Una vena aperta in Brasile


Felipe Deslarmes

“Terra senza uomini, uomini senza terra: i maggiori latifondi danno occupazione, e non per tutto l’anno, ad appena due persone ogni mille ettari. Negli accampamenti, al confine con le tenute agricole, si ammassano, miserabili, le riserve sempre disponibili di mano d’opera”, così nel 1971Eduardo Galeano ha descritto nella prima edizione di Le vene aperte dell’America Latina.

In Brasile, secondo il censimento del 2010, vivono 190.732.694 abitanti. Quattro milioni di famiglie povere ricevono per non morire di fame la Borsa Famiglia (un programma di aiuto economico del Ministero dello Sviluppo Sociale).

Anche se un 4,9% di disoccupazione sarebbe un buon dato per molte economie locali, in questa nazione rivela l’esistenza di milioni di persone senza lavoro.

Secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite, il 50% delle terre coltivabili in Brasile sono in mano dell’ 1% della popolazione.

Ordine e progresso. Nel suo libro Senza terra. Per costruire un Movimento Sociale, la sociologa cilena Marta Harnecker rilegge la storia del Movimento dei Senza Terra (MST), che sorge come confluenza di tre grandi movimenti contadini che lottavano per la terra e chiedevano una riforma agraria: le Leghe Contadine, le Ultabs e il Master.

Lì, osserva che le Leghe Contadine si formarono  verso il 1945 appoggiate dal Partito Comunista Brasiliano (PCB) e riunivano contadini proprietari, coloni, occupanti e mezzadri che resistevano all’espulsione dalle proprie terre e al regime salariale. Furono perseguitati e repressi, dichiarati illegali, anni dopo risorsero e una parte organizzò gruppi guerriglieri. Ma la dittatura del ’64 incarcerò i lavoratori e disperse i gruppi.

D’altra parte, le Ultabs (sigle che corrispondono all’Unione di Agricoltori e Lavoratori Agricoli) sono una associazione di contadini che il PCB formò nel 1954.

Durante quegli anni, anche la Chiesa intervenne e mentre l’ala conservatrice organizzava il Servizio di Assistenza Rurale fondando sindacati, la parte progressista fondava il Movimento per l’Educazione di Base (dove l’educatore Paulo Freire partecipò all’alfabetizzazione e alla formazione politica dei contadini).

 Il terzo, il Movimento degli Agricoltori Senza Terra (Master), si forma alla fine del decennio dei ‘50, dopo la resistenza all’allontanamento di 300 famiglie di occupanti di terre. Qui, a partire dal 1962, appare per la prima volta l’organizzazione degli accampamenti vicini ai latifondi. Anche loro furono perseguitati e disarticolati con il colpo militare che due anni più tardi li avrebbe violentemente repressi con il pretesto di cercare di bandire ogni “minaccia comunista”, ma nascondevano il lancio di un progetto agro-esportatore sollecitato dalle multinazionali.

Una fase che sarebbe risultata nefasta per le famiglie di origine contadina che, bene, o migravano verso le grandi città, dove era iniziato un processo di industrializzazione, o verso zone di colonizzazione agricola.

Ma la base sociale che avrebbe gettato le fondamenta del MST si forma a metà del decennio dei ‘70, quando era aumentata la concentrazione della proprietà della terra e il numero di lavoratori rurali senza accesso a quella.

Con il tempo, la dittatura si debilitava, i contadini andavano perdendo la paura e sorgeva un sindacalismo rurale combattivo. Con i primi segni di crisi industriale, verso la fine del decennio dei ‘70 rimanevano senza lavoro i contadini che si erano trasferiti nelle città. E, allo stesso tempo, quelli che erano emigrati nelle zone di colonizzazione resistevano agli sgomberi violenti (che terminavano con morti e incendi di piantagioni e abitazioni).

Così, tra il 20 e il 22 di gennaio 1984 fu fatto il Primo Incontro Nazionale dei Lavoratori Senza Terra, data di fondazione del MST, già presentato come un movimento di massa che lotta per la terra e per la riforma agraria, lontano dal sindacalismo e dalla Chiesa.

Da allora, con una organizzazione assembleare, è andato occupando milioni di ettari, creando insediamenti con scuole e assistenza medica. In questo modo, hanno appreso che non bastava la parola d’ordine “La terra a chi la lavora”, perché se non si realizzano le condizioni per permettono di lavorarla (macchine, sementi, crediti e canali di commercializzazione) finisce venduta ad un vile prezzo.

Occupare, resistere, produrre. Fino al 1989, i governi hanno cercato in vari modi di fare pressione su di loro affinché lasciassero le proprie terre: dalle campagne che confutavano la legittimità del MST, fino all’offerta di terre sabbiose dove non c’era acqua, o con l’installazione di assedi, circondandoli ed impedendo l’ingresso e l’uscita. Fu una fase di crescita dell’organizzazione, dove venivano impartiti contenuti politici e tecnici.

