Su gendarmi e prefetti


La risposta del governo nazionale con premura è arrivata per risolvere le proteste salariali dei membri delle forze di sicurezza dello stato. Mentre i lavoratori statali protestano e manifestano per settimane per ottenere delle risposte ai loro reclami, non succede lo stesso con coloro che hanno un ruolo di repressione contro il popolo.

Da tre giorni gendarmi e prefetti continuano ad essere riuniti di fronte agli edifici di ciascuna forza, il Guardacoste e il Sentinella, nella Città di Buenos Aires. Secondo quanto hanno detto, si accamperanno lì fino a mezzogiorno di martedì. Per quel giorno il Segretario per la Sicurezza, Sergio Berni, darà una risposta ad una petizione con le richieste che gli hanno presentato.

Ciò che ha dato inizio a questa protesta è stata la firma da parte della presidente Cristina Fernández, del Capo di Gabinetto, Juan Manuel Abal Medina e della ministra per la Sicurezza, Nilda Garré del decreto 1307/12, la cui attuazione ha comportato tagli salariali tra il 30 e il 60 per cento.

Il conflitto nella Città di Buenos Aires, al quale si sono unite le stesse forze di sicurezza di diverse città di provincia (Mendoza, Tucumán, Bariloche, Salta, Jujuy, Rosario e Jesús María), ha provocato il cambio del comandante Generale Héctor Bernabé Schenone e del prefetto generale Oscar Adolfo Arce, massime autorità di ambedue la forze che hanno presentato le proprie rinunce. Il governo nazionale ha dovuto fare, almeno momentaneamente,  marcia indietro con l’applicazione di questo decreto e annunciare che sarebbero stati restituiti le riduzioni effettuate.

Nonostante ciò, le richieste di gendarmi e prefetti si sono ampliate a tre punti: un salario base di 7.000 pesos, che non gli vengano applicate sanzioni di nessun tipo per questa protesta e che sia permessa nelle successive contrattazioni salariali la partecipazione del personale di ambedue le forze.

Durante questi giorni, diversi settori politici e sociali si sono fondamentalmente espressi con due letture di questo conflitto ancora non concluso. Una è quella del tentativo di destabilizzare le istituzioni democratiche. L’altra è quella della protesta come una rivendicazione salariale.

Nonostante ciò poco si è parlato di alcuni elementi che mettono in contrasto le proteste e l’agire dei membri di queste forze della repressione statale, con quelle dei lavoratori che vivono dei propri salari e dei piani sociali.

Per esempio, non si è sentito nulla sul metodo “piquetero” (blocco stradale) che hanno utilizzato gendarmi e prefetti. Né il governo né i settori politici, che lo fanno quando si tratta di lavoratori, hanno messo in dubbio questa “metodologia” che contestano con durezza quando viene utilizzata dai lavoratori. Ma di più, coloro che da tre giorni sono protagonisti di questa protesta sono quelli che disprezzano e reprimono i “piqueteri” che bloccano strade o vie di comunicazione e molte volte li reprimono per liberare il passaggio.

Non si è nemmeno sentito dire perché, mentre gli impresari, compreso lo stato nel suo ruolo di datore di lavoro dice ai lavoratori che non negozierà finché non verrà annullata la prova di forza, invece in questo caso lo fa con gendarmi e prefetti che continuano ad accamparsi e che hanno detto che rimarranno lì fino a quando verranno approvate le loro richieste.

Il loro datore di lavoro (lo stato) non è nemmeno uscito a discutere sull’ammontare della base salariale che chiedono, di 7.000 pesos, “affinché mangino i miei figli”, per “alimentare la mia famiglia”, ma invece lo fa quando si tratta dei lavoratori.

Tentativo di destituzione. Difesa del sistema

Poco dopo l’inizio del conflitto, diversi settori del kirchnerismo si sono posti di fronte alla protesta come a un atto di destituzione. Così i presidenti delle Camere dei Deputati e dei Senatori della Nazione, Julián Domínguez y Amado Boudou, hanno riunito d’urgenza i legislatori del governo e dell’opposizione e hanno tirato fuori una dichiarazione facendo pressione su gendarmi e prefetti “per adeguare le loro azioni alle regole del funzionamento democratico e alla subordinazione alle autorità legalmente costituite, secondo la Costituzione”.

