“Il capitale sta imponendo l’agro-negozio come unico modo di produzione”


Joana Tavares

Mai il Brasile ha avuto un programma di riforma agraria che si proponesse di democratizzare realmente l’accesso alla terra e di consegnare la terra ai contadini poveri. Così sintetizza l’attuale situazione del campo João Pedro Stedile, membro della direzione nazionale del Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra (MST). Secondo Stedile, in base alla correlazione di forze, “a volte avanziamo e realizziamo degli insediamenti e in altri periodi il capitale avanza e impedisce che ci siano espropriazioni. E questa è la situazione attuale”.

Di fronte a questo scenario, dal 10 al 14 febbraio, più di 15 mila militanti del MST si riuniranno a Brasilia nel loro Sesto Congresso. Dopo 30 anni dalla fondazione il MST, la struttura del campo del Brasile punta sull’acutizzazione delle contraddizioni sociali che si accumulano come un debito storico.

“Di fronte a questa situazione avversa, abbiamo passato gli ultimi due anni dibattendo con la nostra base, con la nostra militanza e abbiamo costruito l’idea della necessità di un programma di riforma agraria popolare”, dice Stedile. In questo programma è stata inclusa la necessità di fare ampie espropriazioni dei latifondi più grandi, incominciando dalle imprese straniere, aggiunge il dirigente.

In questa intervista, Stedile parla dell’attuale situazione della riforma agraria e delle principali sfide che la classe lavoratrice ha quest’anno. “Nonostante i progressi che ci sono stati negli ultimi dieci anni riguardo al neoliberismo, i lavoratori affrontano ancora gravi problemi, che colpiscono anche la gioventù”, afferma. Egli crede che le mobilitazioni, oltre ad essere benvenute, siano necessarie per continuare a cambiare il paese.

Brasil de Fato: Attualmente quale è la situazione della riforma agraria nel paese?

João Pedro Stedile – In realtà, il Brasile mai ha avuto un programma di riforma agraria che si proponesse di democratizzare l’accesso alla terra e di consegnare la terra ai poveri del campo. Allora, in base alla correlazione di forze, a volte avanziamo e realizziamo degli insediamenti e in altri periodi il capitale avanza e impedisce che ci siano espropriazioni. E questa è la situazione attuale. Non abbiamo riforma agraria, e anche i processi di conquista di nuovi insediamenti sono paralizzati. E questo si deve al fatto che c’è una speculazione sui prezzi delle commodities agricole, che ha aumentato il guadagno dei latifondisti e ha fatto salire al cielo il prezzo della terra. Il capitale sta imponendo l’agro-negozio come unico modo di produzione. Per finire con il governo di Dilma, che è egemonizzato dall’agro-negozio. Coloro che nel governo difendono la riforma agraria sono una minoranza. E ciò che è peggio, c’è una impressionante incompetenza amministrativa dell’INCRA, che non può risolvere i minimi problemi, inclusi quelli di coloro che già sono insediati.

Che impatto avranno nelle persone che vivono nelle città i cambiamenti concepiti dal MST nel campo?

“Di fronte a questa situazione avversa, abbiamo passato gli ultimi due anni dibattendo con la nostra base, con la nostra militanza e abbiamo costruito l’idea della necessità di un programma di riforma agraria popolare. Che rappresenti dei cambiamenti necessari per tutte le persone e non solo per i contadini senza terra. E nel nostro programma abbiamo posto la necessità di fare ampie espropriazioni dei latifondi più grandi, incominciando dalle imprese straniere. Dobbiamo dare la priorità alla produzione di alimenti. Abbiamo la necessità di produrre senza pesticidi affinché la gente della città stia in salute. Dobbiamo adottare l’agro-ecologia come nuovo modello di produzione in equilibrio con la natura. Dobbiamo installare in modo cooperativo agro industrie, per dare lavoro alla gioventù rurale, fermare l’esodo e distribuire il reddito. Ed infine dobbiamo democratizzare a tutti i livelli l’accesso alla scuola. Questa è, in essenza, la nostra proposta di riforma agraria.

Recentemente lei è stato all’Accademia Pontificia delle Scienze, in Vaticano, invitato dal Papa Francesco per discutere il problema della fame mondiale. Che impressioni ha di questo incontro?

Ha causato sorpresa a tutti, per la prima volta il Vaticano ha convocato due movimenti sociali: il MST e il movimento dei cartoneros (raccoglitori di materiali riciclabili) dell’Argentina, per dibattere con i vescovi, gli intellettuali e scienziati che fanno parte dell’Accademia, quale sia la causa per cui ci sono poveri, esclusi e tanti problemi economici. Abbiamo esposto i nostri punti di vista sullo stato attuale del capitalismo finanziario e internazionale, che sta dominando il mondo ed è il principale responsabile. Le 300 maggiori imprese del mondo controllano il 60% di tutta la ricchezza. L’uno per cento dei ricchi controlla la metà di tutta la ricchezza dell’umanità. Senza combattere questo sistema non avremo una società più ugualitaria, più giusta e democratica. Il seminario certamente avrà ora un seguito, con altre riunioni convocate da Papa Francesco che sta sorprendendo tutti noi.

