La Bolivia tiene in scacco l’oligarchia cilena


Eduardo Paz Rada

Confusione nel governo di Santiago.

Come mai prima nella politica internazionale boliviana, il governo di Evo Morales è riuscito a creare una grande confusione nel governo del Cile e nei settori oligarchici di questo paese che non possono trovare il modo ridurre la legittimità che ha acquisito il diritto della Bolivia ad uno sbocco sovrano nell’oceano Pacifico, tenendo conto delle ragioni storiche, giuridiche e politiche prospettate e mantenendo un’incessante iniziativa diplomatica che ha segnato l’agenda internazionale.

Il punto più avanzato è stata la presentazione, nell’aprile del 2013, dell’istanza di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, principale organo giudiziario dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), con la richiesta che il governo di Santiago manifesti la propria disposizione a negoziare in buona fede un accordo che conceda alla Bolivia uno sbocco sovrano all’oceano Pacifico. La risposta presentata dalle autorità cilene di fronte all’istanza dell’Aja, lo scorso 15 luglio 2014, manifesta la loro contrarietà a presentare il ricorso di “incompetenza” della Corte Internazionale di Giustizia a pronunciarsi su questo tema.

Gli immediati precedenti storici hanno mostrato l’apertura e la duttilità del presidente Evo Morales di fronte al popolo e ai governi del Cile, a partire dall’invito alla Cerimonia di investitura presidenziale, avvenuta nel 2006, all’allora presidente Ricardo Lagos, successivamente con gli importanti contatti e dialoghi con la presidente Michelle Bachelet al suo primo mandato, in seguito con il presidente conservatore Sebastián Piñera ed ora di nuovo con la Bachelet. Anche durante la sua permanenza in Cile Morales ha avuto l’appoggio popolare alla richiesta boliviana in manifestazioni di massa alle quali hanno partecipato organizzazioni sociali, sindacati, personalità, studenti ed intellettuali del vicino paese, che hanno emesso dei documenti di appoggio e solidarietà al diritto boliviano, nel contesto delle nuove pratiche della diplomazia dei popoli. Incluso l’ex parlamentare ed ex candidato presidenziale in Cile Marco Enriquez Ominami ha manifesto la propria adesione alla richiesta boliviana.

Politica diversiva del governo del Cile

Nonostante ciò, all’apertura del presidente boliviano la diplomazia di Santiago e i suoi settori oligarchici hanno risposto con una politica di diversivi e promesse di vario tipo senza giungere a stabilire, nonostante la chiarezza della richiesta boliviana, un dialogo effettivo e chiaro sul tema marittimo, considerato prioritario e fondamentale nelle relazioni internazionali nel contesto regionale e per lo sviluppo integrale della Bolivia.

Di fronte a questo, il Ministero degli Affari Esteri e il presidente Morales hanno sviluppato un insieme di sistematiche e continue azioni mettendo sotto scacco permanente la diplomazia cilena fino a giungere all’istanza giudiziaria più importante della comunità internazionale. In questo modo è stata interrotta una lunga storia per cui le autorità boliviane cadevano nelle trappole delle sperimentata diplomazia cilena che in lunghi e infruttuosi dialoghi faceva promesse e non le manteneva, seguendo così la strategia dell’oligarchia cilena che otteneva alla fine l’acquiescenza di una diplomazia boliviana prossima ai suoi simili del paese vicino.

Questo non è casuale, per il fatto che la nuova diplomazia boliviana ha profondamente rinnovato i propri quadri, prescindendo dai clan familiari, in molti casi legati agli interessi cileni, che per molti decenni hanno guidato la Cancelleria, anche se la loro duttilità gli permette ancora, in alcuni casi, di recuperare spazi in questa nuova congiuntura.

La rottura delle vuote formalità ha permesso al Presidente evo Morales e ad altri Capi di Stato dell’America Latina di aprire nuove forme di relazioni internazionali più dirette e in faccia ai popoli come è avvenuto soprattutto nelle Riunioni Presidenziali alle quali ha partecipato il comandante Hugo Chavez.

