In Venezuela avanza il controllo statale sui sindacati


Simón Rodríguez Porras

Ad un  anno dall’approvazione della nuova legge del lavoro.

Lontano dall’essere un avanzamento socialista, il regolamento relativo alla legge del lavoro implica un arretramento in importanti diritti collettivi, come il diritto di sciopero, e aumenta l’intervento dello stato negli affari interni dei sindacati.

Caracas, Venezuela. Il regolamento relativo alla riforma venezuelana del lavoro, approvato dopo un anno dalla promulgazione della legge, comporta pochi avanzamenti per i lavoratori e aumenta il deterioramento delle relazioni tra la classe operaia e il governo venezuelano.

Nel novembre del 2011, il presidente Hugo Chávez annunciò la redazione di una nuova legge del lavoro. Il governo scelse un periodo di interesse elettorale, a 11 mesi dalle elezioni presidenziali del 2012, per affrontare un impegno di quasi 12 anni per l’adeguamento della legislazione del lavoro alla Costituzione del 1999, le cui disposizioni transitorie avevano invece stabilito un mandato della durata di un anno per l’attuazione di questi cambiamenti.

La riforma del lavoro fu intrapresa durante un forte aumento della conflittualità sociale: negli anni 2011 e 2012 fummo testimoni del numero più alto di proteste operaie e popolari di tutto il governo chavista, nel biennio più di 10 mila. Di circa il 40 per cento di queste proteste fu protagonista il movimento operaio. Il combustibile della protesta è un aumento vertiginoso dei passivi lavorativi (pensioni ecc., ndt), il ritardo nella discussione dei contratti collettivi in una economia con altissima inflazione, la lotta contro la terziarizzazione e il lavoro precario, gli ordini di proroga di lavoratori non dipendenti da imprese e istituzioni pubbliche, e un aumento nella criminalizzazione degli scioperi e delle lotte operaie, con casi significativi –come l’arresto del segretario generale del sindacato di Ferrominera del Orinoco, Rubén González, o l’assassinio di due operai della Mitsubishi nella città di Barcelona, nel gennaio del 2009 durante l’assalto della polizia ad uno sciopero. Riguardo a Rubén González, è ancora sottoposto ad un processo per aver guidato uno sciopero nell’agosto del 2009.

Al momento dell’annuncio della riforma del lavoro, i due milioni e mezzo di dipendenti pubblici hanno completato sette anni senza discutere il proprio contratto collettivo; sono stati con contratti scaduti i centomila lavoratori petroliferi, 40 mila lavoratori dell’industria elettrica, 30 mila delle imprese di base del ferro e dell’alluminio della Guayana, così come 10 mila lavoratori dell’industria del cemento.

Non meno importante per il deterioramento delle relazioni del governo con la classe operaia fu l’applicazione di un aggiustamento a partire dal 2009, con una svalutazione monetaria del cento per cento, un aumento dell’Imposta sul Valore Aggiunto di un terzo, passando dal nove per cento al 12 per cento e la liberalizzazione dei prezzi della maggioranza degli alimenti a prezzi regolati, tra le varie misure.

Una riforma del lavoro regolata dai padroni e dal governo

Il governo ha preparato il testo legale nell’ombra. Si è avvalso di una legge speciale approvata nell’ambito delle piogge che nel dicembre del 2010 distrussero migliaia di case, che permise al Presidente di emanare decreti con valore di legge per affrontare l’emergenza. Non è stata diffusa pubblicamente una bozza della legge, per cui il suo contenuto, fino a dopo la sua promulgazione, non si è conosciuto. Nella commissione presidenziale incaricata di redigere la legge c’è stata una chiara maggioranza padronale, formata da funzionari governativi e rappresentanti delle associazioni padronali. L’unico rappresentante sindacale in carica che ha fatto parte della commissione, Wills Rangel, ha anche funzioni padronali nella direzione di Petróleos de Venezuela (Pdvsa). Anche un personaggio come Carlos Sainz Muñoz, che nel 1997 fu consigliere giuridico della Confederazione dei Lavoratori del Venezuela (CTV) nei negoziati per l’elaborazione della Legge Organica del Lavoro –e in tal senso fu corresponsabile di questo attacco perpetrato contro i diritti dei lavoratori–, fece parte della commissione nominata dal presidente Chávez per l’elaborazione della nuova legge.