Claudio Lozano non ha partecipato alla riunione e ha fatto conoscere la sua opinione in un comunicato dicendo che il suo settore “non si assocerà a nessuna dichiarazione che tenda a rendere illegale la protesta salariale dei prefetti, con la scusa ufficiale che copre un tentativo di destabilizzazione”.

L’Unione Civica Radicale (UCR), la Coalizione Civica, il peronismo federale e il PRO, in un comunicato congiunto si sono pronunciati con il Fronte per la Vittoria e i suoi alleati contro l’atto di forza, insieme a settori che fanno parte del Fronte Ampio Progressista come il Partito Socialista e Liberi del Sud.

Da parte loro, i deputati Víctor De Gennaro e Margarita Stolbizer (Fronte Ampio Progressista) hanno affermato: “Appoggiamo la protesta lavorativa perché la mancanza di sindacalizzazione condanna oggi questi lavoratori a bassi salari, a mancanza di protezione legale, a mancanza di addestramento, a situazioni di rischio e a cattive condizioni generali per l’assolvimento delle loro funzioni”.

Hugo Moyano, dirigente della CGT osteggiata dal governo, si è riunito con dei rappresentanti di prefetti e gendarmi. Successivamente ha affermato che “sono lavoratori come qualsiasi altro e sono nel loro diritto di protestare per ciò che li riguarda”.

Da parte sua, il recente eletto Segretario Generale dell’altra frazione della CGT, Antonio Caló, all’inizio ha appoggiato la protesta ma dopo ha cambiato la sua posizione adeguandosi al rifiuto di qualsiasi tentativo di destituzione.

Hugo Yasky, che dirige la Centrale dei Lavoratori Argentini (CTA) – frazione governativa della centrale sindacale – ha proclamato lo stato di allarme e ha fatto conoscere una dichiarazione in difesa della democrazia.

Nello stesso senso si sono dichiarate diverse organizzazioni di diritti umani che sottoscrivono il progetto politico kirchnerista, come le Nonne e le Madri di Piazza di Maggio (linea fondatrice), HIJOS e Familiari.

Da destra e da sinistra

“Io li comprendo profondamente: patiscono un decennio di maltrattamenti, di mancanza di rispetto, di umiliazioni da parte di un Governo nazionale che ha improvvisato nelle politiche di sicurezza e per questo hanno fracassato”, ha assicurato Mauricio Macri per precisare successivamente che “bisogna puntare sulla convivenza, sul dialogo, sul lavoro congiunto. Abbiamo un enorme futuro ma puntando sul rispetto delle istituzioni”. Riprendendo il suo capo politico nell’asse centrale della questione, Federico Pinedo – presidente del blocco dei deputati del PRO – ha dichiarato che gendarmi e prefetti “non possono abbandonare il servizio”; “non sono forze che possono decidere” di manifestare e “debbono obbedire al potere politico”.

Christian Castillo, dirigente nazionale del PTS e del Fronte di Sinistra ha criticato la posizione di Moyano, di Stolbizer e di De Gennaro così come quella della sinistra che “appoggiano le proteste dei membri delle forze repressive dello stato capitalista, giacché dargli più risorse è creare migliori condizioni affinché reprimano il popolo lavoratore”.

Si riferiva al MST che di fronte al conflitto si è posto sulla sua linea già conosciuta della necessità di sindacalizzare le forze di sicurezza. “Di fronte ad una riduzione salariale di tale grandezza questi settori sono scesi a protestare, come lo farebbe qualsiasi lavoratore. Aldilà delle posizioni reazionarie che si sono manifestate tra questi settori mobilitati e del ruolo istituzionale che giocano queste forze, le proteste in corso sono assolutamente giuste, le stesse per cui lottano migliaia di lavoratori che affrontano simili misure di aggiustamenti salariali e lavorativi, con cui il governo cerca di farci pagare la crisi”, ha dichiarato il MST.

Altre forze di sinistra sono state decise nella visione del ruolo repressivo di queste forze le cui proteste non possono essere considerate come di “lavoratori”.

Il Nuovo MAS ha affermato che “le organizzazioni operaie e la sinistra commetterebbero un grave errore se uscissero ad appoggiare una visione che, in definitiva, nulla ha a che vedere
con le proteste dei lavoratori e che servono, al contrario, a rafforzare una forza che viene usata contro di loro e le loro lotte”.

