Guatemala: Huehuetenango saccheggiato e represso come 5 secoli fa


Ollantay Itzamná

Il Signor Otto Pérez Molina è stato eletto Presidente del Guatemala con la promessa elettorale della “mano dura contro la violenza”. Prima e durante al sua campagna elettorale, le denunce pubbliche contro di lui per violazione dei diritti umani sono state ricorrenti. Ma, nella popolazione votante la psicosi di insicurezza collettiva ha potuto di più della razionalità democratica.

Dopo aver giurato come Presidente della Repubblica, ha cominciato a sviluppare il suo piano di sicurezza svuotando le caserme militari nelle strade e vie del paese, ma senza maggiori risultati. Il Guatemala continua ad essere l’autostrada per i carichi (droga) che riforniscono il tram messicano diretto al Nord per tornare verso il Sud pieno di dollari e armi.

Perché lo Stato d’Assedio?

Due settimane fa, nel Municipio di Santa Cruz de Barillas, Dipartimento di Huehuetenango, il governo nazionale ha decretato lo Stato d’Assedio, con l’argomento della lotta contro il narcotraffico e il crimine organizzato, in una zona ecologica nella quale la popolazione dal 2009 si oppone esplicitamente alla costruzione di un impianto idroelettrico sul rio Cambalá.

Il detonatore è stata l’occupazione comunitaria del distaccamento militare della zona da parte dei contadini e degli indigeni del luogo, in rappresaglia dell’uccisione di un dirigente comunale e di altri due feriti da parte delle guardie di sicurezza dell’impresa spagnola Hidro Santa Cruz, avvenuto il 1 maggio. Uno dei sopravvissuti, Pablo Antonio, dichiara che: “è stata la guardia di sicurezza dell’impresa che li ha attaccati per rivalsa poiché si opponevano alla vendita delle loro terre e alla denuncia fatta all’Ufficio dell’Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani” dei ricatti dell’impresa Hidro Santa Cruz. Questa denuncia è presso i suddetti uffici dal 2010.

L’insolita misura dello Stato d’Assedio avrebbe un qualche senso se per caso servisse a perseguire e catturare i criminali che hanno assassinato e colpito gli abitanti del luogo. Ma, no. 1.200 elementi organizzati dell’esercito e della polizia nazionale, con armi da guerra, abbattono le case di contadine e contadini della zona per catturare tutti quanti si oppongano all’impresa idroelettrica spagnola. Quanto denaro questa impresa idroelettrica lascerà per il Guatemala?

Resistenza all’impianto idroelettrico o alle miniere?

Secondo gli abitanti, loro resistono al progetto dell’impianto idroelettrico perché questa opera distruggerà le cascate, gli ecosistemi naturali e i santuari spirituali delle comunità. Sostengono, inoltre, che l’impresa ha comprato le terre per frugare e cercare minerali, che finirà per impoverirli ed espellerli dai loro luoghi ancestrali.

I sospetti delle comunità contro le miniere hanno un sostegno documentale e storico. Secondo i registri del vice Ministero dell’Energia e Miniere del Guatemala (maggio, 2012), nel Dipartimento di Huehuetenengo sono attive 20 licenze di sfruttamento di miniere metallifere e 13 licenze per opere di esplorazione. In totale, 33 licenze per progetti minerari metalliferi per un solo dipartimento sui 22 che ha il Guatemala.

Nel suddetto Dipartimento ci sarà qualcuno senza il rischio delle minacce per le conseguenze dell’attività mineraria?

A Huehuetenango, questa resistenza al metallo demoniaco proviene dall’epoca dell’invasione spagnola. Severo Martínez Peláez, nel suo libro: La Patria del Criollo (La Patria del Creolo, n.d.t.), citando il cronista Fuentes y Guzmán, narra i metodi che gli indigeni avevano per nascondere i filoni minerari alla vista degli spagnoli. Non tanto per il valore dell’oro, ma perché la nascita di una miniera era una vera calamità per le popolazioni dei territori circostanti.

Huehuetenango, cinque secoli di resistenza alla maledizione della miniera

Nel XVI secolo un prete spagnolo, Fray Francisco Bravo, parroco del luogo, dimorò un anno e mezzo nel villaggio di San Francisco de Motozintla (allora appartenente alla provincia di Huehuetenango, attuale giurisdizione dello Stato del Chiapas) per carpire alla comunità la notizia sull’esistenza di una miniera nelle vicinanze del suddetto villaggio. Il prete promise pubblicamente di mantenere il segreto della confessione.

La popolazione gli credette e portò il prete con gli occhi bendati sul luogo affinché prendesse l’oro. Una volta che il prete tornò in Spagna, rivelò la Buona Nuova dell’oro alla Corte del Guatemala. Questa inviò un Uditore a Motozintla per torturare la popolazione e fare verifiche sul suddetto giacimento (MARTÍNEZ.1994: 238-240).

La storia dice che gli indigeni di Motozintla preferirono essere impiccati e morire uno dopo l’altro, ma nessuno rivelò l’ubicazione del giacimento. Questa storia ci mostra che a Huehuetenango, come in altri angoli del mondo, noi, le e gli originari coscienti, non avevamo bisogno di studi ambientali per sapere sulla maledizione della ricchezza dell’oro sulle nostre vite.

La cosa più illuminante di questa storia del XVI secolo, relativamente a quanto accade attualmente a Santa Cruz Barillas di Huehuetenango, è che il sistema coloniale non è cambiato, come nemmeno i suoi attori, né si suoi metodi di saccheggio. Ugualmente che nella colonia, il padrone della sciagurata impresa Hidro Santa Cruz è lo spagnolo Luis Castro Valdivia (anche proprietario di varie altre imprese dell’energia in Spagna e in Latinoamerica), originario di La Coruña, accusato nel 2007 dalla Procura del suo paese di “traffico delle influenze” (corruzione, nd.t.). Fa come più di cinque secoli addietro, i creoli attuali per mezzo di uno stato etnofago utilizzano la forza bruta per sottometterci e spogliare delle nostre fonti di vita quanti di noi siamo sopravvissuti all’annichilimento coloniale.

In Guatemala, le monocoltivazioni per l’esportazione hanno acquisito la carta di cittadinanza privilegiata, e inghiottono i pochi terreni coltivati a mais che rimangono per l’alimentazione nazionale. E quando la popolazione, per istinto di sopravvivenza, si ribella contro questa spietata occupazione e saccheggio neoliberista, il governo che guida uno stato secondo le necessità degli interessi stranieri, applica il suo piano di sicurezza per reprimere la riserva intellettuale e morale della sovranità nazionale, che sono i movimenti sociali ed indigeni. In questo consiste la politica della mano dura del Sig. Otto Pérez Molina: nel militarizzare il territorio nazionale per garantire il libero flusso dei carichi (droga, n.d.t.) e delle monete, e per criminalizzare ed annichilire le organizzazioni sociali che resistono al crimine legalizzato.

17-05-2012

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
Ollantay Itzamná, “Guatemala: Huehuetenango saqueado y reprimido como 5 siglos atrás” pubblicato il 17-05-2012 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=149738], ultimo accesso 17-05-2012.

 

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