loro diritti come popoli nativi”, riferisce Ricardo Lagunes.

La Corte Suprema ha rimandato la pratica a Tuxtla Gutiérrez, per l’avvocato non è una coincidenza che la ministra che segue il caso, la chiapaneca Luna Ramos, sia una delle più conservatrici e che la decisione di rimandare la pratica sia più per ragioni politiche che giuridiche.

A seguito della tutela, il Terzo Tribunale ha ordinato a tutte le autorità del governo del Chiapas di non continuare con le azioni di spoliazione, la decisione di recuperare le terre lo scorso 21 dicembre si deve in parte al fondamento giuridico che cà l’avanzamento del tribunale sulla materia dei loro diritti, “per gli ejidatari tzeltal, gli argomenti giuridici a loro favore danno loro ancor più il diritto a continuare a rivendicare la propria lotta e a recuperare le loro terre”, sentenzia l’avvocato Lagunes.

Ieri dodici gennaio, circa 160 agenti della Polizia Statale sono giunti nella comunità Xanil, che è a circa cinque chilometri di distanza dall’incrocio di Agua Aul, questa comunità si distingue per avere un’alta presenza di gruppi simpatizzanti dell’attuale governo, lì come a Pamala, la medesima distanza ma in direzione di Palenque, si stanno organizzando gruppi di persone per andare verso le terre in conflitto dove c’è la presenza della polizia statale, secondo quando spiega l’avvocato, sono per sostenere in un possibile sgombero gli agenti della forza pubblica.

Sulla strada che porta ad Ococingo, in direzione delle cascate di Agua Azul, c’è anche un gruppo di persone che simulano un blocco per fare pressioni sul governo affinché ascolti la loro richiesta di sgombero degli ejidatari di Bachajón, “per gli ejidatari è chiaro che è lo stesso governo, è il più interessato a spogliarli delle loro terre per esercitare alla fine il potere su queste”, denuncia Ricardo Lagunes, rappresentante legale degli indigeni.

La situazione che si vive attualmente in questa zona è di tensione, c’è una continua presenza della polizia e degli elicotteri, gli indigeni sono sicuri che in qualsiasi momento potrà essere effettuato lo sgombero, a seguito di ciò sul luogo del blocco rimane una brigata di internazionalisti che accompagnano gli indigeni in previsione di qualche violazione dei loro diritti.

L’esigenza degli abitanti di Bachajón è che lo stato e i suoi agenti di sicurezza si ritirino immediatamente dalle loro terre e che il commissario si impegni a non consegnare queste terre al governo, oltre che l’entrata economica della zona di Agua Azul sia amministrata dal loro stesso ejido e non da qualche altro ente governativo, affinché questa si trasparente e sempre a beneficio della comunità, dichiara Lagunes.

“Bisogna sapere che i tempi giuridici non vanno di pari passo con quelli sociali, ma forse il prossimo mese ci sarà una risoluzione di fondo sulla tutela e sulle violazioni dei diritti umani da parte degli agenti dello stato negli sgomberi, loro continueranno la lotta esaurendo tutte le vie legali e politiche”, termina l’avvocato Ricardo Lagunes.

14.01.2015

Desinformémonos

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Redazione Desinformémonos, ““No queremos diálogo con el gobierno, sólo que se vayan de nuestras tierras”: San Sebastián Bachajon, Chiapas” pubblicato il 14-01-2015 in Desinformémonos , su [http://desinformemonos.org/2015/01/no-queremos-dialogo-con-el-gobierno-solo-que-se-vayan-de-nuestras-tierras-san-sebastian-bachajon-chiapas/] ultimo accesso 15-01-2015.

 

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