Dopo gli avvenimenti dell’ultima settimana in materia di educazione, si intravede che stiamo entrando in un periodo chiave riguardo la riforma, il Piano di Partecipazione Cittadina sta giungendo alla fine, si avvicina la discussione sul bilancio e il primo pacchetto di riforme è già stato approvato alla Camera nella Commissione dell’Educazione.
Nonostante ciò, le principali caratteristiche di come è andato sviluppandosi questo processo continuano a mantenersi, poiché la mancanza di chiarimenti del governo è il segno principale di questo periodo. Da un lato, le riforme già depositate continuano ad avanzare senza aver considerato nella loro elaborazione, a nessuna livello, la partecipazione diretta del mondo sociale. C’è il timore a dialogare con il Movimento Sociale e una vocazione a negoziare con la destra.
Per il caso tributario, sapevamo che il carattere strutturale della riforma della Nuova Maggioranza sarebbe rimasto solo come una mera promessa della campagna elettorale. L’accordo con la destra era solo a un passo, tra i due non c’era un cambio del modello. Ma ora, perché si vuole trovare un accordo in materia di educazione? quando una riforma dell’attuale sistema –come richiesto dalle maggioranze– non è una riforma strutturale? Il cuore di una vera riforma educativa è precisamente l’eliminazione del cuore dell’attuale modello, come dire, la totale eliminazione del mercato nell’educazione. In questi termini l’unico accordo possibile con la destra è lasciare intatto il modello e dedicarsi a correggere gli “eccessi”. Il trapianto di cuore rimarrebbe così fuori dai piani.
Da parte sua, il movimento studentesco continua ad andare avanti. La settimana passata siamo tornati nelle strade, in tutto il Cile eravamo centinaia di migliaia noi che siamo usciti per riaffermare: Una riforma dell’educazione ci sarà solo nella misura in cui elimini nel sistema educativo il mercato e costruisca un Nuovo Sistema Nazionale di Educazione Pubblica; una riforma non sarà tale se non è costruita fin dalle sue basi con il movimento sociale.
Fino ad ora, gli spazi sono stati assolutamente insufficienti e il governo ha dimostrato una scarsa volontà di dialogare realmente con i movimenti sociali, esempio di questo è ciò che è successo con il Piano di Partecipazione Cittadina. Come CONFECH da settimane abbiamo manifestato l’innocuità dello spazio. Non solo ha carenze tecniche, come la mancanza di chiare metodologie, la poca chiarezza riguardo il vincolo delle sue conclusioni, tra le altre; ma politicamente, è stato anche un potente segnale da parte del governo riguardo il ruolo che si vuole assegnare a quelli del mondo dell’educazione, disegnando un piano con una evidente sproporzione in termini degli attori che lo costituiscono e l’evidente impossibilità di raggiungere sintesi sufficienti.
È per questo che, nonostante la decisione di continuare in questo spazio, riaffermando tanto la storica disposizione al dialogo da parte della CONFECH come la profonda vocazione all’unità che questa possiede, vediamo la necessità di avanzare nella formazione di spazi diretti tra il governo e i distinti attori del mondo dell’educazione, per risolvere in modo immediato le richieste urgenti sollevate nell’ultimo periodo dai distinti settori, affinché contribuiscano, inoltre, a porre le basi per la costruzione di un sistema educativo diverso dall’attuale.
Fino ad ora il governo si è caratterizzato nel promuovere spazi innocui o proposte tiepide, senza realmente considerare ciò che il mondo sociale chiede. Il Piano di Partecipazione, i progetti di legge inviati, così come la proposta di accordo con il Collegio dei Professori (la cui base ha degnamente saputo rifiutare), sono stati una eloquente dimostrazione di tutto questo. Sappiamo che il Movimento Sociale per l’Educazione Pubblica non è solo, alle nostre spalle ci sono le maggioranze del nostro paese che vogliono costruire un Nuovo Sistema Educativo, pubblico, gratuito, democratico, e giusto, come dire, una educazione che sia realmente intesa come un Diritto Sociale.
Il Governo tiene ancora la decisione sul tavolo, o patteggia una “riforma” con la destra e gli impresari, che sono precisamente coloro che non vogliono nessuna riforma, o approfitta di questa opportunità storica per creare un ambito di accordo con il mondo sociale per avanzare nella costruzione di una vera Riforma, che ponga le basi di un nuovo Sistema Nazionale Pubblico di Educazione.
La destra ha mosso le sue incerte pedine, molto prima delle sue proposte evidentemente anacronistiche e di ciò che oggi è accettato socialmente, attacca il Movimento Sociale cercando rozzamente di delegittimarlo, come ha fatto nei suoi mezzi di stampa. Nonostante ciò, la nostra costante volontà di dialogo, l’innegabile vocazione all’unità del movimento studentesco e la chiara coincidenza delle nostre richieste con gli interessi delle maggioranze del Cile sono i nostri principali scudi. Il Nostro Nord, e ciò che deve avere una vera riforma, è eliminare alla radice l’educazione dal mercato e costruire democraticamente una educazione pubblica intesa come Diritto Sociale.
27 agosto 2014
Educación pública como un derecho social última modificación: agosto 27th, 2014 por Melissa Sepulveda
RadioUchile
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Melissa Sepulveda, “Educación pública como un derecho social” pubblicato il 27-08-2014 in RadioUchile, su [http://radio.uchile.cl/2014/08/27/educacion-publica-como-un-derecho-social] ultimo accesso 12-09-2014. |