Nonostante ciò, nonostante questi importanti passi fatti al riguardo, il governo boliviano non ha sviluppato una energica azione nel danneggiare gli interessi delle imprese cilene e del suo governo intorno a temi vitali come lo sfruttamento delle acque del Silala, le milionarie attività commerciali tra ambedue i paesi che favoriscono il Cile e l’arbitraria deviazione del corso delle acque del Fiume Lauca.

La realtà del XIX secolo

È innegabile, nonostante le obiezioni dei settori conservatori cileni, che la Bolivia è stata creata con una estesa striscia marittima, mentre la Repubblica del Cile contava su un territorio che al nord giungeva fino al Fiume Paposo, mentre facevano parte del territorio boliviano le regioni di Antofagasta, Tocopilla e Mejillones.

La ricerca del professore cileno Cástulo Martinez su “El mar de Bolivia” (Il mare della Bolivia, ndt) evidenzia, tra gli altri, due fatti contundenti: il Liberatore Simon Bolivar, il 28 dicembre 1825, emise un Decreto che dice “Sarà autorizzato, dal 1 gennaio entrante, come porto maggiore di queste provincie, con il nome di Porto La Mar, quello di Cobija. Saranno sistemati lì gli uffici appartenenti all’Erario. Il Gran Maresciallo di Ayacucho, Antonio José de Sucre è incaricato dell’esecuzione di questo decreto”.

L’altro, del 28 settembre 1872, quando il Ministro degli Affari Esteri del Cile, Adolfo Ibañez y Gutierrez, risponde alla Camera dei Deputati del suo paese quanto segue: “La prima delle domande che contiene l’interpellanza deve essere diretta al governo della Bolivia piuttosto che a quello del Cile, perché per prima cosa tocca la sovranità del territorio dove è situato il porto di Antofagasta, è a questo governo al quale conviene dare le garanzie di permanenza e stabilità che vogliono”.

La Compagnia del Salnitro e delle Ferrovie di Antofagasta di proprietà anglo-cilena, interessata a sfruttare le risorse naturali della regione (salnitro, guano e minerali) fu la promotrice, nel febbraio del 1879, della violenta ed illegale occupazione dei territori boliviani da parte delle forze militari cilene. Gli interessi di questa impresa con capitali inglesi hanno, pertanto, la responsabilità della Guerra del Pacifico, che permise di consolidare l’oligarchia cilena e di sottomettere a quella l’oligarchia boliviana.

Necessità di una soluzione duratura

In un momento di crisi delle economie metropolitane e del loro potere mondiale e di emersione nella nostra regione di movimenti nazionalisti e antimperialisti di liberazione nazionale, con la formazione dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) e della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC) agli albori del XXI secolo, si deve garantire la giustizia internazionale con il riconoscimento da parte del governo del Cile del diritto boliviano sull’Oceano Pacifico.

Per questo la comunità regionale dovrà sviluppare un’azione diplomatica più efficace con l’obiettivo di trasformare definitivamente la Nostra America in una zona di pace e amicizia durature.

L’importanza di un avvicinamento dei popoli boliviano e cileno e delle loro organizzazioni, così come dei settori intellettuali, universitari e professionali ha permesso, negli ultimi anni, di creare una coscienza latinoamericanista che considera che si debba dare soluzione ai problemi pendenti tra gli stati per ottenere l’unità della Patria Grande.

*Eduardo Paz Rada è un sociologo boliviano, docente dell’UMSA; scrive su pubblicazioni della Bolivia e dell’América Latina.      eduardo.pazrada8@gmail.com

25-07-2014

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Eduardo Paz Rada, “Bolivia mantiene en jaque a la oligarquía chilenapubblicato il 25-07-2014 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=187684&titular=bolivia-mantiene-en-jaque-a-la-oligarquía-chilena-] ultimo accesso 07-08-2014.

 

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