Durante l’anno 2012 Uribe ha finito con l’allontanarsi e scontrarsi con Santos. Era prevedibile. Non per questioni personali, caratteri o interessi individuali. Sono gli interessi di classe e di settori di classe che determinano e promuovono questi cambiamenti.
Per questo, il fenomeno politico (ed economico) di maggior importanza in Colombia durante l’anno 1012 è stato l’aperto scontro tra i rappresentanti politici dell’oligarchia latifondista tradizionale (grandi allevatori) e la borghesia trasnazionalizata [1] (che include grandi proprietari terrieri produttori di canna da zucchero e di palma). Uribe vs. Santos.
La contrapposizione tra grandi proprietari terrieri e borghesi industriali è esistita dai tempi passati, e si è espressa durante il decennio degli anni 30 e 40 (López Pumarejo), e 60 e 70 (Lleras Restrepo) del secolo scorso (XX). La precaria e parziale riforma agraria che la debole borghesia industriale colombiana guidò fu una delle espressioni di questa contrapposizione.
Questa contrapposizione è sempre esistita ma ora si è manifestata apertamente e nel futuro sembra aumentare. Particolari circostanze come i dialoghi con la guerriglia, la riforma tributaria, e altre questioni minori, ha reso evidente questa rottura in modo pubblico e con una tendenza ad aumentare. Per questo, non è casuale che il governo abbia accettato di dibattere il tema dello “sviluppo rurale” e il problema della terra come primo punto dell’agenda da discutere con la guerriglia, e che – per la prima volta – in quel tavolo non siano rappresentati i grandi latifondisti e allevatori colombiani.
Tale situazione è un aspetto dell’evoluzione delle contraddizioni strutturali che sono presenti nella realtà colombiana e che debbono essere intese – essere studiate – a fondo, per potersi orientare nella vita e nell’azione politica.
La borghesia trasnazionalizzata (“urbana”, grande finanziaria, grande industriale e agroindustriale) si mostra indipendente anche dalle politiche più di destra dell’intelligenza statunitense (falchi del Dipartimento di Stato e della CIA), prospettando la possibilità di iniziare un nuovo percorso di fronte al problema delle droghe.
Dietro questa differenziazione c’è la crescente coscienza tra ampi settori delle borghesie trasnazionalizzate dell’America Latina (principalmente quelle di Brasile e Argentina, ma anche quelle di Colombia, Messico, Cile, Perù e di alcuni paesi del Centroamerica) che il proprio futuro non può essere legato – totalmente e unicamente – agli USA. Sanno che la prosperità estrattivista di materie prime (petrolio, gas, oro, carbone, rame, coltan, agro combustibili, ecc.) non può essere pienamente sfruttata se non giocano in un blocco latinoamericano che gli permetta di utilizzare le contraddizioni e le tensioni che si presentano nei mercati globali.
In Colombia la maggioranza della sinistra non accetta l’evoluzione di questa contraddizione. Frasi come “Santos è Uribe III” o “Santos è uguale a Uribe” servono a sbarazzarsi di una approfondita analisi. Nonostante ciò, non analizzando la tendenza e il progresso di queste contraddizioni molte volte sono indotti a portar acqua al mulino altrui, a trovarsi all’improvviso al lato di uno dei loro più inconciliabili nemici, come sta succedendo oggi.
Non è casuale che alcuni settori del MOIR (partito politico di sinistra che oggi è il principale sostegno del Polo Democratico Alternativo PDA) finiscano con il convergere in molti aspetti con “l’uribismo”. Alla fine sembra che abbiano trovato la “loro” borghesia nazionale, rappresentata dagli allevatori proprietari terrieri e dai grandi produttori di caffè, che hanno incominciato a sentire e “scoprire” che le politiche santiste (che sono una eredità delle politiche di Uribe) stanno colpendo interessi vitali delle loro economie agrarie.
Ma dall’altra parte ci sono i grandi proprietari terrieri che hanno già riconvertito i loro processi produttivi e che si sentono sicuri con la politica delle cinque locomotrici neoliberali. Loro per l’appunto non hanno interessi “nazionali”. Fanno parte della borghesia “trasnazionalizzata”.
Questo vuol dire che la borghesia trasnazionalizzata possa cedere su materie vitali riguardanti il campo? Tutto dipende dalla correlazione di forze che riesce a muovere il tavolo dei negoziati tra il governo e la guerriglia. Se le masse contadine si mobilitano unitariamente e ampiamente, e soprattutto, se riescono a coinvolgere ampi settori sociali urbani sui temi della Pace, i settori dominanti oggi rappresentati nel governo potranno negoziare in modo puntuale – non una riforma agraria – ma sì, alcuni cambiamenti della politica per i medi e piccoli produttori così come per i contadini senza terra, che potranno colpire interessi di grandi latifondisti, soprattutto dell’Antioquia e della Costa Atlantica.
Come dire, dall’analisi di classe si può prevedere che la borghesia trasnazionalizzata possa “sacrificare” interessi dell’oligarchia latifondista e allevatrice in cambio della fine del conflitto armato, perché ciò che fondamentalmente le interessa è ottenere una situazione propizia all’aumento degli investimenti stranieri in infrastrutture viarie ed energetiche, e allo sfruttamento delle risorse minerali e degli agro-combustibili.
Il governo – e le forze economiche in esso rappresentate – vuole, pertanto, che le guerriglie e le organizzazioni popolari che lottano per la Pace con giustizia sociale riescano a sviluppare un importante movimento sociale e politico circa la Pace, che serva a contrastare la forza politica dell’oligarchia latifondista e allevatrice che Uribe guida.
Nonostante ciò, tale compito non sarà facile. Il governo sente la pressione delle forze economiche e militari che non accettano per nessun motivo nessun tipo di distensione nella guerra che viene portata avanti contro gli insorti. Per questo non può dichiarare un cessate il fuoco bilaterale anche se, nella misura in cui i dialoghi guadagnano forza politica, tale eventualità potrebbe essere contemplata dai vertici del governo.
Ma inoltre, il governo è timoroso che questo movimento sociale – se si trasforma in un forte torrente di opinione – lo obblighi a cedere su aspetti strategici che il grande capitale non è disposto a concedere. È lì la bilancia con cui gioca e da lì il suo atteggiamento dubbioso e calcolatore.
NOTA: Uno dei temi poco studiati dai teorici della sinistra in Colombia è la trasformazione di importanti settori grandi proprietari terrieri e grandi latifondisti (canna da zucchero, palma, redditieri) in grandi industriali del campo, che gli hanno dato un peso importante dentro il blocco finanziario che si è consolidato durante il decennio degli anni 90 del XX secolo, e che a livello regionale oggi rappresentano i grandi borghesi trasnazionalizzati (Ardila Lulle, Sarmiento Angulo, tra gli altri).
Popayán, 2 gennaio 2013
[1] Nuova borghesia “urbana” la chiama Ignacio Ramonet nella sua analisi sul processo di Pace in Colombia. Vedere: ¿Paz en Colombia?: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=160119. Sulla categoria “borghesia trasnazionalizzata” vedere: “La Burguesía trans-nacionalizada y la reelección de Santos”: http://viva.org.co/cajavirtual/svc0280/articulo14.html, e “Tres tipos de burguesía; tres grupos de países”: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=143893.
ALAI, América Latina en Movimiento
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da: |
Fernando Dorado, “2013: ¿Santos enfrentará al latifundismo ganadero?” pubblicato il 02-01-2013 in ALAI, América Latina en Movimiento, su [http://alainet.org/active/60595] ultimo accesso 09-01-2013. |