Michoacán, il popolo nel fuoco incrociato della borghesia


Javier Saldaña Martínez

Le trasformazioni che il narcotraffico ha avuto in Messico a partire dal decennio degli 80 rendono necessaria una rettifica concettuale che ci permetta di comprenderlo meglio. In effetti, durante questo decennio i grandi cartelli messicani hanno gettato le basi per estendere e aumentare le loro attività economiche. Dalla semplice coltivazione e trasferimento di mercanzie (stupefacenti) hanno cominciato a controllare tutta la catena produttiva e, attualmente, a competere sul mercato mondiale e a consolidarsi come gruppo di potere con influenza locale e nazionale nei processi politici ed elettorali.

Pertanto, i cartelli messicani del narcotraffico hanno smesso di essere tali e non possono più essere chiamati così. I grandi cartelli ora hanno tutte le caratteristiche, i principi e le intenzioni di una impresa tipo compagnia nazionale e, a volte, transnazionale, come dire sono una parte fondamentale della grande borghesia. Come ogni impresa borghese basano le proprie attività economiche sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, sullo sfruttamento, sul lavoro salariato e hanno come scopo il guadagno attraverso il mantenimento del tasso di profitto con qualsiasi mezzo, sia legale, illegale o violento.

Le narco imprese o imprese illecite, come qualsiasi impresa borghese, conta sull’appoggio del governo, sfruttano i propri lavoratori, producono merci, creano e controllano mercati interni ed esteri, costruiscono o si impadroniscono di rotte commerciali, si appropriano di territori urbani o rurali per riadattarli come mercati o aree fornitrici di forza lavoro e di risorse naturali; gestiscono risorse e migliori condizioni per le proprie attività, competono con altre imprese per i mercati e gli affari con il potere politico formale e con un rapporto privilegiato nell’ambito giudiziario, fiscale e finanziario; fanno spionaggio industriale e commerciale, portano a termine fusioni imprenditoriali, speculano sui prezzi, accaparrano merci, corrompono, fanno estorsioni e finanziano campagne politiche così come eliminano nemici. Insomma, una grande impresa che fa parte della borghesia, solo che illegale nei discorsi del governo ed illegittima nella sua morale.

In questo contesto, è importante considerare il discorso mediatico e governativo come strumento di dominio ideologico quando contribuisce alla manipolazione della realtà. È un discorso di doppi criteri e di doppi sensi. Quando si riferisce ad attività economiche delle narco imprese cambia i termini anche se si tratta della medesima attività di imprese legali. Per fare un esempio, vengono chiamati “cartelli” le narco imprese, le rotte commerciali le chiamano “rotte di trasferimento”, i piccoli distributori e venditori di merci sono chiamati “narco-venditori al dettaglio”, i lavoratori incaricati della sicurezza dell’impresa sono chiamati sicari e non guardie di sicurezza privata. La lotta e il dominio dei mercati e dei territori sono rispettivamente chiamati “scaldare la piazza” e “controllare la piazza”. Il controllo delle esportazione e l’imbarco delle merci sono detti “requisizione”, le operazioni finanziarie, i trasferimenti di denaro, la contabilità occulta o doppia, e gli investimenti di capitale in altri titoli, sono chiamati “lavaggio del denaro”. Come dire, l’uso del doppio criterio e della doppia morale per designare e giudicare essenzialmente la medesima attività.

In questo modo, detto discorso occulta ciò che significa nell’ambito nazionale l’attività imprenditoriale in termini di sua rilevanza per le economie. Per l’economia messicana, per esempio, l’attività imprenditoriale, illegale di questo settore borghese è fondamentale. Calcoli di specialisti e di agenzie statunitensi affermano che la somma di denaro che le attività economiche delle narco imprese iniettano nell’economia nazionale, è all’incirca di 50 miliardi di dollari annui. Questa enorme quantità di denaro si distribuisce –come fa qualsiasi altra impresa capitalista– in reinvestimenti nella propria fondamentale attività di produzione, manifattura e distribuzione di droghe illecite. Un’altra importante parte è destinata ad essere investita in centinaia di grandi e medie imprese per “pulire” il denaro. Uffici di cambio, agenzie di borsa, imprese agroindustriali, di sicurezza privata, hotel, ristoranti, tra molti altri, sono alcuni dei titoli preferiti dal settore degli stupefacenti per diversificare gli investimenti. Una impresa narco borghese transnazionale con filiali in tutto il pianeta per rifornirsi di materie prime e per approvvigionare la domanda mondiale.

Gli imprenditori narco borghesi dedicano buona parte di queste risorse alla sicurezza e alla corruzione che, diventando abitudine si trasformano in stipendi che integrano la busta paga a partire dai semplici poliziotti fino ai più alti funzionari del governo. Così, poliziotti, comandanti e capi di tutti i livelli si trasformano nella polizia privata della narco borghesia insieme agli eserciti di mercenari composti dai settori sociali più emarginati, impoveriti e corrotti, dipendenti assassini al soldo, impuniti in regioni ugualmente emarginate e impoverite.