Il Partito Operaio ha descritto questo conflitto come lo sviluppo di una crisi interna del governo e del suo gabinetto per la sicurezza, tra la ministra per la Sicurezza Nilda Garré, da un lato e il militare Sergio Berni, dall’altro. Affermano che il segretario per la Sicurezza è stato colui che ha incoraggiato prefetti e gendarmi quando la funzionaria ha cominciato a preparare questi tagli salariali. “Un settore del kirchnerismo è salito a denunciare una azione della ‘destra golpista’. Ma gli autori di questo golpe sono all’interno dello stesso gabinetto nazionale”, hanno affermato.

Gendarmi e prefetti; non “lavoratori”

Sono politicamente e ideologicamente antioperai e antipopolari, qualcosa di congruente con la funzione sociale repressiva che compiono”, ha affermato il dirigente del Partito dei Lavoratori Socialisti, Christian Castillo.

Ha inoltre ricordato che sono “gli stessi che non hanno vacillato sotto gli ordini del governo nazionale per reprimere una gran quantità di proteste operaie e popolari, e ad avere compiti di spionaggio illegale come nel caso dei gendarmi e del loro ‘Progetto X’. Non dimentichiamo come i prefetti abbiano fatto parte del genocidio che è stato commesso durante la dittatura, il gruppo Albatros ha partecipato attivamente al movimento ‘carapintada’ (facce dipinte, n.d.t.) per evitare i processi ai repressori e sono stati lo strumento prediletto della repressione nello sciopero del Casinò galleggiante contro i licenziamenti dell’impresario kirchnerista Cristóbal López e nel caso dei gendarmi in una grande quantità di conflitti operai”.

Da parte sua, il Coordinamento contro la Repressione Poliziesca e Istituzionale (Correpi) ha affermato che “prefetti, gendarmi, e il resto dei repressori, non sono lavoratori; non si tratta di uno sciopero, ma di un ammutinamento o di un tumulto. Il conseguimento dei loro obiettivi, più che avvicinarli al popolo, li incoraggerà ancor di più ad esercitare la funzione per cui esistono: reprimere (…) Facendo parte dell’apparato repressivo, non si lavora, si compie la funzione di disciplinare e controllare quelli che lavorano, fatto che colpisce la soggettività della classe lavoratrice”.

Hanno anche ricordato che coloro che oggi stanno protestando sono quelli che non molto tempo fa “hanno selvaggiamente liberato la Panamericana e hanno colpito e arrestato 60 lavoratori a Campo di Maggio (per la prima volta dal 1983), mentre si commemorava il giorno del detenuto scomparso, per ordine di un ex carapintada, secondo la ministra più “progressista” del “governo dei diritti umani”; gli stessi che nel 2005 e 2006 hanno militarizzato e torturato a Las Heras e hanno represso i lavoratori dei pescherecci nel Mar del Plata; gli stessi che nel 2007 hanno represso i lavoratori del Casinò; gli stessi che si infiltrano e spiano i lavoratori con il “Progetto X”; infine, gli stessi che nel 1999 hanno assassinato Mauro Ojeda e Francisco Escobar sul ponte di Corrientes”, quando la stessa Nilda Garré era viceministra dell’Interno del governo dell’Alleanza.

La Giunta Indigena Nazionale, in un duro comunicato, definisce Gendarmeria e Prefettura come il braccio armato del potere politico di turno, “quelli che mai danno il proprio nome e quelli che conoscono totalmente ciascuno dei movimenti di tutti gli argentini”. Sono coloro che “occupano le loro notti proteggendo le proprietà dei politici e degli impresari che vivono a Puerto Madero, quelli che probabilmente scoprono sempre alcune migliaia di chili di droga che uccide i nostri giovani. Quelli che sanno tutto quanto entra o esce attraverso le frontiere e conoscono ciascuno dei dettagli della tratta di persone in tutte le parti. Questi stessi che affrontano i veri lavoratori nelle loro proteste e sfollano le comunità e i popoli indigeni dalle loro terre. Questi stessi che proteggono e tacciono sulle uccisioni, in complicità e ossequio a Gildo Insfrán di Formosa, a Sapag di Neuquén e Fellner a Jujuy, sono anche complici dell’uccisione di Luis Condori a Humahuaca”.

05-10-2012

Red Eco Alternativo

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
“De gendarmes y prefectospubblicato l’ 07-10-2012 in Red Eco Alternativo, su [http://www.redeco.com.ar/nv/index.php?option=com_content&task=view&id=9076&Itemid=130] ultimo accesso 10-10-2012.

 

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