Storica prova di forza dei lavoratori minerari in Cile


La giornata di sciopero di martedì scorso è stata considerata un completo successo: sciopero quasi totale nella statale Codelco e il 90% di adesione nel settore minerario privato.

In una storica giornata decine di migliaia di lavoratori minerari hanno paralizzato in Cile le attività nei giacimenti di petrolio con una prova di forza sostenuta dalla Federazione dei Lavoratori del Rame (FTC) e dalla Federazione Mineraria del Cile (FMC), che insieme rappresentano più di 25 mila lavoratori. Le richieste dei lavoratori hanno insistito su l’esigenza di migliori standard di sicurezza e una nuova politica mineraria nazionale.

Lo sciopero di 24 ore ha coinvolto le miniere della Corporazione Nazionale del Rame (Codelco) e del settore privato, ha affermato il portavoce della FTC, Jorge Vargas. Rispetto alle condizioni di lavoro, la prova di forza è stata convocata per l’esigenza di una maggiore stabilità lavorativa dei lavoratori dei subappalti, per miglioramenti nelle pensioni e agevolazioni sanitarie.

La FTC ha anche denunciato un processo di privatizzazione coperto con il quale la Codelco trasferisce funzioni a compagnie contrattiste, per cui hanno richiesto trasformazioni strutturali nella politica mineraria nazionale dopo la rinazionalizzazione.

“Chiediamo una nuova politica mineraria nazionale di Rinazionalizzazione, che riconsegni il RAME e il LITIO al Cile, fondendo e raffinando le nostre risorse naturali nel nostro stesso paese. Tutto questo a beneficio dello sviluppo nazionale e del finanziamento delle necessità della grande maggioranza della popolazione nazionale, che sono: educazione gratuita e di qualità, accesso tempestivo e di qualità alle prestazioni sanitarie nel sistema pubblico, e pensioni giuste e degne per tutti i lavoratori e le lavoratrici del nostro paese”, hanno dichiarato in un comunicato le confederazioni.

Il presidente della FTC, Raimundo Espinoza, ha precisato che “il cento per cento della Codelco è paralizzato, tutte le divisioni hanno risposto, speriamo che l’impresa intenda che qui non stiamo per sport e continueremo a mobilitarci se non ci ascoltano”.

A sua volta, il presidente della Federazione Mineraria del Cile (FMC), Gustavo Tapia, ha evidenziato che la misura ha avuto il 90 per cento di adesione dei sindacati dei lavoratori delle miniere private. Sulle voci che circolavano in Cile, che i lavoratori minerari del settore privato non avrebbero partecipato alla mobilitazione, Tapia ha spiegato che “da Arica fino a Santiago i sindacati base della Federazione Mineraria del Cile sono riusciti a paralizzare e a ritardare la produzione delle grandi transnazionali, essendoci stato un grande appoggio dei lavoratori di tutti i posti di lavoro con blocchi delle strade e varie manifestazioni di adesione”.

Il presidente della FMC ha sostenuto che lo sciopero è stato “motivato da rivendicazioni trasversali a tutti i lavoratori cileni, come una riforma del Codice del Lavoro, l’obiettivo del sistema delle pensioni e la rinazionalizzazione del rame a favore dell’educazione e della sanità gratuita e di qualità per tutti i cileni”. A sua volta, ha respinto la controffensiva di discredito contro i lavoratori lanciata dalle imprese.

La prova di forza ha avuto l’appoggio di altri sindacati dei lavoratori, come per esempio la Confederazione dei Sindacati dei Lavoratori Bancari e Affini che hanno dichiarato che “le richieste dei lavoratori minerari sono esigenze centrali e comuni di tutti i lavoratori del Cile, necessarie per mettere fine al modello economico e sociale imposto dalla dittatura e consolidato dai successivi governi civili, che ha permesso che la ricchezza si accumulasse in modo vergognoso in pochi gruppi economici e in imprese transnazionali che portano i profitti all’estero, recuperando rapidamente l’investimento”.

Da parte del governo cileno è stato fatto un appello al dialogo preoccupati per le perdite economiche a causa dello sciopero. “Qualsiasi mobilitazione, per quanto grande o piccola sia, fa sì che il Cile non avanzi e questo si traduce in costi che al fine paghiamo tutti noi cileni. Speriamo che si siedano a dialogare per trovare delle soluzioni alle loro richieste”, ha comunicato il ministro delle Miniere, Hernán de Solminihac. Il titolare del portafoglio ha stimato in 43 milioni di dollari le perdite per le prove di forza.

A sua volta, il governo si è scontrato con la paralizzazione dell’attività mineraria pochi giorni dopo che i lavoratori portuali avevano messo fine ad una lunga mobilitazione che ha messo sotto scacco la movimentazione nei moli cileni. “È molto importante riconoscere che è molto difficile costruire un paese ed è molto facile distrurre un paese e io, come presidente di tutti i cileni, voglio dare un avvertimento e manifestare la mia preoccupazione per ciò che stiamo vedendo negli ultimi giorni, per esempio lo sciopero dei porti del Cile ha causato un tremendo danno alla nostra economia e alla nostra creazione di lavoro e lavoratori”, aveva dichiarato giorni dopo il presidente del Cile Sebastián Piñera.

Unità dei lavoratori e degli studenti

La CTC ha annunciato che marceranno insieme agli studenti nella mobilitazione convocata dalla Confederazione degli Studenti del Cile (Confech) per giovedì 11 aprile. Il corteo riunisce settori dell’educazione secondaria e universitaria riguardo all’esigenza di una educazione pubblica, gratuita e di qualità.

La rivendicazione si inquadra nella storica lotta contro l’attuale sistema educativo del Cile che dà la priorità alla privatizzazione e garantisce il suo sviluppo in base all’esclusione dell’accesso e della permanenza. Il governo capeggiato dal presidente Sebastián Piñera ha da due anni sistematicamente respinto le proteste e represso le mobilitazioni, quando il settore studentesco si organizzò in difesa dei propri diritti.

10/4/2013

PIA Noticias

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
“Histórica medida de fuerza de trabajadores mineros en Chilepubblicato il 10-03-2013 inPIA Noticias, su [http://www.lahaine.org/index.php?p=68449] ultimo accesso 15-04-2013.

 

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