Come c’era da aspettarsi, il ritorno alla politica elettorale dell’uribismo puro sangue ha dato come risultato una nuova correlazione di forze tra l’ufficialità dell’istituzione rappresentata da Santos e la sua eventuale continuità nel governo, e il blocco emergente, una specie di modello criminale di potere, che si è consolidato nei due governi di Uribe e che ora lotta per tornare al comando.
La sinistra ufficiale, elettorale urbana ha perso terreno, affondata nella corruzione, nell’arroganza, nell’individualismo, nel delfinismo, nel settarismo e nelle “alleanze non sante” che alla fine hanno terminato con il presentare il conto ad un progetto che in qualche momento era arrivato ad essere una alternativa elettorale.
Paradossalmente, Jorge Enrique Robledo, il senatore del MOIR più votato nel paese, è chi rappresenta il settore politico che ha fatto esplodere l’alternativa elettorale della sinistra che convergeva nel Polo. Ora ci rimane il suo ego più individualista e settario, alimentato da 192 mila voti, che rende poco probabile l’unità della decadente sinistra elettorale in vista delle presidenziali.
È una pena che lo storico progetto della UP non abbia avuto né tempo né finanziamenti né possibilità di far valere quanto è valido e di fare un esercizio di memoria storica, né ancor meno garanzie per affrontare l’apparato dei partiti che si espandono con le casse pubbliche e l’escludente legge elettorale vigente. I risultati dimostrano che la frase “non ci sono garanzie” non è ovvia.
Il processo elettorale ha inoltre abbondantemente dimostrato la sua illegittimità. Vediamo le cifre:
Senato
Potenziali elettori 32.835.856
Voti non segnati 842.615 5,88%
(in Colombia c’è la possibilità di esprimere un voto in bianco, ndt)
Voti nulli 1.485.567 10,38%
Totale votanti 14.310.367 43,58%
Senato Nazionale
Voti per lista o partito 10.925.592 76,34%
Voti in bianco 746.659 5,21%
Voti validi 11.672.251 81,56%
Senato Indigeno
Voti per lista o partito 171.218 1,19%
Voti in bianco 138.716 0,96%
Voti validi 309.934 2,16%
Camera dei Rappresentanti
Potenziali elettori 32.835.856
Voti non segnati 489.853 3,42%
Voti nulli 1.750.071 12,23%
Totale votanti 14.309.641 43,57%
Camera Dipartimentale
Voti per lista o partito 10.891.000 76,10%
Voti in bianco 824.956 5,76%
Voti validi 11.715.956 81,87%
Cámara Afro-descendientes
Voti per lista o partito 159.523 1,11%
Voti in bianco 77.538 0,54%
Voti validi 237.061 1,65%
Cámara Indígena
Voti per lista o partito 79.199 0,55%
Voti in bianco 37.501 0,26%
Voti validi 116.700 0,81%
Parlamento Andino
Potenziali elettori 32.835.856
Voti non segnati 2.848.990 28,00%
Voti nulli 510.439 5,01%
Totale votanti 10.172.124 30,97%
Voti per lista o partito 3.189.502 31,35%
Voti in bianco 3.623.193 35,61%
Voti validi 6.812.695 66,97%
Ciò che dicono queste cifre è che uno su cinque voti non ha eletto nessun candidato. Tra voti nulli, voti in bianco e schede non segnate assommano al 21 per cento dei suffragi effettuati.
Se sommiamo, inoltre, il voto in bianco per senato, camera dei rappresentanti, circoscrizioni speciali e parlamento andino, questa opzione arriva a più di cinque milioni di voti. Solo per il parlamento andino hanno votato in bianco 3.623.193 persone.
A Bogotá è stata chiara l’apatia astensionista che l’intrigo per destituire e inabilitare per 15 anni il sindaco Petro e l’impatto del cartello della corruzione dell’ultima amministrazione del Polo hanno creato. L’opinione pubblica comprende che se nemmeno le regole del gioco della democrazia liberale borghese sono rispettate e che nemmeno la sinistra elettorale è una opzione trasparente.