In Brasile il MST è stato il principale movimento sociale degli ultimi decenni. Ora, come principale attore sociale sorge la gioventù. Quale è la sua opinione circa gli attuali movimenti della gioventù?

Le mobilitazioni della gioventù, in qualsiasi società, sono sempre una specie di termometro che indica la temperatura dell’indignazione di tutta la società. E qui non è stato differente. Nonostante i progressi degli ultimi dieci anni riguardo al neoliberismo, i lavoratori affrontano ancora seri problemi, che colpiscono anche la gioventù. E la gioventù ha occupato le strade per dire, a nome di tutti noi, che abbiamo bisogno di cambiamenti sociali. Cambiamenti del regime politico, che non rappresenta nessuno. Cambiamenti di politica economica.  E di più. Lo stato e il potere pubblico che si prendano cura delle necessità del popolo in materia di salute, educazione e trasporto pubblico di qualità.

Il MST sta pensando di dialogare o di organizzarsi con questa gioventù?

Cerchiamo di partecipare con la nostra militanza a tutte le manifestazioni, nonostante che la nostra base sociale sia lontana dalle capitali. Continuiamo ad incoraggiare la gioventù ad organizzarsi e a mobilitarsi. E allo stesso tempo, contribuiamo alla costruzione di assemblee statali e nazionali di tutti i movimenti sociali, che includano tutti i settori, dal movimento sindacale fino alle pastorali, per discutere il cammino del paese e la necessità della riforma politica.

Lei crede che le manifestazioni di giugno, di cui sono stati protagonisti questi giovani, siano state una sorpresa per la dimensione e l’impatto che hanno avuto?

Sono state una sorpresa per il modo e la rapidità con cui sono avvenute. Ma tutti i militanti sociali sapevano che i problemi che il popolo sta affrontando nelle grandi città stavano aumentando ed erano latenti. La situazione del trasporto pubblico è uno di quelli, si perdono ore nel traffico ed è caro. Mentre il governo esonera l’IPI (Imposta sui Prodotti Industrializzati) e favorisce il trasporto individuale, che le multinazionali automobilistiche desiderano. Il servizio sanitario pubblico è una vergogna. Per lo meno ha sbloccato il Programma Più Medici, che è una buona cosa. E nell’educazione, abbiamo problemi seri, dagli elevati tassi di analfabetismo, che riguarda 18 milioni di lavoratori adulti, fino al fatto che l’ 88% della gioventù in età universitaria non può entrare nell’università. D’altro lato, la politica istituzionale in Brasile è stata sequestrata da contribuenti delle campagne elettorali, che trasformano le elezioni in ostaggi del capitale. E il popolo, la gioventù, non si sentono più rappresentati nei parlamenti, nel sistema politico. Così che prima, o dopo, questi problemi sarebbero apparsi. E sono apparsi nel migliore posto possibile: nelle strade! Che è il miglior luogo per la gioventù di praticare la democrazia.

Quale è il bilancio, per la lotta politica, delle manifestazioni di giugno nel paese?

In termini di conquiste reali, il bilancio è ancora piccolo, perché hanno potuto fermare solo l’aumento delle tariffe. Ma il saldo politico è fantastico. Si è tornati a collocare la politica nelle strade. Si è tornati a porre il dibattito dei cambiamenti necessari. E in agenda è stata posta la necessità della riforma politica e della convocazione di un’Assemblea Costituente. E il processo è ancora in corso e tende ad aumentare.

Nel bilancio del 2013, i movimenti hanno riscontrato alcuni rovesci nella politica economica nazionale. Quale è stata la ragione di questo arretramento?

La politica economica del governo federale è uno degli assi centrali della lotta di classe della società brasiliana. Perché è attraverso questa che le classi dividono la ricchezza prodotta tutti i giorni dai lavoratori. E c’è una permanente pressione delle banche e delle grandi imprese per divorare le risorse pubbliche, sotto forma di interessi. Sotto forma di prestiti della BNDES, sotto forma di emendamenti parlamentari, sotto forma di esenzione dalle imposte. E dal lato dei lavoratori, dobbiamo lottare affinché queste risorse, che sono pubbliche, che sono di tutto il popolo, siano destinate preferibilmente agli investimenti in educazione, sanità, riforma agraria, e trasporto pubblico nelle principali città. E in questa lotta, credo che nel 2013 la classe operaia sia uscita perdente. Le banche hanno divorato 280 miliardi di reales del tesoro in interessi. Il cittadino comune, il commercio e l’industria pagano tassi di interesse che vanno dal 40% al 144% l’anno. Questa è un’infamia. E il governo è rimasto ad amministrare, senza coraggio né forza per frenare il potere economico, perché parte del governo è intriso da questi interessi.