Simultaneamente questa narco borghesia –che quasi non si differenzia in nulla dalla borghesia legale– investe ugualmente sia in politica elettorale che in politica sociale. Ugualmente finanzia campagne elettorali di tutti i partiti politici, distribuisce dispense e patrocina feste popolari, per cui diventa base sociale e politica. Come dire, fa anche politica con quelli in alto e quelli in basso. Il carattere irrefutabile di tutta questa evidenza rende impossibile affermare che questa attività narco imprenditoriale sia effettuata senza la complicità e l’appoggio dell’apparato dello stato, del regime politico e delle persone che lo dirigono. Come in tutti gli ambiti dove il capitalismo penetra e corrompe, qui sfuma la linea tra legale e illegale.

In questo modo, in Messico incontriamo differenti effetti del medesimo fenomeno con il Michoacán come il caso più paradigmatico in questo momento, senza dimenticare le altre regioni e stati del paese. Questo stato centroccidentale del paese concentra –anche se non in modo esclusivo– le caratteristiche geografiche, economiche e sociali per essere oggetto della lotta per il suo dominio. E in questo contesto le autodifese sono l’espressione più nitida della lotta interborghese che mantiene il proprio popolo nell’incertezza, dove i governi locali e federali hanno preso le parti di uno o dell’altro gruppo borghese.

Il Michoacán ha una doppia posizione strategica: primo per essere un punto di passaggio obbligato per il commercio delle merci del Pacifico da sud a nord. È una rotta marittima naturale e rapida, favorita dalle correnti marine, dai porti sudamericani come Lima e Trujillo in Perù, Guayaquil in Ecuador e Buenaventura, Colombia, tutti paesi produttori di cocaina. Così la costa michoacana è una zona portuale, con Lázaro Cárdenas come enclave commerciale Sud-Nord. Il secondo aspetto del suo carattere strategico è la sua posizione come principale zona di commercio con l’Asia. Allora, il controllo di questa regione implica il dominio sul commercio di merci, legali e illegali, tra il Messico come enclave e fornitore di risorse naturali, con destinazione Sudamerica, Asia e Nordamerica.

D’altra parte, il Michoacán possiede abbondanti minerali tra le quali primeggia il ferro, risorsa per la quale le imprese transnazionali e i narco impresari lottano per il suo possesso per venderlo alla Cina. Ambedue i gruppi all’inizio, mediante le proprie guardie private o i sicari, hanno occupato le terre ejidali e comunitarie ricche di ferro allontanando intere popolazioni con la complicità del governo. Questa strategia di saccheggio e sgombero per accaparrarsi le risorse è conosciuta come riadattamento del territorio e delle persone, che va di pari passo con la controinsurrezione. Attraverso vari tipi di violenza si infonde la paura con minacce, estorsioni, violenze, sequestri, sparizioni forzate e assassinii con la conseguente rottura del tessuto sociale e l’occupazione militare con il pretesto di combattere l’insicurezza.

La strategia di riadattamento del territorio, esportata dalla Colombia, là ha lasciato circa 5,6 milioni di sfollati e un grande affare controllato dalle imprese minerarie e dall’agroindustria statunitense attraverso il Plan Colombia. E questo medesimo schema, con il nostro Plan Mérida, è applicato in tutto il Messico, rafforzato nel Michoacán per controllare i settori strategici dell’economia, per mettere ordine alle lotte interborghesi e garantire la fornitura di risorse minerali, energetiche e finanziarie verso i paesi d’origine delle imprese. Lo stesso che con i minerali avviene con i legnami preziosi commerciati verso il Nordamerica e la Cina, o l’agro-negozio del limone e dell’avocado che rappresentano circa un miliardo di dollari annuali ciascuno.

In questo scenario è dove sorgono le autodifese con almeno tre origini e tendenze distinte. Con questa situazione di fronte i grandi impresari dell’agro-industria e delle miniere, vedendosi spogliati dei propri affari e di fronte all’omissione del governo, cominciano ad aizzare e ad organizzare i propri lavoratori che, aggiunto allo sfruttamento e alla miseria, subiscono con maggior intensità la violenza dei narco impresari. Dopo, altri germi di carattere popolare si autorganizzano con le loro stesse risorse e aspirazioni legittime frutto della stanchezza. E, la terza fonte di origine di chi partecipa alle autodifese è precedente alle altre due ed è più vicina al modello della polizia comunitaria guerrerense. È quella che si basa sul consolidamento dei costumi comunitari, con obiettivi politici e sociali che vanno al di là del discorso sulla sicurezza. Quest’ultima tendenza è quella che rappresenta il maggiore pericolo per il governo e per i borghesi, siano narco o no. Ostula y Cherán, tra gli altri, è contro coloro verso i quali è diretta l’implacabile controinsurrezione, le cui conseguenze sono rimaste occulte ed è necessario non dimenticarle. In questo modo, abbiamo nelle autodifese un agglomerato eterogeneo di gruppi sociali con origini, pretese e destini differenti.

Il Michoacán in crisi ha cambiato dallo stato d’emergenza, dominato dagli attuali narco-borghesi, allo stato d’assedio controllato dal governo, in mezzo ad una lotta interborghese che si materializza in una guerra tra civili armati, con il popolo e le sue risorse come ostaggi.

*Javier Saldaña Martínez. Dottorato in Diritti Umani, Università Autonoma di Città del Messico.

18-04-2014

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Javier Saldaña Martinez, “Michoacán, el pueblo en el fuego cruzado de la burguesíapubblicato il 18-04-2014 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=183513&titular=michoacán-el-pueblo-en-el-fuego-cruzado-de-la-burguesía-] ultimo accesso 15-05-2014.

 

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