La lista di nuovi possibili destituiti illegalmente da parte del Torquemada creolo, con la connivenza di tutte le istituzioni, non fa che aumentare di più l’incredulità nelle elezioni e la ripugnanza verso le contese elettorali. Da parte sua, si è saputo che in alcune regioni i padrini elettorali di sempre offrivano tra i 300 mila e i 400 mila pesos a voto.
Ciò che ci dimostrano l’astensione, i milioni di voti nulli, non segnati e in bianco, la corruzione amministrativa ed elettorale, è che l’attuale nostro modello di partecipazione politico-elettorale non è legittimo e che una nuova legislazione su questa materia passa necessariamente attraverso una nuova assemblea nazionale costituente, che dia una soluzione alla mancanza di riconoscimento politico che subiscono le maggioranze, e che fa dell’attuale un regime escludente.
In pratica il panorama è così oscuro come i personaggi che sono risultati ben collocati sulla scena postelettorale. L’uribismo ha oggi i seguenti risultati concreti: 19 senatori uribisti puro sangue modello Centro Democratico, altri 69 congressisti parapolitici o paramilitari e tre pre-candidati presidenziali. Con Enrique Peñalosa come vincitore della consultazione “verde”, più la conservatrice Martha Lucía Ramírez, Uribe ha concretamente sistemato il suo terzo candidato presidenziale.
Sebbene Santos, che dipende da accordi clientelari con i conservatori (la popolare marmellata), possa gestire una maggioranza legislativa riguardo la pace ed altri temi, la sua attuale situazione postelettorale è di incertezza. Ora si prevede uno scontro presidenziale più rischioso del previsto. Se l’uribismo riesce, inoltre, a fare un accordo verso l’alto e finalmente il suo candidato è Enrique Peñalosa, il contrasto potrebbe essere molto più forte, non è la stessa cosa avere un candidato ventriloquo rispetto ad uno che almeno parla con le sue stesse parole travestite di colore verde, anche se queste non sono le più adatte alla realtà.
A questo panorama bisogna aggiungere che sul tema della pace potenti settori di categoria ed imprenditoriali hanno incominciato a voltare le spalle a Santos. La Società degli Agricoltori della Colombia – SAC si lamenta dell’insicurezza giuridica per i suoi affari e che all’Avana si stia consegnando il campo alle FARC. In questo modo i latifondisti stanno forzando una rinegoziazione della legge sui terreni incolti e di mantenere ed ampliare i benefici che li favoriscono da molto, nel momento in cui lanciano il messaggio di opposizione a qualsiasi eventuale redistribuzione delle terre all’interno della frontiera agricola, “i terreni incolti sono per loro e i loro latifondi non si toccano”.
D’altra parte, il governo è stato incapace di giungere ad accordi con i piccoli produttori agropastorali e con i contadini nei Tavoli di Interlocuzione e Accordo – MIA, fatto che praticamente sta provocando una nuova giornata di mobilitazioni agrarie in tutto il paese, molto più numerose, più unitarie e coordinate. Un elemento in più di instabilità politica che potrebbe essere determinante in piena campagna presidenziale.
Ora, come mai prima, Santos ha bisogno di una correlazione di forze dentro la società e dentro le istituzioni favorevole al suo progetto personale e alla pace. Si trova di fronte ad un difficile scenario di consensi e di accordi con militari, imprenditori, redditieri, con irresponsabili membri delle istituzioni, tutta una rete di clientele, con il movimento contadino e l’opinione pubblica. Se il nuovo governo di Santos riesce ad anteporsi agli interessi dei signori mafiosi della guerra, avrà bisogno di una politica di stato forte che garantisca la firma degli accordi e il cammino verso una pace stabile e duratura che la maggioranza del paese desidera.
10-03-2014
Agencia Prensa Rural
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
César Jerez,“Los resultados electorales, la continuidad de Santos y la paz” pubblicato il 10-03-2014 in Alai, su [http://prensarural.org/spip/spip.php?article13591] ultimo accesso 14-03-2014. |