La destra e la sinistra stanno puntando sul fatto che le manifestazioni ritorneranno durante la Coppa del Mondo. C’è il rischio che le manifestazioni, che sono un segno della volontà di cambiamento, appoggino le forze conservatrici? Questo può essere usato nel gioco elettorale?

Le manifestazioni di massa aiutano sempre a sollecitare il dibattito politico nella società. La destra brasiliana non ha nessuna base sociale, né discorso né proposta per mobilitare milioni di persone. Perché sarebbe mobilitare contro gli interessi del popolo. Le manifestazioni, oltre che benvenute, sono necessarie per continuare a cambiare il paese, per avere di più lo stato al servizio del popolo. Più risorse per l’educazione, la sanità. Coloro che hanno paura del popolo è perché si trovano lontani dai suoi interessi. Nella storia dell’umanità nessun cambiamento sociale è avvenuto senza che ci sia stata mobilitazione popolare. Nessun cambiamento si è prodotto per la “generosa volontà” di qualche governante o guru. Per quanto riguarda il calendario, propendo a che le manifestazioni di strada comincino dopo, durante la Coppa creeranno confusione nella testa della gente che vuole vedere la Coppa del Mondo, e possono limitare le manifestazioni come se fossero solo proteste per denaro speso nelle opere. Il denaro che è stato speso negli stadi, circa 8 miliardi di dollari, certamente avrebbe potuto essere investito meglio, nonostante ciò, rappresenta appena due settimane del volume di risorse che il governo passa alle banche. Cosicché ogni due settimane abbiamo per le banche una Coppa del tesoro nazionale. E queste sono i nostri principali nemici, che dobbiamo denunciare e sconfiggere, dentro e fuori del governo.

Che aspettarsi dalle elezioni del  2014?

Personalmente credo che non avremo grandi cambiamenti. Né negli eletti né nelle proposte che gli eletti difendono. Pertanto, i cambiamenti reali non dipendono più dal calendario elettorale, dipenderanno dalla capacità della classe lavoratrice di costruire un programma unitario che incorpori le misure di cui la società ha bisogno per poter risolvere i problemi quotidiani del popolo.

Questo anno, il MST e gli altri movimenti sociali vogliono lanciare qualche bandiera politica e portare a termine delle manifestazioni?

Sono già nelle strade, dalla seconda metà dell’anno passato. Partecipiamo ad un ampio fronte popolare, che include la CNBB, OAB, ABI, e la CUT e i movimenti popolari, lottando uniti per la riforma politica. Una riforma politica che cambi le regole del gioco, restituisca al popolo il diritto di eleggere i propri veri rappresentanti, cambi la correlazione di forze nella società e apra le porte a che siano realizzate altre riforme necessarie: la riforma urbana, la riforma agraria, la riforma educativa, garantendo il 10% del PIL per l’educazione, l’ampliamento delle risorse per la sanità, il controllo dei tassi di interesse e il surplus primario.

Su  quali altre principali rivendicazioni punterebbe per il 2014?

Questo è il salto politico che noi, i movimenti popolari, dobbiamo fare. Al di là delle specifiche agende di rivendicazioni, che ciascun settore sociale continuerà a portare avanti per soddisfare le necessità della propria base, ora è fondamentale costruire una unità programmatica intorno ai temi politici. Unità per fare una grande riunione nazionale e fare un lavoro di base per discutere con la gente che cambiamenti politici vogliamo. E a partire da questo dibattito, organizzare un Plebiscito Popolare nella settimana del 7 settembre, affinché la gente voti sulla possibilità di convocare o no un’Assemblea Costituente, eletta in modo sovrano, con altre regole, ed esclusiva per portare a termine la riforma politica del paese. Spero che possiamo mobilitare in questa missione milioni di brasiliani, e così unire le forze per fare pressione sui tre poteri della Repubblica per convocare nel 2015 l’Assemblea Costituente.

04-02-2014

Brasil de Fato

http://www.brasildefato.com.br/node/27337

Traduzione dal portoghese di ALAI

tratto da ALAI, América Latina en Movimiento

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Joana Tavares, “El capital está imponiendo el agronegocio como la única forma de producir pubblicato il 04-02-2014 in ALAI, América Latina en Movimiento, su [http://alainet.org/active/71127] ultimo accesso 21-02-2014.

 

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