Che cessi la repressione contro il popolo organizzato


José Antonio Gutiérrez D.

In Colombia è stata una costante storica che i momenti di negoziati di pace e di dialogo coincidano con la recrudescenza della guerra sporca. Negli 80 si è assistito al genocidio dell’Unione Patriottica, così come di altre esperienze come A Lottare o il Fronte Popolare. Alla fine dei 90, i dialoghi del Caguán sono coincisi con l’unificazione degli eserciti privati dei narcotrafficanti e dei proprietari terrieri di tutta la Colombia nel peggiore strumento di morte che sia esistito in questo paese: le AUC. L’oligarchia con una mano stende il ramo di ulivo e con l’altra affila il machete. Mentre di giorno si parla di pace e di far tacere i fucili, in mezzo alla Notte e alla Nebbia, si fanno scomparire, si torturano e uccidono le organizzazioni popolari che rappresentano la forza sociale che si mobilita per il cambiamento sociale in Colombia.

Sappiamo che la natura dello stato colombiano e della classe dominante che rappresenta non cambia con l’annuncio dei prossimi dialoghi. Al contrario, nella sua logica, aumentare la violenza contro i movimenti popolari in Colombia è un modo per limitare l’impatto di questi sui negoziati, per minacciare il popolo affinché non prenda la parola, e così rafforzare le carte dell’oligarchia sul tavolo. Che il governo di Santos abbia intenzione di aumentare la guerra sporca è diventato chiaro quando appena un paio di giorni fa il Ministro della Difesa , Pinzón, affermava che sarebbe stata intensificata la militarizzazione e l’impunità delle forze della repressione dello stato, rendendo chiara la mancanza di “buona fede” da parte sua nei negoziati [1]. Per questo è preoccupante che, in un contesto in cui i negoziati di pace sono nuovamente nell’agenda, il randello della repressione governativa e paramilitare cominci a schiacciare i capi del popolo organizzato.

Negli ultimi 15 giorni si sono registrati fatti gravissimi, parte di una campagna sistematica di arresti massicci e di aggressioni contro i movimenti come la Marcia Patriottica:

Nel Cauca, il 14 agosto la XXIX Brigata dell’Esercito ha assassinato a Cajibío il contadino Daniel Valenzuela Mosquera; il 17 agosto, a Caloto e a Santander de Quilichao la XIV Brigata dell’Esercito ha proceduto all’arbitrario arresto illegale di 11 persone, tutte appartenenti a FENSUAGRO, alla Marcia Patriottica e alla Rete per i Diritti Umani “Francisco Isaías Cifuentes” [2].

Nel municipio di Ituango, da parte sua, nelle frazioni di Santa Rita e di La Pascuita, così come nel centro urbano di Ituango, il 26 agosto sono state arrestate in massa 23 persone in operazioni illegali a cui ha partecipato la XVIII Brigata Mobile dell’Esercito insieme al CTI. I mezzi di comunicazione hanno detto che si trattava di membri delle FARC-EP; a sua volta l’Associazione dei Commercianti di Ituango è scesa in difesa degli arrestati, denunciando questo come una montatura, dicendo che tutti gli arrestati erano persone che hanno preso parte alla mobilitazione popolare contro il progetto Hidroituango e che in questa località era la quinta cattura di massa di persone in un decennio [3]. Bisogna ricordare che Ituango è stato colpito in modo selvaggio dal paramilitarismo: per citare solo alcuni fatti di violenza paramilitare, l’ 11 giugno 1996, i paramilitari assassinarono a La Granja 4 contadini; il 22 ottobre 1997, assassinarono a El Aro altri 15 contadini; il 7 agosto 2002, i paramilitari assassinarono 15 contadini e violentarono molte donne a El Conguital; il 14 agosto 2008, in un giorno di festa, i paramilitari innescarono una bomba uccidendo 7 persone e ferendone più di 50; in totale, in questo municipio più di 350 persone sono state assassinate selettivamente dal paramilitarismo. Tutto questo, mentre funzionari dello stato accusano il “100%” degli abitanti di Ituango di essere collusi con le FARC-EP [4].

Crediamo che questi colpi non siano casuali e che cerchino di debilitare le forze sociali che, nell’ambito di un processo di negoziato politico con gli insorti, possono mobilitarsi chiedendo soluzioni strutturali alle cause che originano il conflitto. È un modo per tentare di contenere il conflitto armato mediante i negoziati, e di contenere il conflitto sociale mediante la repressione. L’unica cosa che questa formula produce è dimostrare che in Colombia continuano a non esserci garanzie per fare nessun tipo di opposizione, mentre la repressione governativa, che avviene alla piena luce del giorno, istigata dalle segnalazioni dei generali e dei funzionari contro i movimenti popolari (principalmente contro la Marcia Patriottica), dai mezzi di comunicazione servili che danno la loro benedizione a questi “falsi positivi” giudiziari, è nascosta con un velo di impunità.

È ugualmente preoccupante la situazione del paramilitarismo, che per mano della presunta “pulizia sociale” e dei cosiddetti “Eserciti Anti Restituzione” (delle terre, n.d.t.), sta nuovamente facendo intravedere la sua orribile testa da tutte le parti, con massacri e uccisioni selettive. Non è che il paramilitarismo si stia riorganizzando, in realtà, mai se ne è andato e sta cominciando ad oliare le sue armi per affrontare il nuovo ciclo di lotte sociali e contadine, mentre l’uribismo suscita una campagna di propaganda proto-fascista su tutti i mezzi di comunicazione e nelle caserme.

