Il dilemma della riforma agraria nell’agroindustria del Brasile


Joao Pedro Stedile

Il Governo “progressista” è accecato dal successo lordo delle esportazioni dell’agroindustria, che non hanno nulla a che vedere con un progetto nazionale.

Nel campo la società brasiliana si scontra con problemi di varia natura che richiedono soluzioni specifiche. Abbiamo gravi problemi e situazioni di emergenza che richiedono una azione urgente. Ci sono circa 150.000 famiglie contadine senza terra che vivono sotto i teloni, accampate, che lottano per un diritto che è nella Costituzione come avere una terra da lavorare. Per risolvere questo problema, il governo deve fare un vero sforzo congiunto delle distinte istituzioni e insediare le famiglie in terre che in tutto il paese ci sono in abbondanza. Bisogna ricordare che il Brasile utilizza per l’agricoltura solo il 10% della sua superficie totale.

Lì, nel nordest, ci sono più di 200 mila ettari che sono predisposti per progetti di irrigazione, con milioni di fondi pubblici, ma che il Governo offre solo agli impresari del Sud per produrre per l’esportazione. Ora, la presidente durante il Foro Sociale Mondiale (FSM) di Porto Alegre, il 25 gennaio 2012, si è impegnata a dare la priorità in questi progetti alla soluzione dei senza terra. Allora sarebbe possibile insediare più di 100 mila famiglie in lotti irrigui di 2 ettari a famiglia.

Abbiamo più di 4 milioni di famiglie rurali povere che ricevono per non morire di fame la Borsa Famiglia. Fare questo è necessario, ma è un paliativo e dovrebbe essere temporaneo. L’unico modo per uscire dalla povertà è permettere il lavoro nell’agricoltura e nelle attività associate, che un vasto programma di riforme dovrebbe consentire. Perché né le città né l’agroindustria procureranno un lavoro decente a queste persone.

Abbiamo milioni di lavoratori rurali, salariati, esposti ad ogni tipo di sfruttamento, dal lavoro semi-schiavistico all’esposizione irresponsabile ai veleni che il caporale ordina di usare, ed è necessario l’intervento del governo per creare delle condizioni adeguate di lavoro, di reddito e di vita. Inclusa la garanzia della libertà di organizzazione sindacale.

Nelle zone egemonizzate dal modello agroindustriale la struttura della proprietà della terra, della produzione e del reddito della società brasiliana sta creando per il futuro problemi strutturali molto gravi. Basta considerare quanto segue: l’ 85% di tutta la terra del Brasile è utilizzata solo per la soia/mais, per il pascolo e la canna da zucchero. Solo il 10% dei proprietari, possidenti che contano su aree superiori ai 500 ettari, controllano l’ 85% del valore totale della produzione agricola, destinata, senza nessun valore aggiunto, all’esportazione. L’agroindustria ha reso di nuovo primaria l’economia brasiliana. Siamo produttori di materie prime, che sono vendute e di cui si appropriano circa 50 multinazionali che controllano i prezzi, il tasso di profitto e il mercato mondiale. Se i possidenti avessero coscienza di classe, si renderebbero conto che anche loro sono mere marionette delle compagnie multinazionali.

La forma di produzione imposta dal modello agroindustriale è socialmente ingiusta, giacché ogni anno ci sono più persone disoccupate che sono rimpiazzate da macchine e veleni. È economicamente impercorribile, perché ogni anno dipende dalle importazioni, prendete nota, di 23 milioni di tonnellate di fertilizzanti chimici provenienti da Cina, Uzbekistan, Ucraina, ecc.. È totalmente dipendente dal capitale finanziario, che deve concedere annualmente 120 milioni di dollari affinché  possa piantare. E subordinato ai gruppi stranieri che controllano le sementi, concimi agricoli, i prezzi, i mercati e che rimangono con la maggior parte dei profitti della produzione agricola. Questa dipendenza crea distorsioni di ogni tipo: nel 2012 è mancato il mais nel Nordest e ai pollicoltori, ma Cargill, che controlla il mercato, ha esportato 2 milioni di tonnellate di mais dal Brasile agli Stati Uniti. E il governo deve aver letto i quotidiani, come io. D’altra parte, importiamo fagioli neri dalla Cina, per mantenere le nostre abitudini alimentari.

Questo modello è insostenibile per l’ambiente, giacché i sistemi di monocoltura distruggono tutta la biodiversità esistente nella natura usando in modo irresponsabile pesticidi. E questo sconvolge l’ecosistema, avvelena il suolo, l’acqua, la pioggia e gli alimenti. Il risultato è che il Brasile rappresenta solo il 5% della produzione agricola mondiale, ma consuma il 20% di tutti i veleni del mondo. L’Istituto Nazionale del Cancro (INCA), ha rivelato che ogni anno ci sono 400.000 nuovi casi di cancro, la maggior parte provocati dalla contaminazione degli alimenti. E il 40% di loro morirà. Questo è il pedaggio che le multinazionali agroalimentari stanno riscuotendo da tutti i brasiliani! E attenzione: il cancro può colpire qualsiasi persona, indipendentemente dalla sua posizione e dal conto bancario.

