Parla Hector Llaitul prigioniero politico della CAM: “La lotta mapuche deve essere anticapitalista”


Héctor Llaitul Carrillanca

Nelle circostanze in cui attualmente si trova il conflitto tra lo Stato Cileno e il nostro Popolo Nazione, è necessario continuare ad analizzare il processo di dominazione, per poter valutare nel miglior modo possibile le contraddizioni esistenti. Dalla nostra prospettiva questo è un imperativo per andare a valutare le condizioni oggettive e soggettive e così continuare il nostro progetto politico e strategico di liberazione, soprattutto in tempi in cui le distinte espressioni della lotta Mapuche e le caratteristiche che acquisiscono le azioni hanno reso più complesso e difficile lo scenario.

Allora è necessario fare un’analisi delle relazioni di dominio che ha subito e attualmente subisce il nostro Popolo. Relazioni ingiuste che come una trama formano ciò che è stato chiamato il potere di dominio, che non solo colpisce il nostro Popolo ma l’insieme degli oppressi della nostra Società.

In questo senso, la prima cosa che si deve affermare è che il vero responsabile dell’invasione e dell’occupazione del territorio Mapuche da parte dello Stato Nazione Cileno è il processo di riproduzione del capitale nel Wallmapu-Storico. È a partire dalla erroneamente chiamata “Pacificazione dell’Araucanía” che si impone con forza la logica del capitalismo, e che ha tratto come lacerante conseguenza il saccheggio territoriale, base di tutta la riproduzione sociale ingiusta e oppressiva verso le comunità. Successivamente ci sarà l’imposizione di un modello di espansione capitalista di tipo agro-territoriale che causerà stragi nella popolazione Mapuche e alla fine il processo di rifondazione del sistema dove l’intensificazione del modello agroforestale ci invade fino al presente, questione che ci fa concludere che la causa della nostra realtà è prodotta dalla riproduzione del capitale nel territorio ancestrale. È qui che ci interessa mettere in risalto che, in queste circostanze, si impone una situazione di permanente continuità per quanto riguarda l’accumulazione del capitale da parte dei potenti, i quali certamente non solo oggi sono coinvolti, ma da sempre, nel saccheggio territoriale e nello sfruttamento delle risorse naturali del Wallmapu Storico.

La trasformazione del territorio ancestrale Mapuche in una regione controllata dagli Stati Nazionali, crea le condizioni affinché si instauri un sistema economico basato sulle attività agro produttive con forti livelli di sfruttamento e di indiscriminato saccheggio, che come effetto provoca ulteriori condizioni di disgregazione del nostro Popolo, situazione che avviene verso il XIX secolo. Questo spiega il fatto storico della definitiva occupazione militare del Territorio Ancestrale Mapuche da parte dello Stato Cileno e Argentino.

Orbene, non faremo maggiore riferimento sul processo di occupazione militare del Wallmapu da parte dei due eserciti, basti segnalare che fu un atto di genocidio che aveva come obiettivo l’annessione dei “territori indigeni” ai distinti Stati invasori. Il concentramento dei Mapuche che sopravvissero nelle cosiddette “riduzioni” (paesi di indigeni convertiti al cristianesimo, ndt) si inquadra nella logica di un modello economico che si voleva per la regione, certamente un modello di riproduzione del Capitale.

La guerra di sterminio durante l’occupazione militare e la “riduzione” dei mapuche sopravvissuti è il risultato dell’imposizione del capitalismo nel sud del Cile. Allora la riduzione è una misura di accerchiamento e di  nuovo saccheggio che, sebbene avvenga con l’occupazione dell’Araucanía, successivamente diventa necessaria quasi essenziale per le condizioni e la riproduzione dell’accumulazione del capitale nelle mani dei pochi dell’oligarchia cilena.

