Offensiva imperialista in grande scala: non è solo contro il Venezuela, penetrano nel continente


Carlos Aznárez

L’ambiente latinoamericano si sta raffreddando. Ci sono segnali molto chiari che l’Impero ha deciso di portare avanti in profondità una controffensiva. Tanto che lo stesso segretario di stato statunitense John Kerry è tornato a dissotterrare un concetto che negli ultimi anni sembrava dimenticato. In occasione del suo discorso di fronte al Comitato per gli Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti degli USA, si è espresso senza molti impedimenti: “L’America Latina è il nostro cortile sul retro (…)in modo vigoroso dobbiamo avvicinarci”.

Precisamente si tratta di ciò che sta avvenendo: della forza con cui si stanno “avvicinando”, tentando di approfittare di qualcosa che forse loro stessi hanno provocato (tutto sta per essere controllato e indagato), come è la morte del Comandante Hugo Chávez.

Il Venezuela continua ad essere il piatto forte del loro vorace appetito, ma nel frattempo stanno creando nei dintorni situazioni che non possono né devono passare inosservate.

Per esempio, c’è la ricostituzione di una coalizione che punta a portare un’altra volta alla superficie una specie di quell’ALCA sconfitta nel 2005 a Mar del Plata dalla dignità latinoamericana e caraibica. Ora la chiamano Alleanza del Pacifico, e ai suoi soci fondatori (Messico, Cile, Colombia e Perù) si aggiungerà molto presto la Costa Rica, mentre fanno la coda, ansiosi di salire sulla barca, una dozzina di paesi tra i quali appunto ci sono alcuni che fino a ieri dicevano di stare dal lato giusto della strada, come sono Uruguay ed El Salvador. Questi ultimi, paesi che, nonostante ciò, avevano già sottoscritto accordi economici e militari bilaterali con Washington.

Senza dubbio, l’Alleanza del Pacifico sarà la portaerei da cui si cercherà di attaccare duramente l’ALBA, ma anche l’UNASUR e la CELAC.

Di fatto, uno dei suoi figli prodighi, il presidente cileno Sebastián Piñera, recentemente coccolato fino alla sazietà dal suo protettore Obama, è appena sbarcato in Salvador per mettere in pratica un accordo “strategico” bilaterale che sarà usato come modello per le future operazioni.

D’altro lato, c’è l’avanzata compiuta dal sionismo per istituzionalizzare ciò che già era una pratica costante. L’ambasciatrice israeliana in Argentina, Dorit Shavit, ha appena fatto un passo decisivo in materia di ingerenza sui temi del continente, firmando con il presidente di destra paraguayano Horacio Cartes un accordo di cooperazione in materia di sicurezza, educazione e gestione dell’acqua.

Ciò, in modo che tutti comprendano, significa che in questa maniera il Mossad israeliano sancisce qualcosa che già stava facendo da tempo: mandare  consiglieri presso le forze di polizia e militari paraguayane “nella loro lotta contro la sovversione”. Per questo, all’inizio dell’anno, esperti in sicurezza provenienti dal Mossad, che lavorano per il presidente eletto, Cartes, hanno già effettuato un viaggio attraverso i dipartimenti di San Pedro, Concepción e Amambay.

L’obiettivo degli specialisti è stato di “perlustrare e studiare” le zone considerate come le più conflittuali del paese riguardo la sicurezza e dove operano le guerriglie dell’Esercito del Popolo Paraguayano (EPP).

A tutto ciò bisogna aggiungere la recente aspirazione espressa dal presidente colombiano Juan Manuel Santos di avvicinare il proprio paese alla NATO, un dettaglio che sorge senza dubbio dalla precisa raccomandazione formulata dal vicepresidente statunitense Joe Biden durante la sua visita a Bogotà per “stringere relazioni con un alleato fondamentale della nostra politica estera”, secondo quanto ha chiarito.

Santos non è uno arrivato recentemente alla politica e, pertanto, non ignora l’effetto che il suo desiderio di appartenere alla famiglia della NATO avrebbe creato nel continente. Per il momento, ha aiutato a mettere tra parentesi le conversazioni per la ricerca della pace, che porta avanti all’Avana con le FARC. Logicamente, nessuno con del buon senso, può sentirsi sicuro né immaginare scene di pace quando il maggior esercito del continente (e il più aggressivo) non solo continua a ricevere milioni di dollari per aumentare il proprio equipaggiamento, ma fa anche coincidere questa iniziativa con il desiderio di unirsi all’organizzazione internazionale che più pratica il terrorismo di stato nel mondo.

