La Minga indigena rifiuta la criminalizzazione della protesta


Agenzie: Circa 40.000 indigeni hanno iniziato martedì in almeno sei dipartimenti della Colombia una minga o mobilitazione per chiedere migliori condizioni di vita e una maggiore partecipazione nella politica del paese, hanno spiegato fonti dell’Organizzazione Nazionale Indigena (ONIC). La protesta si fonda su cinque punti: il diritto ad una consultazione preventiva prima di un progetto nella propria regione, la proposta di sospendere le concessioni minerarie in queste zone, la difesa dei diritti umani nell’ambito del conflitto armato, il rifiuto della politica economica e agraria, e l’autonomia politica, giuridica e amministrativa.

Andrés Monroy Gómez

“Il diritto alla protesta sociale è stato una tradizione storica del movimento indigeno colombiano e uno strumento di rivendicazione dei nostri Diritti come popoli”. Questa affermazione fa parte del comunicato con il quale lo scorso 12 ottobre, l’Organizzazione Nazionale Indigena della Colombia (ONIC) ha dichiarato l’inizio della “Minga indigena, sociale e popolare in difesa della vita, del territorio, dell’autonomia e della sovranità”.

Secondo Luis Fernando Arias, consigliere maggiore dell’ONIC, si calcola che approssimativamente 100.000 indigeni parteciperanno a questa mobilitazione, alla quale insieme alle loro richieste si somma lo scontento di altri settori popolari, come i produttori di caffè, di latte, gli studenti, i produttori di patate,  di panela, i camionisti, gli afrocolombiani e i contadini, tra gli altri.

Per questo, all’annuncio di questa massiccia mobilitazione si sono presentati i rappresentanti del Processo delle Comunità Nere (PCN), il Congresso dei Popoli e il Tavolo Ampio Studentesco Nazionale (MANE), allo stesso tempo in cui si è conosciuto l’appoggio di altri processi come quello delle autorità agropastorali.

Criminalizzazione

Uno dei risultati del passato Sciopero Nazionale Agrario è stato il consolidamento di nuove modalità per rompere il diritto alla protesta sociale. Per vie di fatto e di apparente “diritto”, le forze istituzionali hanno infiltrato, condannato e posto sotto processo centinaia di cittadini.

Cosciente di ciò, il consigliere maggiore dell’ONIC ha comunicato che la guardia indigena ha istruzioni di catturare, senza che importi la fazione da cui provenga, chi vuole delegittimare questa minga attraverso atti estranei alla volontà del collettivo indigeno. È così che hanno pubblicamente respinto “qualsiasi tentativo di infiltrazione, cooptazione e intimidazione da parte degli agenti dello stato e dei gruppi armati illegali”.

È così che insieme alle richieste della minga indigena e sociale, che abbracciano temi come il territorio, lo sfruttamento minerario energetico, i trattati di libero commercio, i diritti umani e l’autonomia e il governo dei popoli originari, c’è una speciale enfasi sull’esigenza del rispetto della protesta e un veemente rifiuto della criminalizzazione.

“La criminalizzazione contro i dirigenti e i membri dei popoli indigeni colpisce in modo significativo i nostri diritti collettivi, l’esercizio dello stesso diritto, o diritto maggiore, e mette a rischio la nostra sopravvivenza come popoli. Questa politica di violazione e repressione viene attuata attraverso discorsi di condanna, segnalazioni, repressioni della polizia, magistratura, processi e leggi che legittimano le loro azioni”.

Per il precedente argomento, il movimento indigeno richiede la riforma dell’Articolo 353 (A) del Codice Penale e il ritiro immediato del Progetto di Legge 091 del 2013, presentato dal Governo Nazionale attraverso il suo ministro della Difesa, e la cessazione di tutte le forme di criminalizzazione. È necessario ricordare che questo progetto di legge penalizza chi durante le proteste blocca le pubbliche vie e chi, inoltre, non permette la propria facile identificazione mediante l’uso di passamontagna, per esempio.

Dopo costanti inadempienze e prepotenze, questa giornata di mobilitazione segna un nuovo capitolo nel battito tra la società civile e il governo. Il paese ha osservato la capacità d’azione del settore contadino. Ora, è il turno di contadini, indigeni e studenti, uniti intorno alla richiesta di una maggiore equità e rispetto per i diritti fondamentali.

14-10-2013

El Turbión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Andrés Monroy Gómez, “Minga indígena rechaza la criminalización de la protesta pubblicato il 14-10-2013 in El Turbión, su [http://elturbion.com/?p=8024] ultimo accesso 17-10-2013.

 

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