Ricordo, nuovamente, le parole di Jaime Pardo Leal nel 1987, poco prima di essere assassinato, con le quali interpellava il presidente Virgilio Barco: “Abbiamo detto al governo nazionale che ci chiarisca se abbiamo il diritto o no di vivere nel nostro paese”. Questa domanda, a cui mai è stata data da Barco risposta, oggi ha piena validità. Il governo dirà che non può controllare le forze paramilitari. Ma queste forze esistono, sono alimentate, e in ultima istanza controllate dall’Esercito, dalle Forze Armate dello Stato, così come da padrini e capi politici locali, tutti alleati con il governo [5]. Se il governo si dichiara incapace di controllare le sue proprie forze, allora se il governo si dichiara incapace di mettere le redini ai suoi “cani selvaggi”, ci chiediamo che senso ha negoziare con un governo che non controlla, che non si impone sulle sue proprie forze. Allora vogliamo che si chiarisca se sia necessario negoziare con qualche potere “superiore e occulto”.

Questa è la grande domanda che si fanno coloro che, dal movimento popolare, si sono impegnati ad appoggiare un processo di pace che apra le porte alla soluzione delle cause strutturali del conflitto sociale e armato. Ma sappiamo che questa è una domanda retorica che niente ha a che vedere con le “capacità” dell’oligarchia e del suo stato, ma che ha a che vedere con la sua volontà politica.

Per lo meno Santos dovrebbe essere capace di controllare le sue forze governative. In una riunione del 31 agosto con il Partito Comunista, Santos si è impegnato ad evitare le accuse dei suoi funzionari contro la Marcia Patriottica. Nonostante ciò, ha chiesto ai comunisti di mantenere una chiara distinzione tra questo movimento e le FARC-EP, come se non lo facesse [6]. Ci viene il dubbio su cosa significhi questa vaga esigenza … Forse significa che la Marcia rinunci ad alzare la sua voce di fronte ai negoziati o che rinunci ad includere nel suo programma temi come la riforma agraria integrale? Chi deciderebbe se questa distinzione sia sufficientemente chiara o no, e che parametri userebbe? Quale sarebbe il prezzo da pagare da parte dei movimenti sociali se lo stato stima che sia stata oltrepassata una linea necessariamente sfumata nel suo schema contro-insurrezionale?

Non possiamo permettere che l’impegno per una Colombia migliore oggi si trasformi nella ragione della persecuzione governativa e para-governativa, nella codarda minaccia e nell’assassinio da parte di malviventi al soldo. Oggi, come ieri, “il dibattito non è se la guerriglia continua o non continua, ma se l’elite smette di fare la guerra sporca e di porre tutto il suo apparato di stato per eliminare l’opposizione” [7], come ha detto i comandante dell’ELN Pablo Beltrán. Un processo di negoziato politico di un conflitto che non solo è armato, ma prima di tutto sociale, richiede che il popolo sia capace di parlare senza paura di essere assassinato o fatto scomparire. Oggi il compito fondamentale è di proteggere le espressioni popolari come la Marcia Patriottica, esigere garanzie per la sua libera attività e di mobilitarsi contro la repressione governativa che incarcera il popolo organizzato e nelle carceri tortura i prigionieri per la loro lotta. Senza queste minime garanzie, queste conversazioni non saranno se non il preludio di un nuovo ciclo di sterminio.

Note:

[1] http://www.eltiempo.com/justicia/ARTICULO-WEB-NEW_NOTA_INTERIOR-12186787.html

[2] Per più dettagli vedere http://anarkismo.net/article/23704

[3] Vedere la notizia sui mezzi di comunicazione: http://www.elespectador.com/noticias/judicial/articulo-370388-captura-22-guerrilleros-de-farc-ituango-antioquia Vedere il comunicato dell’Associazione dei Commercianti di Ituango: http://prensarural.org/spip/spip.php?article9000

[4] http://www.colectivodeabogados.org/CONDENA-AL-ESTADO-COLOMBIANO-POR y http://www.elespectador.com/impreso/judicial/articuloimpreso-el-milagro-de-vivir-ituango In quel momento, dell’attentato del 14 agosto 2008, dal governo sono state incolpate le FARC-EP.

[5] Ciò non significa che queste forze paramilitari, che reclutano i propri membri tra malviventi e mafiosi, non abbiano una “relativa autonomia” dovuta al rilevante movente del beneficio personale che li ispira. Ma, in ultima istanza, non smettono mai di essere sotto il controllo finale delle forze dello stato, a cui debbono l’esistenza, anche se hanno un ampio margine di libertà d’azione che, in certe precise occasioni, li porta ad entrare in contraddizione con questo. Vedere, al riguardo, una precedente analisi che abbiamo fatto sullo Sciopero Armato degli Urabegni di gennaio e la natura del paramilitarismo colombiano.

[6] http://www.eltiempo.com/politica/partido-comunista-hablo-de-paz-en-palacio_12184711-4

[7] “De la Resistencia al Poder Popular, Diálogo con el comandante Pablo Beltrán” Ed. OceanSur, 2008, pp.35-36.

 

(*) José Antonio Gutiérrez D. è un militante libertario residente in Irlanda, dove fa parte dei movimenti di solidarietà con l’America Latina e con la Colombia, collaboratore della rivista CEPA (Colombia) e di El Ciudadano (Cile), così come del sito web internazionale www.anarkismo.net. Autore di “Problemas e Possibilidades do Anarquismo” (in portoghese, Faisca ed., 2011) e coordinatore del libro “Orígenes Libertarios del Primero de Mayo en América Latina” (Quimantú ed. 2010).

04-09-2012

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
José Antonio Gutiérrez D., “Que cese la represión contra el pueblo organizadopubblicato il 04-09-2012 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=155510&titular=que-cese-la-represión-contra-el-pueblo-organizado-], ultimo accesso 05-09-2012.

 

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