1. Se le centinaia di giovani anarchici o no, che oggi sono in carcere per aver protestato contro i governi di Felipe Calderón e di Enrique Peña Nieto, contro Televisa e la miseria che c’è nel paese, se non escono liberi, è perché nelle strade non c’è una forza politica, non esiste l’unità degli oppositori sociali e perché molti di sinistra hanno tradito o hanno deciso di rimanere nella loro casetta a vedere la Tele. Potrebbe succedere come sempre: che restino in carcere fino a quando il governo deciderà di tirali fuori dalla prigione. I michoacani: studenti, professori, padri di famiglia, popolo, strappando dal carcere i loro 49 studenti arrestati, hanno ricevuto dal popolo un grande applauso, ma per fare questo hanno dovuto impadronirsi dello Zócalo, organizzare brigate e raduni, occupare alcune istituzioni e mantenere l’unità della lotta.
2. I fatti del Michoacán hanno dimostrato che è importante dare continuità alla lotta, radicalizzarla, e unire i giovani –soprattutto loro perché i vecchi si sono stancati subito– disposti a lottare. L’uscita dei giovani dal carcere non è un problema per aver rotto un vetro, per aver lanciato una pietra o aver rotto la testa a un soldato o a un marinaio, queste sono sciocchezze che piace dire alla gente ottusa che crede nelle leggi. La libertà dei prigionieri politici dipende dalla forza delle lotte nelle strade, dalle brigate che vengono fatte. Le leggi e la Costituzione messicana sono sempre vigenti –per il governo e i cosiddetti poteri forti; impresari, mezzi di informazione, chiesa– un accidente. Armati di avvocati e con i giudici e la Corte Suprema a loro servizio, tra loro sistemano tutto a proprio beneficio; mai si sbagliano.
3. L’esperienza del Michoacán è stata meravigliosa perché, quando governo, partiti, impresari chiedevano un duro castigo per i ragazzi della Normale di Tiripetío, di Cherán e di altre, i tre o quattro settori erano molto uniti. E, in ultima istanza le battaglie di Yosoy132, degli anarchici, della CNTE, sono le stesse anche se hanno altri nomi ed altre parole d’ordine: la lotta contro le imposizioni della grande borghesia messicana associata agli USA o al capitale internazionale. Forse bisognerebbe chiedere ai compagni del Michoacán di arrivare in massa nel DF per aiutare gli studenti del DF a vincere queste battaglie. Ma come va se li accusano di ricevere 300 pesos di paga, come dicono i supercorrotti ed ottusi borghesi che pensano che gli studenti o gli anarchici con una radicata coscienza possano vendersi per un piatto di lenticchie?
4. Dalla classe imprenditoriale e televisiva governante non ci si deve aspettare nulla a favore del popolo, nemmeno dai partiti politici (PRI, PAN, PRD) che hanno firmato un patto di unità contro i lavoratori. È magnifico che MORENA, il PT ed il Movimento Cittadino si stiano smarcando da questo patto che non è altro che un compromesso con il governo di Peña Nieto. In questo sono finiti il PRD ed i suoi seguaci –consegnandosi al PRI– dopo 23 anni di collaborazionismo. Ma più o meno così è avvenuto in tutto il mondo, in particolare in Europa, dove i partiti elettoralistici o socialdemocratici, non sono differenti dai partiti socialcristiani, laburisti o conservatori del tipo Felipe González, Zapatero, Olaf Palme, Willy Brand, Miterrand o Hollande. È il “destino” insuperabile di tutti i partiti elettoralistici.
5. Se si vuole che gli studenti escano dal carcere per volontà governativa, come se fosse una grazia, bisogna far pressione con articoli, pubblicazioni, argomentazioni giuridiche, milioni di firme, interventi di avvocati, denunce internazionali, come successe con i contadini di Atenco e con altri prigionieri politici. Ma se si cerca di obbligare il governo a fare un passo indietro, che riconosca il suo carattere repressivo, poiché c’è repressione di stato e l’innocenza dei prigionieri, l’unico esempio, la strada è ricorrere alla lotta nelle strade come nel Michoacán. Anche se negli anni sessanta e settanta –in condizioni estreme– molti prigionieri politici ottennero la propria libertà in cambio di impresari e politici sequestrati dalle guerriglie con la forza, di cui oggi è carente il popolo. Ci saranno oggi organizzazioni che lotteranno per la libertà dei prigionieri politici?
6. Oggi molti studenti, professori, anarchici prigionieri, in nessun modo dovranno aspettare per lungo tempo dietro le grate come è successo nella storia e nel mondo o come in Messico i prigionieri zapatisti, dell’EPR e di altri gruppi. Gli oppositori sociali sanno che le carceri in Messico non servono, mai sono servite, a fare giustizia ma a castigare i più poveri e miseri che “hanno rubato” un pane per mangiare. Nelle carceri messicane per diversi motivi ci sono state ribellioni, ma queste sono sempre terminate con massacri orchestrati dallo stesso governo. Nei sessanta si diceva che le carceri erano le università dei rivoluzionari e sì, alcuni le hanno usate per studiare, dipingere e fare giornalismo, anche se personaggi come Pablo Alvarado Barrera lì morirono assassinati dai carcerieri per essersi abbandonato alla propria ribellione.
7. Abbiamo l’obbligo, di classe sociale ed ideologica, di lottare per la libertà dei prigionieri politici, così come di partecipare alle manifestazioni convocate per chiedere la loro libertà. Dobbiamo anche visitarli nella loro cella per portargli un piccolo frutto e per appoggiarli di più nelle loro lotte. (Io ricordo di aver visitato spesso nei sessanta, domenica dopo domenica, con o senza famiglia, -invece di passeggiare per Chapultepec o Xochimilco- i prigionieri politici di Lecumberri. Anni più tardi sono andato per altri prigionieri nel carcere delle Donne e nei penali dell’Oriente e del Nord). È importante –quando si può– comunicare con i prigionieri affinché sentano di non essere soli, anche se alcune volte si sentono soffocati dalle molte visite domenicali. Per questo dobbiamo sempre gridare: “libertà incondizionata per i prigionieri politici”; ma anche per i prigionieri per la miseria.
04-12-2012
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da: |
Pedro Echeverría V., “Sacar a nuestros presos del DF como en Michoacán: Ocupar el Zócalo, carreteras, Reforma, los bancos y embajadas” pubblicato il 04-12-2012 nel Blog dell’autore, su [http://pedroecheverriav.wordpress.com] ultimo accesso 05-12-2012. |