Il Nostro Popolo spogliato territorialmente (terre, bestiame, risorse naturali) entra in un progressivo processo di destrutturazione che crea povertà materiale e forti livelli di dipendenza per poter sopravvivere. La frammentazione e la sottomissione attraverso la permanente violenza ha obbligato i Mapuche alla dipendenza dallo Stato Nazione Cileno, tanto nell’economico come nel politico.

Pertanto, bisogna comprendere che la sottomissione del Nostro Popolo, il suo stato di dominazione, è prodotta dalla logica dell’accumulazione e della riproduzione del capitale e questo ha costituito una costante che ha segnato la storia e che ha la sua espressione nella permanente evoluzione sul territorio, sulla proprietà delle terre e le altre risorse e beni naturali. Ancor di più, se il capitalismo ha sempre avuto necessità di “creare più spazi per l’accumulazione”, possiamo concludere che l’espansione territoriale dello Stato Cileno ci fu per necessità di spazio, per dare continuità e soluzione al processo di accumulazione. È la necessità di espandersi e di accumulare che caratterizza il sistema capitalista.

La sopravvivenza Mapuche è stata legata al destino dell’economia nazionale e quando l’economia cilena, prodotto della sua dipendenza dai mercati esteri, soffre qualche crisi, il danno se lo caricano i poveri, in questo caso le comunità Mapuche, questo è avvenuto con lo sviluppo del modello agroesportatore che è stato instaurato in Cile. Effettivamente, il progetto conosciuto come “il granaio del Cile” nel Territorio Mapuche implica la graduale disarticolazione del Popolo Mapuche, inteso questo, sulla base dell’indiscriminato sfruttamento delle terre e della distruzione del bosco nativo e delle altre risorse naturali.

Il progetto di tipo agroesportatore, basato principalmente sulla produzione granaria, e successivamente con l’imposizione del progetto forestale, dà luogo alla formazione di forti gruppi oligarchici, latifondisti che nel territorio Mapuche accresceranno enormemente le proprie ricchezze e la propria influenza politica. Una volta consolidata l’occupazione militare dell’Araucanía diventa un forte processo di espansione agricola che ha richiesto la distruzione e la scomparsa di ampie zone del bosco nativo, per mezzo dell’utilizzo indiscriminato del fuoco e di altri tipi di disboscamento per creare spazi per l’agricoltura e, nella misura in cui questa attività avanzava, si stabilisce un modello di colonizzazione di nuove terre essenzialmente per stranieri, situazione che è stata promossa dallo Stato per “sbiancare la razza” e con questi coloni poter contenere i Mapuche nella zona.

Così, l’impoverimento delle terre (esaurimento) dovuto al modello agroesportatore e alla scomparsa del bosco nativo ha creato le condizioni propizie per l’attività forestale. È la riconversione territoriale verso l’attività forestale che ha generato un nuovo scenario di conflitto, uno scontro naturale tra due concezioni di territorio, una economicista di accumulazione contro quella Mapuche, di relazione tra l’Uomo e la Natura basato sull’equilibrio e l’armonia.

Con l’imposizione della dittatura militare, l’attività forestale fa un salto qualitativo sviluppandosi come un forte settore industriale su grande scala, che è un obiettivo strategico dell’oligarchia cilena. Pertanto, è con la dittatura che si sono andati consolidando i gruppi economici attraverso lo sfruttamento e il saccheggio indiscriminato dei suoli del Wallmapu Storico. Questo fu possibile perché gli amministratori golpisti crearono nuove condizioni per saccheggiare l’Araucanía, insieme al terrorismo di stato, alla repressione, si stabilì una riorganizzazione politica e giuridica che favorì l’attività forestale attraverso un incentivo al suo sviluppo sulla base di sussidi (Legge 701), la privatizzazione delle strutture di produzione e nuove usurpazioni di terre che hanno danneggiato i Mapuche durante il processo della Riforma Agraria. Un processo di riconversione territoriale che ha favorito senza limiti i gruppi economici, così si comprende anche la vendita  all’asta dei boschi demaniali che sono passati ai privati, la vendita di terre forestali statali, che insieme agli  incentivi ad una economia e la liberalizzazione del mercato dei prodotti forestali, hanno provocato la grande espansione capitalista.