L’arrivo al governo di Pedro Collor de Mello, nel 1990, avrebbe fatto cadere le aspettative di una riforma agraria. Una delle sue prime azioni fu di reprimere il MST.

Organizzando, all’esterno e all’interno, gli insediamenti e gli accampamenti in commissioni (di base, statali, municipali, rurali, ecc.), il MST realizza un Congresso Nazionale ogni cinque anni e riunioni annuali.

L’attuale principale referente del MST, Joao Pedro Stédile, ha chiuso il Forum Sociale mondiale “Un altro mondo è possibile”, che nel 2001 è stato fatto a Porto Alegre, evidenziando: “Abbiamo appreso attraverso le esperienze di altri movimenti contadini dell’America Latina e del Brasile, che nonostante fossero stati sconfitti ci hanno lasciato una eredità storica di conoscenze accumulate, e dalle esperienze della stessa classe lavoratrice nel suo scontro con il capitalismo (…) Abbiamo appreso a emozionare con la musica latinoamericana (…), con i nostri antenati e con i militanti con più esperienza (…) E abbiamo appreso a sviluppare un movimento di massa che avesse autonomia nelle relazioni con le altre organizzazioni e, allo stesso tempo, rispetto per tutte quelle (…)”.

Forse per questo, nonostante che il Movimento Senza terra abbia stabilito strette relazioni con il Partito dei Lavoratori (PT) ed abbia appoggiato la candidatura di Lula, ha mantenuto le distanze con il governo. E anche se Stédile indicava che con il governo di Lula “fosse possibile avanzare verso la riforma agraria”, il MST organizzava centinaia di accampamenti (si parlava di 200 mila famiglie, un milione di persone), accampate al lato delle tenute agricole. Dal MST si critica che Luiz Inácio Lula da Silva non abbia mantenuto la promessa della campagna elettorale, di insediare 400.000 famiglie. Nonostante ciò,e  nel 2005 decisero di appoggiare la sua rielezione.

Da adesso e da là. A livello internazionale, il MST mantiene relazioni con diverse organizzazioni contadine dell’America Latina. In una conversazione con Miradas al Sur, Diego Montón, membro della commissione politica dell’Assemblea Continentale del Coordinamento Latinoamericano delle Organizzazioni del Campo (CLOC-Vía Campesina) ha rivelato che “una delle prime disillusioni nei riguardi del governo di Lula è stato il fatto che le alleanze che il PT dovette fare per giungere al potere condizionarono ogni possibile riforma agraria. Ma comprendono che da quando Dilma ha assunto il potere, questa possibilità si è apertamente congelata perché il suo sviluppo rurale è andato verso gli agro-negozi e, socialmente, nel consolidamento degli insediamenti già fondati”.

In una nota pubblicata il 7 gennaio scorso nel settimanale brasiliano Carta Capital, Stédile denuncia il dilemma della riforma agraria nel Brasile dell’agro-negozio. Richiede misure urgenti e rivela: “Ci sono circa 150.000 famiglie di lavoratori senza terra che vivono sotto teloni neri, accampati, che lottano per un diritto che è nella Costituzione, di avere delle terre da lavorare (…) Nel nordest ci sono più di 200 mila ettari predisposti con progetti di irrigazione con milioni di  fondi pubblici, che il governo offre solo agli impresari del Sud per produrre per l’esportazione (…) l’ 85% delle migliori terre del Brasile sono utilizzate solo per soia/mais, pascoli e canna da zucchero. Solo il 10% dei proprietari terrieri, gli agricoltori che possiedono aree al di sopra di 500 ettari, controllano l’ 85% del valore della produzione agricola, senza nessun valore aggiunto, per l’esportazione”.

Propone l’agro-ecologia contro l’agro-negozio, che qualifica come socialmente ingiusto, “perché crea disoccupazione, rimpiazzando lavoratori con macchine e veleni” e allo stesso tempo rende il paese dipendente: dall’importazione di fertilizzanti, dal capitale finanziario, dai gruppi stranieri che controllano le sementi, i beni per la produzione agricola, i prezzi, la commercializzazione e che ottengono la maggior parte dei profitti della produzione agricola.

Per Diego Montón, il MST è uno dei due punti di cambiamento, sorti in mezzo all’espansione del neoliberismo, che ha creato questa nuova fase dell’attuale processo latinoamericano: “Insieme al Movimento Zapatista sono stati la boccata d’aria che ha permesso che si formassero nuovi scenari”, afferma.

14-01-2013

Miradas al Sur

Anno 6. Edizione numero 243. Domenica 13 gennaio 2013

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
Felipe Deslarmes, “Una vena abierta en Brasilpubblicato il 14-01-2013 in Miradas al Sur, su [http://sur.infonews.com/notas/una-vena-abierta-en-brasil] ultimo accesso 22-01-2013.

 

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