Il regolamento parziale della legge, approvato dall’Assemblea Nazionale nel maggio del 2013, nemmeno fu discusso con il movimento operaio. I metodi usati per l’elaborazione della riforma furono correlati al suo contenuto regressivo, come vedremo, molto lontano dal presunto carattere socialista che gli ha attribuito la propaganda ufficiale.

Unicamente il settore corporativo del sindacalismo, rappresentato dalla Centrale Bolivariana Socialista dei Lavoratori, ha fatto un’attiva campagna a favore della riforma, ma anche così il governo ha potuto imporre il proprio progetto legale praticamente senza opposizione operaia a causa dell’atomizzazione del movimento sindacale, che non dispone di una centrale rappresentativa. È stata anche funzionale alla campagna governativa la posizione assunta dalla burocrazia sindacale della CTV, che ha difeso la legge del 1997. Solo la Corrente Classista, Unitaria, Rivoluzionaria e Autonoma (C-cura), guidata da Orlando Chirino e José Bodas, ha prospettato la convocazione da parte del movimento operaio di una costituente sindacale per proporre una riforma del lavoro che consacri il rispetto dell’autonomia e della libertà sindacale, abolendo ogni limitazione del diritto di sciopero e stabilendo i meccanismi per l’applicazione del contenuto dell’articolo 91 della Costituzione, che stabilisce che il salario minimo debba essere calcolato prendendo come riferimento fondamentale l’ammontare del paniere base. Attualmente il salario minimo rappresenta approssimativamente la metà dell’ammontare del paniere base ufficiale.

Una truffa ideologica e storica

Promulgando la nuova Legge Organica del Lavoro, delle Lavoratrici e dei Lavoratori (Lottt), è diventato chiaro che, per il suo contenuto, non è passata per essere una riforma della legge del 1997, promulgata sotto il governo socialcristiano e profondamente antioperaio di Rafael Caldera. Questo fatto è stato riconosciuto dagli ex ministri del Cordiplan (l’Ufficio Centrale di Coordinamento e Pianificazione della Presidenza della Repubblica) e del Lavoro, Teodoro Petkoff e María Bernardoni de Govea. In tal senso, non è neppure una legge lontanamente socialista o di transizione al socialismo. È una legge che non abolisce ma regola le relazioni di sfruttamento del lavoro da parte del capitale. Ancor di più, ispirata alla stessa concezione di collaborazione delle classi che anima il progetto nazionalista-borghese del governo, nella redazione della Lottt si prospetta che il lavoro sia un processo sociale che crea una giusta ripartizione della ricchezza; la legge non punta a modificare i meccanismi capitalisti essenziali, che il lavoro smetta di essere una mercanzia, né a liquidare, pertanto, lo sfruttamento dei lavoratori e a superare la distribuzione ingiusta della ricchezza.

Sono stati ratificati gli aspetti centrali della legge del 1997, incluso il regime di prestazioni sociali. Una delle promesse centrali di Chávez nella campagna presidenziale del 1998 fu di abolire la riforma del regime di prestazioni sociali, istituito da Caldera nei suoi ultimi mesi di governo, e ripristinare la retroattività delle prestazioni, in altre parole, che il pagamento delle indennità di anzianità e di cessazione torni ad essere calcolato secondo l’ultimo salario percepito, una misura di protezione dei redditi dei lavoratori in un paese con una altissima inflazione. Suddetta intenzione la raccoglie la Costituzione del 1999. Nonostante ciò, la riforma del 2012, tradendo l’intenzione del costituente, nè ha eliminato il sistema di calcolo istituito nel 1997 né ha ripristinato il sistema precedente al 1997. Al contrario, ha ratificato il sistema del 1997 e ha introdotto una nuova variante di calcolo, che favorisce leggermente il lavoratore quando il rapporto di lavoro dura più di un decennio.

È stata abbandonata la riduzione della giornata lavorativa a 36 ore settimanali, proposta nel fallito tentativo di riforma costituzionale del 2007, e si è finiti con l’introdurre nella Lottt una giornata di 8 ore giornaliere e una settimana lavorativa di 40 ore, che in pratica favorisce unicamente i settori lavorativi con condizioni di lavoro più precarie, come i vigilanti notturni.

