Il fallimento della Cumbre de las Américas


Articolo un po’ retorico ma puntualissimo nell’individuare i risultati del VI Vertice delle Americhe tenutosi lo scorso fine settimana a Cartagena, Colombia.


Mario Sosa
Rebelión 17 aprile 2012

Il Vertice delle Americhe, istanza creata dall’Osa (Organizzazione degli Stati Americani) per mettere in pratica le direttive delle elites imprenditoriali locali/regionali, del capitale globale e gli interessi geostrategici degli Stati Uniti, è finita con un fallimento pieno nella sua sesta edizione tenutasi dal 14 al 16 aprile.

È necessario ricordare che questo spazio corrisponde all’obsoleto schema dell’Osa, utile fondamentalmente per garantire il dominio degli Stati Uniti nella regione, così come dimostra il suo itinerario e le politiche istituite da questo arganismo nel corso degli anni, e che è stato messo in crisi dalla creazione di nuovi blocchi, tra i quali il più rilevante è quello della Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (CELAC).

La Osa e il Vertice delle Americhe sono state programmate dai suoi promotori come la concretizzazione dell’unità del continente quando in realtà sono stati spazi di imposizione da un lato e di sottomissione dall’altro con eccezioni valorose: il giusto luogo di denuncia dell’intervento statunitense che realizzò Jorge Toriello Garrido, ambasciatore del Guatemala, quando dall’impero veniva promossa, finanziata e diretta la destituzione di Jacobo Árbenz Guzmán nel 1965 (caso emblematico specialmente per il Guatemala) o il giusto ruolo che ambasciatori come quelli della Repubblica Bolivariana di Venezuela, Bolivia, Ecuador, tra gli altri, hanno realizzato all’interno di quest’organismo regionale per la difesa dell’indipendenza e della sovranità (casi emblematici per la Nostra America, quella di Martí, per la Patria Grande, quella di Bolívar).

Il Vertice delle Americhe ha iniziato a declinare quando buona parte dei paesi latinoamericani e caraibici sono riusciti a frenare l’imposizione dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (Alca), nel IV Vertice realizzato a Mar del Plata, Argentina, nel 2005. Dopo questo avvenimento, di giusta e coerente insubordinazione, iniziarono a rafforzarsi spazi alternativi come il Mercato Comune del Sud (Mercosur) creato nel 1991 ma ora con un nuovo impulso, l’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (Alba) istituita nel 2005, e recentemente la Celac creata nel 2010.

Si è arrivati al VI Vertice delle Americhe con questa situazione, e con la somma di altri avvenimenti di grande importanza come: 1) la richiesta di inclusione di Cuba, proposta da vari paesi latinomaericani e che porta a presidenti come Correa dell’Ecuador e Ortega del Nicaragua a non partecipare al Vertice in solidarietà con l’isola, richiesta che sulla quale gli Stati Uniti hanno di nuovo posto il veto; 2) la richiesta di appoggiare il popolo fratello dell’Argentina nella sua rivendicazione di sovranità sulle Isole Malvinas, sostenuta dalla maggioranza dei Paesi Latinoamericani, ma bloccata da Stati Uniti e Canada, che danno più importanza agli interessi dell’impero inglese, suo alleato nelle avventure di aggressione, invasione, occupazione e saccheggio nel mondo. Un terzo tema rilevante è stato quello della proposta di riconsiderare la politica di guerra al narcotraffico, corollario di questa edizione del Vertice e che, nonostante, ha reso evidente il fallimento della strategia imposta dagli Stati Uniti sulla materia.

Di modo che, davanti all’avanzamento dei processi d’indipendenza e sovranità, di dignità e solidarietà, che si concretizzano in vari paesi latinoamericani, e della gestione di una politica regionale radicalmente differente a quella che porta avanti la Osa e questo tipo di riunioni, il risultato non poteva essere altro: il pieno fallimento del VI Vertice delle Americhe.

Non c’è stato accordo e tantomeno consenso, non c’è stata dichiarazione finale.

Ma ci sono stati risultati positivi: 1) La solidarietà con Cuba nel recupero dei suoi diritti pieni di Stato; 2) La solidarietà con l’Argentina nella sua lotta per porre fine all’occupazione inglese delle Isola Malvinas e per recuperare la sovranità sulle stesse; 3) L’apertura alla ricerca di alternative alla guerra al narcotraffico.

Davanti ai discorsi sul guasto dell’unità delle Americhe, che sembravano diventare dominanti nei mass media, negli organismi dell’antico regime (al momento ancora in vita) e nelle cricche burocratiche della diplomazia sottomessa e servile, oggi si stà gestionando un’unità oggettiva, di governi e di popoli, che segue le strade dell’insubordinazione.

Non sarà più possibile l’unità servile agli Stati Uniti.

O si costituisce una unità basata sul rispetto pieno della sovranità, senza intervento, senza imposizione, senza cospirazione, o non sarà.

Sarà l’unità alternativa, l’unità della Celac, dell’Alba, l’unità dei popoli. Siamo ora davanti alla congiuntura nella quale stà per svelarsi la rotta che prenderanno in definitiva i nostri popoli: sottomissione o ribellione, dipendenza o sovranità. Stà qui il dilemma della Nostra America, della Patria Grande.

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca
Mario Sosa, El fracaso de la Cumbre de las Américas, pubblicato il 17-04-2012 su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=148135], ultimo accesso 22-04-2012.

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