Una politica di riforma agraria non è solo una semplice distribuzione della terra ai poveri. Questo si può fare in casi di emergenza per risolvere i problemi sociali locali. Ma al governo nemmeno interessa. Nell’attuale fase del capitalismo, la riforma agraria è la costruzione di un nuovo modello produttivo per l’agricoltura brasiliana: a partire dalla necessaria democratizzazione della proprietà della terra e dalla riorganizzazione della produzione agricola con altri parametri. Nell’agosto del 2012, si sono riuniti 33 movimenti sociali attivi nel campo, da Contag, che è il più antico, passando per il MST, Via Campesina, il movimento dei pescatori, dei quilomberi (comunità di schiavi africani in Brasile, n.d.t.), ecc., e abbiamo costruito una piattaforma di proposte unitarie per il cambiamento. È necessario che l’agricoltura sia riorganizzata per produre in primo luogo alimenti salubri per il mercato interno e per tutta la popolazione. È necessaria e possibile, la creazione di politiche pubbliche che garantizzino in ciascun bioma lo sviluppo di una agricoltura diversificata, producendo con tecniche agroecologiche. E il governo deve garantire l’acquisto di questa produzione attraverso la Conab.

Bisogna trasformare la Conab in una grande impresa pubblica di approvigionamento, che garantizzi un mercato per i piccoli agricoltori e distribuisca nel paese a prezzi controllati. Oggi contiamo su programmi embrionali come il PAA (acquisto anticipato) e il 30% dei cibi scolastici sono comprati obbligatoriamente dagli agricoltori locali. Ma per il momento coinvolge solo circa 300 mila piccoli agricoltori, molto lontano dai 4 milioni che ci sono attualmente.

Il governo deve investire più risorse in ricerca agricola per l’alimentazione e non solo essere al servizio delle multinazionali, come sta facendo l’Embrapa, che destina solo il 10% della ricerca agli alimenti degli agricoltori familiari. Bisogna creare nel Ministero della Scienza e Tecnologia un programma di grandi investimenti in tecnologie alternative,  per la meccanizzazione agricola delle piccole unità agricole e per le piccole agroindustrie.

Bisogna sviluppare un grande programma di cooperativismo per le piccole e medie imprese agroindustriali, per i piccoli agricoltori di tutte le comunità e municipi del Brasile, affinché possano avere le proprie industrie agricole, aggregando valore e creando mercati per i produttori locali. Il BNDES, al posto di continuare a finanziare le grandi imprese con progetti multimilionari che concentrano la rendita, deve creare un grande programma per le piccole e medie imprese agricole in tutti i municipi brasiliani.

Abbiamo presentato al governo anche proposte concrete per un efficace programma di promozione dell’agroecologia e un programma nazionale di riforestazione di aree degradate, montagne e coste per piccole unità di produzione sotto il controllo delle donne rurali. Sarebbe un programma a basso costo e aiuterebbe a risolvere i problemi delle famiglie e della società brasiliana per il riequilibrio dell’ambiente.

Sfortunatamente, nel governo non ci sono motivi per affrontare seriamente queste questioni. Da un lato, sono accecati dal successo lordo delle esportazioni dell’agroindustria, che non hanno nulla a che vedere con un progetto nazionale, e dall’altro, c’è un gruppo di tecnici adulatori che circondano ministri senza esperienza di vita reale, che analizzano solo i temi da una prospettiva elettorale o se siano cari o economici. Ultimamente, hanno inventato che era molto caro insediare le famiglie, che per prima cosa sia necessario risolvere i problemi di coloro che hanno già la terra e che i contadini senza terra aspettino. Aspettare che? La Borsa Familiare, il lavoro domestico, emigrare a San Paolo?

Presidente Dilma, siccome lei legge “Carta Capital”, spero che legga questo articolo, dubito molto che qualcuno dei suoi portaborse lo includa nella raccolta della rassegna stampa del giorno.

* João Pedro Stedile, economista, è membro del coordinamento nazionale del MST (Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra) e di Via Campesina Brasile.

14/1/2013

http://desacato.info/2013/01/o-dilema-da-reforma-agraria-no-brasil-do-agronegocio/

Traducción para sinpermiso.info: Enrique García

La Haine

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
Joao Pedro Stedile, “El dilema de la reforma agraria en la agroindustria de Brasilpubblicato il 14-01-2013 in La Haine, su [http://www.lahaine.org/index.php?p=66456] ultimo accesso 15-01-2013.

 

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