L’associazione padronale Fedecámaras, che nel 2002 guidò il colpo di stato e varie serrate padronali, non si è messa in allarme per il contenuto della legge, mentre le associazioni di imprenditori colpiti dal governo, come Fedeindustria, hanno applaudio il suo contenuto. Ora vedremo perché.

Arretramenti in materia di libertà sindacale

La Lottt ha comportato un arretramento per quanto riguarda importanti diritti collettivi, come il diritto di sciopero, ed è aumentato l’intervento dello stato negli affari interni dei sindacati. Con l’obiettivo di aumentare l’ingerenza negli affari sindacali, sono ampliate le prerogative del Ministero del Lavoro per il riconoscimento di una organizzazione sindacale, viene creato il Registro Nazionale delle Organizzazioni Sindacali, e i sindacati sono obbligati a far conoscere alle autorità l’identità di tutti i propri affiliati, sono regolati nel dettaglio i requisiti che il regolamento statutario dei sindacati deve rispettare, così come le procedure per l’adempimento delle elezioni sindacali.

Mentre proliferano le dichiarazioni di imprese statali come zone militari di sicurezza in cui è proibito fare blocchi o proteste (oltre al fatto che leggi specifiche, come la Legge Organica sulla Sovranità e Sicurezza Alimentare o la cosiddetta legge antiterrorismo, impongono restrizioni all’esercizio del diritto di sciopero), la Lottt elimina la garanzia stabilita nella legge del 1997, secondo la quale l’atto di occupare una impresa nell’ambito di uno sciopero non viola la legge.

Nel suo articolo 375, la Lottt assegna ai sindacati la funzione di protezione del processo lavorativo, allontanando le organizzazioni operaie dal loro vero obiettivo che è la difesa dei diritti dei salariati. In ultima istanza, da una prospettiva rivoluzionaria, le organizzazioni dei lavoratori hanno la missione storica di sovvertire le relazioni di produzione capitalista, per sua natura sfruttatrice e antidemocratica, mai di “proteggerle”, nemmeno il processo produttivo in cui si sviluppano.

Con la nuova legislazione alcuni diritti individuali dei lavoratori migliorano. Il permesso pre e post maternità aumenta a sei mesi, l’inamovibilità dopo il parto per i padri e le madri si estende a due anni, e il buono di fine anno riguardo gli utili sale da un minimo da quindi giorni a trenta giorni. Praticamente si tratta di conquiste che sono già ampiamente superate in tutti i contratti collettivi di lavoro, ma certamente beneficiano un numero importante di lavoratori. Sono anche introdotte limitazioni e misure di coercizione contro i lock out padronali, così come sanzioni penali per alcune violazioni dei diritti dei lavoratori. Ma nell’insieme, l’intento politico che anima la riforma del lavoro è di aumentare il controllo statale sul movimento operaio.

Le lotte continuano

L’attuazione dei diritti dei lavoratori, la difesa delle conquiste ottenute e l’ampliamento di questi diritti dipendono dal grado di organizzazione e mobilitazione dei lavoratori come classe. Gli articoli della legislazione che si riferiscono alla proibizione della terziarizzazione, per esempio, sono sistematicamente violati dai padroni, tanto nel settore pubblico come nel privato. La possibilità di sconfiggere le pratiche sfruttatrici, legali e illegali, e di procedere verso un regime sociale in cui il lavoro sia effettivamente un processo sociale che garantisca una giusta distribuzione e si avvalga della ricchezza creata collettivamente, è legato al superamento degli storici problemi della classe lavoratrice venezuelana, alla costruzione di una sua unità organica e all’emergere di una dirigenza sindacale democratica e pienamente autonoma rispetto allo stato e agli imprenditori. Il processo di mobilitazione che attualmente portano avanti migliaia di lavoratori lungo tutto il paese, anche in modo isolato, offre una grande opportunità per avanzare in questo senso.                                                    

*L’autore è coordinatore della pagina web www.laclase.info

Pubblicato il 07 ottobre 2013

Desinformémonos

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Simón Rodríguez Porras, Avanza el control estatal sobre los sindicatos en Venezuela pubblicato il 07-10-2013 in Desinformémonos, su [http://desinformemonos.org/2013/10/avanza-el-control-estatal-sobre-los-sindicatos-en-venezuela/] ultimo accesso 09-10-2013.

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