Un processo di riconversione territoriale per lo sviluppo dell’attività forestale che su grande scala e in modo intensivo produce legname, carta e altri derivati per un grande Mercato Capitalista Globale. È un processo di riconversione territoriale che sebbene sia basato sull’attività forestale, conta anche su altri processi di investimento capitalista, così nei titoli idroelettrici e minerari, che può essere considerato nell’ambito di un nuovo ciclo di accumulazione del capitale Nazionale e Transnazionale nel Wallmapu Storico.

Una volta terminata la dittatura militare, i successivi governi della concertazione si sono dedicati ad amministrare con sacralità il modello neoliberista. Questo spiega la continuità dello sviluppo forestale, che sebbene il suo impulso sia dovuto alla riorganizzazione economica, politica e giuridica determinata dalla dittatura, la continuità di queste politiche e il loro ampliamento è avvenuto grazie ai governi “democratici”. È in questo ambito che l’attività forestale acquisisce un tale sviluppo da trasformarsi nel secondo titolo delle esportazioni –dopo il minerario del rame– ed è nelle esclusive mani dei gruppi economici che dominano questo paese.

Gli investimenti forestali hanno un crescita talmente invasiva, che essendo un buon affare in ambito internazionale, continueranno sempre più ha richiedere maggiore disponibilità di territorio per la loro attività. In questo modo il latifondo si trasforma soprattutto in piantagioni forestali e l’attività agricola viene ridotta in secondo piano. Ragione per cui per il nostro popolo il conflitto principale passa ad essere con le imprese forestali.

La crescita dell’industria forestale in Cile tratteggia chiaramente la compulsiva espansione economica che possiede il capitalismo. Una crescita economica basata sullo sfruttamento delle risorse e dei beni naturali, è la base del Modello economico chiamato primario-esportatore, che spiega l’interesse delle oligarchie “democratiche” nel mantenere il modello forestale. Nonostante ciò, le concessioni forestali non sono esclusivamente sul territorio ancestrale, giacché sono varie le aree e le risorse del processo economico di tipo estrattivista che sono oggetto dell’ambizione dei gruppi economici. Esiste uno smisurato numero di progetti di dighe idroelettriche nella zona della cordigliera delle Ande, altrettanto avviene con i progetti minerari che cominciano a penetrare con forza, richiamandosi alle concessioni sui diritti delle acque, a loro volta associati a queste attività ci sono i progetti delle infrastrutture come le strade e gli aeroporti, i progetti turistici, l’industria del salmone, le discariche dell’industria forestale nella zona costiera.

In questo contesto, una menzione a parte richiede l’attività mineraria, giacché nella regione c’è un processo di investimenti che stanno germogliando e si vuole su grande scala. La sua presenza ha gradualmente cominciato ad irrompere nel territorio Mapuche ancestrale, di fatto già si stanno registrando gravi conflitti associati al possesso della terra con le comunità mapuche. Gli investimenti nel settore minerario da parte del capitale nazionale e transnazionale sono una attività estrattivista per definizione e non serve parlare dei loro effetti sull’ecosistema, sono molti gli studi che fanno riferimento alle gravi conseguenze che sono prodotte dalla devastazione e dal saccheggio che questa attività crea nell’Ambiente Naturale e nella popolazione limitrofa. Senza dubbio l’alto impatto che lo sviluppo di questi investimenti provocherà sarà nei confronti dei più diseredati, fatto che ci tiene in costante allarme.

L’ossessione dello Stato Cileno verso il modello economico di tipo estrattivista ha provocato un’accelerazione degli investimenti nazionali ed internazionali nel Wallmapu storico, che ha acutizzato le contraddizioni con il nostro Popolo, da un lato la riorganizzazione e l’espansione territoriale che continua a mantenere il saccheggio territoriale, negando i nostri diritti al territorio e all’autonomia, e dall’altro la forte opposizione e la resistenza del movimento Mapuche e delle comunità in lotta.

