Le autodifese sono paramilitari? No


Ramón I. Centeno

Per il filosofo comunista Alain Badiou la giustizia è, molte volte, il prodotto di una “alleanza tra la virtù e il terrore”. Questa conclusione proviene da un precedente assioma: se un ordine ingiusto è quello dove la virtù ha fallito, allora detta ingiustizia richiede l’irruzione della virtù. Per questo,  per Badiou, i giacobini della Rivoluzione Francese conclusero che “dove la virtù fallisce, il terrore è inevitabile”.

Il terrore rivoluzionario è giusto quello che è apparso con le autodifese. La vita sotto il cartello dei Caballeros Templarios (Cavalieri Templari), per esempio, era lontana dalla virtù. Contro questo stato di cose, l’irruzione delle autodifese ha rappresentato una opportunità per la giustizia. È possibile la domanda: c’era un’altra via? Chiaro che sì.

Saint-Just, il rivoluzionario giacobino, domandava: “Che vuole la gente se non vuole la virtù né il terrore?”. La sua risposta: “vuole corruzione”.

Corruzione. Questo è ciò che mi sembra volere gran parte della sinistra urbana del Messico che non ha superato lo shock di vedere nel sud del paese la gente armarsi contro il narco. Siccome le autodifese non entrano nei precedenti loro schemi politici, suppongono che “qualcosa vada male”, che tutto debba essere un complotto del regime. Errore.

La prima cosa da tenere in conto è che ciò che avviene in zone del Michoacán e del Guerrero sono guerre di liberazione locale. Negli anni passati, in molti municipi i cartelli della droga si sono trasformati nel principale fattore di potere, sostituendo lo stato messicano o dissimulandosi con quello. Il risultato: organizzazioni di lumpen armati (i narco) sono passate ad imporre le proprie condizioni ad intere popolazioni (con le loro differenti classi sociali). Non dovrebbe sorprendere, pertanto, che le autodifese emergano come fronti “policlassisti” riuniti intorno ad un obiettivo: liberare le popolazioni dal potere del crimine organizzato –i lumpen armati–. I cartelli succhiavano le loro entrate (e le loro vite), a poveri e ricchi. La sinistra dovrebbe appoggiare questi fronti di liberazione contro il narco? Certamente sì.

Di fronte al tentativo dello stato di cooptare gli “alzati” per subordinarli all’Esercito come “guardie rurali”, la sinistra dovrebbe proporre la propria alternativa. Invece di dare per perdute queste espressioni armate, la sinistra dovrebbe fare attenzione al loro carattere incompiuto. Le tensioni e le contraddizioni all’interno delle autodifese dovrebbero essere viste come lo spazio per incidere a favore degli interessi plebei.

Fortunatamente esiste il precedente delle polizie comunitarie: quella di Cherán K’eri, nel Michoacán, e la CRAC-PC nel Guerrero, pioniera in questo genere. Sotto il modello di milizie democratiche, ciascun quartiere seleziona le proprie guardie, che sono revocabili. Questo tipo di controlli di base sono il  chiavistello affinché questi gruppi armati si trasformino in altri poteri. Le autodifese della Tierra Caliente sono ancora lontane da questo modello, ma lo sono anche dall’essere mere estensioni dello stato.

Cherán, cosciente di questo, poco tempo fa ha esortato “tutta la popolazione del nostro stato e del paese a non disarmarsi”. In effetti, la moneta è ancora in aria. Alcuni “alzati” si integreranno alle guardie rurali, altri no. Il compito è convincere questi ultimi a non abbassare le armi e ad istituzionalizzarsi democraticamente dal basso.

Se si ottiene quest’ultima cosa, il terrore avrà ottenuto un’alleanza duratura con la virtù. La giustizia, pertanto, avrà sempre più opportunità di irrompere in Messico.

18-02-2014

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Ramón I. Centeno, “¿Las autodefensas son paramilitares? No pubblicato il 18-02-2014 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=180957&titular=¿las-autodefensas-son-paramilitares?-no-] ultimo accesso 28-02-2014.

 

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