Il Venezuela assediato all’interno e all’esterno

In questo ambito così complesso e pericoloso che offre la realtà continentale, il processo rivoluzionario bolivariano continua a sforzarsi ad andare avanti, mantenendo fede alle politiche delineate dal Comandante Chávez e ora difese con dignità e coraggio da Nicolás Maduro.

Nonostante ciò, non è un mistero per nessuno che la lotta contro chi all’interno avversa la Rivoluzione si fa sempre più cruenta. Si tratta di un nemico che, come direbbe il suo referente elettorale, Henrique Capriles, è disposto ad applicare tutte le formule, incluse quelle più violente (lì sono i 14 chavisti morti negli ultimi mesi) per esprimere il suo non riconoscimento dei risultati elettorali che hanno consacrato la vittoria bolivariana. Capriles, che molto presto sarà ricevuto dal Papa Francesco (nulla è casuale nei tempi in cui viviamo), è il principale responsabile della criminale offensiva interna che non ha dubbi nell’assassinare i suoi propri compatrioti.

A questa opposizione dai tratti tipicamente fascisti non bastano il sabotaggio elettrico, o le manovre per la penuria di rifornimenti, ambedue già tenuti sotto controllo con le decisioni del governo. Nel suo desiderio di immaginare una situazione di maggiore conflittualità, sono giunti a fare appello ai loro complici internazionali per acquistare negli USA, così come ha denunciato l’ex vicepresidente José Vicente Rangel, 18 aerei da guerra che sono stati installati in una base nordamericana in Colombia. Questo annuncio, torna a coincidere con una nuova cattura a Táchira e Portuguesa, di nuclei di paramilitari, che con obiettivi di guerra, erano entrati nel Venezuela dalla Colombia.

Da parte loro, i seguaci di Capriles, continuano a visitare “amici” e “alleati” che hanno nei paesi dove generalmente governa la destra, cercando di costruire, con menzogne ed esagerazioni, l’idea che l’attuale governo venezuelano sia “illegittimo” e abbia perso l’appoggio.

Il piano cospirativo interno si scontra, nonostante ciò, con qualcosa che la destra non può modificare. Nicolás Maduro, come “figlio di Chávez”, così come lo riconosce il suo popolo, non ha perso nemmeno un istante, e dal momento in cui ha assunto l’incarico sta dando battaglia su tutti i fronti. Rivolgendosi in modo diretto a chi lo ha votato, ma cercando a sua volta di estendere la propria influenza su chi non lo ha fatto. Il processo di rafforzare le Comuni, di ampliare e rafforzare le Missioni, di intensificare la formazione e schierare le milizie popolari, e a sua volta di avanzare decisamente nelle mete fissate dal Programma della Patria, in ciò che riguarda la politica estera (rafforzamento dell’ALBA, creazione del Banco del Sur, maggiore attenzione nelle relazioni nell’UNASUR), per ora neutralizza qualsiasi tentativo di destabilizzazione interna. Ancor di più se si tiene conto che i comandanti militari sono fermamente allineati con il loro nuovo comandante in capo.

Per questo, il maggiore dei pericoli continua a stare nelle vicinanze. Da un lato, nelle incursioni dell’Impero (più basi militari e “umanitarie”, più aiuti economici ai paesi subordinati e cooptazione di altri che si trovano indecisi), e dall’altro lato, c’è la costante aggressività di questo vicino che appena ieri aveva le funzioni di ministro della Difesa di Alvaro Uribe e comandava le operazioni di sterminio contro i guerriglieri e i contadini colombiani. Lo stesso uomo che ha dato l’ordine di invadere l’Ecuador e di bombardare impunemente l’accampamento di Raúl Reyes, giusto quando c’era la possibilità di incontri come quelli che ora sono portati avanti all’Avana. Questo stesso personaggio, che ora, dalla sua onnipotenza, vuole dare una maggiore  dimostrazione di “leadership” all’interno della destra continentale, unendosi a chi ha raso al suolo Belgrado, l’Irak e la Libia con le sue bombe all’uranio impoverito e ora si dà da fare per entrare in Siria. Santos, vi ricordate, amico di Joe Biden e protettore di Pedro Carmona, l’abbattuto golpista venezuelano.

11-6-2013

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Carlos Aznárez, “Ofensiva imperialista a gran escala: No es solo con Venezuela, vienen por el continentepubblicato il 05-06-2013 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=169541] ultimo accesso 11-06-2013.

 

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