La lunga storia di indiscriminato sfruttamento del nostro territorio ancestrale, così come il permanente deterioramento della nostra realtà socio-economica come Popolo, sono il prodotto del capitalismo. Ancor più grave è prendere coscienza che per riprodursi, il capitale continuerà a richiedere le condizioni per la sua espansione, perché la logica espansiva del capitale di tipo estrattivista è la reale minaccia per il nostro futuro come Popolo Mapuche.

Pertanto, il nostro principale nemico è il capitalismo senza freni, il nostro nemico più diretto è la riproduzione del capitale giacché danneggia tutto ciò che costituisce il mondo Mapuche, colpendo tutti i nostri diritti fondamentali necessari alla riproduzione sociale e culturale del nostro Popolo Nazione. È precisamente con questa prospettiva analitica che come CAM, una organizzazione Mapuche autonomista, siamo andati costruendo un corpo teorico-ideologico per la riproposizione del nostro progetto politico-strategico di liberazione basato sulla resistenza e la ricostruzione della Nazione Mapuche.

Allora, se l’espansione economica capitalista ci ha spogliati del nostro Territorio ancestrale e ci ha in modo violento assoggettati ad uno Stato di Dominio e alla dipendenza dallo Stato Cileno, l’attuale espansione rappresentata dagli investimenti forestali e da altri ci starebbe irrimediabilmente condannando allo sterminio, questo è il vero volto della relazione della dominazione del nostro Popolo, dalla costruzione dello Stato Nazione Cileno fino ad oggi.

È per quanto detto sopra che al nostro Popolo non rimane altro che lottare e resistere. Ragione per cui risulta necessario cercare una maggiore comprensione sulla nostra vera situazione per definire così le linee d’azione contro i veri nemici della causa Mapuche in difesa e per la ricostruzione Nazionale Mapuche, facendo fronte ai processi di destrutturazione materiale e immateriale che il capitalismo ha generato.

È in questo contesto che nella zona la lotta Mapuche deve essere prioritariamente contro la presenza dei gruppi economici, ma specialmente contro chi attualmente è sostenitore del potere di dominio, non dobbiamo confonderci e ancor meno confondere il nostro popolo dirigendo le azioni verso obiettivi irrilevanti, che per nulla cambieranno le strutture di potere nel nostro territorio e che servono solo come “specchietti per le allodole” che ci distolgono dal nostro principale obiettivo.

Pertanto l’azione della CAM, continuerà a collocarsi per creare processi per il territorio e l’autonomia, basati sulla resistenza e la ricostruzione Mapuche. Si tratta senza dubbio di una lotta che cerca di difendere quanto è suo, di recuperare quanto usurpato, mettendo un freno a tanta ingiustizia sofferta, a causa dello sfruttamento e del saccheggio del territorio ancestrale.

È un pensiero e un’azione che fa parte del grande processo della lotta Mapuche e che ha come obiettivo fondamentale quello di creare le basi per la presentazione di una proposta di Liberazione Nazionale Mapuche.

Il capitalista è il vero nemico del popolo mapuche

Per il territorio e l’autonomia della nazione mapuche

Fuori le forestali e gli altri investimenti capitalisti dal Wallmapu

Avanziamo verso la liberazione nazionale mapuche

Resistenza e ricostruzione mapuche

MARRICHIWEU – WEUWAIÑ

 

Héctor Llaitul Carrillanca

Coordinamento Arauco Malleco (CAM)

24/08/2013

 

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Héctor Llaitul Carrillanca, “Habla Hector Llaitul Prisionero político de la CAM: La lucha mapuche debe ser anticapitalista pubblicato il 24-10-2013 in Werken, su [http://www.werken.cl/?p=9695] ultimo accesso 05-11-2013.

 

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