Dopo aver vinto le elezioni su Óscar Iván Zuluaga per 900 mila voti, il Presidente-candidato giungerà al suo secondo quadriennio con un panorama politico molto diverso rispetto a quello che nel 2010 lo accolse nella Casa di Nariño.
Una pacca sulla schiena del processo di pace e un avvertimento.
In retrospettiva, che Juan Manuel Santos sia stato sul punto di perdere l’elezione è la miglior cosa che sia potuta accadere al processo di pace.
Di fronte all’imminenza del ritorno dell’uribismo e della possibilità che Zuluaga mettesse fine a quanto raggiunto all’Avana, Juan Manuel Santos ha potuto creare intorno alla pace una grande e variopinta coalizione di centro sinistra che non solo lo ha mantenuto per altri quattro anni nella Casa di Nariño ma che si è trasformata nel primo referendum a favore dell’accordo dell’Avana.
Dei quasi otto milioni di colombiani che hanno eletto Juan Manuel Santos, solo 3,2 lo hanno appoggiato al primo turno. Come dire, che per gli altri quasi cinque milioni di colombiani che lo hanno appoggiato al secondo turno, il tema della pace e l’antiuribismo –che in molti casi vanno per mano– sono stati determinanti. Per tutto il resto, Zuluaga e Santos proponevano percorsi abbastanza simili.
La possibilità della sua sconfitta ha anche obbligato il Presidente a giocarsela a fondo con le conversazioni dell’Avana, che fino a poco fa difendeva in maniera alquanto vergognosa.
Un altro aspetto positivo è stato che l’urgenza di creare una maggiore fiducia nella principale promessa di Santos ha impresso al tavolo dei negoziati un ritmo che per tutto l’anno non aveva avuto.
In pochi giorni, governo e Farc sono riusciti a portare avanti un accordo sui principi che reggono la discussione sul punto delle vittime che include il riconoscimento, da parte della guerriglia, che il negoziato non sarà “uno scambio di impunità” e che il diritto alla giustizia delle vittime sarà riconosciuto. È una grande avanzamento su un punto cruciale.
D’altra parte, il voto di quasi sette milioni di colombiani contro Santos abbassa le aspettative delle guerriglia su ciò che possano chiedere al tavolo e su ciò che i colombiani siano disposti a cedere. Questo, forse, aiuterà a focalizzare la discussione al tavolo su quanto possibile, più che su quanto desiderabile.
Per ultimo, nell’angoscia di perdere e riconoscendo che l’unica cosa che potrebbe agglutinare la sinistra, i movimenti sociali e gli indecisi riguardo lui era la pace, Santos sembra aver trovato una voce propria e un filo conduttore per il suo secondo governo. Anche una nuova legittimità per portare avanti il processo di pace, ora sì, ha un chiaro mandato cittadino per farlo.
Le sfide, che questo trionfo prospetta per la pace, sono grandi.
Primo, perché il presidente-candidato ha promesso che per fine anno ci sarà un accordo firmato e dato che i negoziatori hanno lasciato alla fine i punti più difficili –come quello della giustizia e l’abbandono delle armi– impegnarsi su questa aspettativa non sarà facile.
Secondo, perché Santos è riuscito a trasmettere l’importanza di ciò che si stava negoziando ma ha perso l’opportunità di educare su ciò che implicherà la firma dell’Accordo e sulla giustizia transizionale che viene dopo.
Dall’iconografia cliché che ha utilizzato (la nota colomba bianca) fino al principale argomento che la pace libererebbe risorse da investire in educazione e sicurezza urbana (qualcosa che è improbabile pensare di rispettare con gli accordi che ha già raggiunto con le Farc) rafforzano l’idea che la fine del conflitto armato non solo è dietro l’angolo ma che non richiederà ai colombiani grandi sacrifici.
Per cui, se è certo che l’Accordo Finale verrà firmato a dicembre, il governo avrà bisogno di fare un grande e rapido investimento per preparare il paese a ciò che viene.
Ma al di là di ciò che avverrà nei prossimi mesi con la pace, e specialmente con la coalizione politica che la sostiene e che sarà necessaria a Santos per tirar fuori nel Congresso una legislazione nell’Ambito della Pace, la votazione di oggi rappresenta un grande applauso per Humberto de la Calle, per Sergio Jaramillo, per gli altri negoziatori e per il gruppo formato principalmente da donne che in questi quattro anni stanno lavorando nell’Ufficio dell’Alto Commissario in funzione del negoziato di pace.
16-06-2014
La Silla Vacía
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
“Las siete grandes conclusiones de la victoria de Santos” pubblicato il 16-06-2014 in La Silla Vacía, su [http://lasillavacia.com/historia/elecciones-presidenciales-en-fotos-47921] ultimo accesso 16-06-2014. |