Mentre gli indigeni criticano gli impianti minerari su grande scala, il governo disarticola il decreto minerario.
Andiamo a cambiare il mondo
Lo scorso 5 marzo, a Quito è stato firmato tra il governo ecuadoriano e l’ECSA (Ecuacorriente SA) di proprietà del consorzio cinese CRCC-Tongguan il contratto per lo sfruttamento del Progetto Mirador [1].
Un così agognato e celebrato giorno per il governo ecuadoriano è stato trasmesso sul segnale in chiaro del satellite, mentre il presidente Correa di fronte ai mezzi di comunicazione assicurava che questo contratto era una pietra miliare storica per l’America Latina dato che, secondo quanto raccontava, all’Ecuador andava il 52% della partecipazione della rendita mineraria, mentre che l’Argentina o il Perù hanno rispettivamente appena il 35% ed il 33%.
Questo “evento storico” per la rivoluzione cittadina alcune ore prima era stato macchiato da otto donne appartenenti a diversi movimenti sociali che avevano occupato pacificamente l’ambasciata della Cina. La reazione governativa era prevedibile, e le otto attiviste sono state colpite e portate presso la Polizia Giudiziaria.
Che cosa è il Progetto Mirador?
Il Progetto Mirador è un giacimento minerario che si trova nella Cordigliera del Cóndor, alla frontiera con il Perù. La zona è una delle più ricche dell’Ecuador in biodiversità, e tra i vari ritrovamenti, si rilevano 2.030 specie di piante, 142 di mammiferi, 613 di uccelli, 9 di rettili e 56 specie di rospi e rane [2].
Mirador è uno dei cinque progetti metalliferi “strategici” identificati dal governo di Correa, ci sarà un investimento di 1.830 milioni di dollari per sviluppare la miniera e 6.910 milioni di dollari per le spese per la messa in funzione.
Lo sfruttamento dei suoi minerali verrà fatto estraendo la roccia a cielo aperto, creando uno scavo la cui profondità sarà di almeno 250 metri e il suo diametro di 1,2 chilometri, secondo i dati della stessa impresa. È prevista l’estrazione di 54.000 tonnellate giornaliere di roccia, che produrrà detriti quantificati in almeno 326 milioni di tonnellate [3].
L’industria mineraria moderna non è altro che estrarre dal sottosuolo enormi quantità di roccia, che contengono, tra i vari elementi chimici, arsenico, zolfo, cadmio, cromo e piombo. La creazione di acido avviene quando la roccia eliminata e i residui contengono questi metalli che rimangono esposti all’acqua e all’ossigeno. Il risultato non è altro che acqua tossica e contaminata, che causerà i danni più seri della serie delle irresponsabilità ambientali dell’industria mineraria. La condizione dell’Ecuador come paese con una abbondante e crescente piovosità per effetto dei cambiamenti climatici, aumenterebbe ancora di più questi effetti [4].
Quando il discorso ufficiale delle multinazionali minerarie dice che la tecnologia attuale gli permette di sviluppare le proprie attività estrattive senza utilizzare prodotti tossici (cianuro e mercurio), discorso ufficialmente fatto proprio dallo stato ecuadoriano, intenzionalmente ignora che il principale effetto delle megaminiere è il drenaggio acido della miniera, che produce una contaminazione che può durare per migliaia di anni.
Uno sguardo retrospettivo
Durante il primo anno di governo di Correa il governo combinò contenuti ambientalisti con una prassi contraddittoria. In varie occasioni il presidente Correa promise che non avrebbe permesso lo sfruttamento delle risorse in ecosistemi sensibili e nel caso in cui non ci fosse un accordo con le comunità locali, fu elaborata come meccanismo di risoluzione la consultazione preventiva.
Durante i primi mesi di governo i conflitti ambientali andavano assumendo sempre più maggior importanza. Questa situazione sfociò nell’operazione militare repressiva che ci fu a Dayuma (provincia di Orellana) il giorno dopo che era stata deliberata l’Assemblea Costituente. Dopo l’umiliazione della popolazione locale da parte degli effettivi militari, fu incarcerato il prefetto della provincia, Guadalupe Llori, che una volta liberata riconfermò nelle urne il proprio mandato con l’appoggio popolare del suo paese.
L’Assemblea Costituente cercò di regolare l’attività mineraria con nuovi meccanismi giuridici e di controllo, per cui fu deliberato il decreto minerario. Mentre gli indigeni criticavano le miniere su grande scala, chiedendo il rafforzamento dei meccanismi di consultazione preventiva su cui si era impegnato il governo, il tavolo per le risorse naturali sotto la pressione del governo eliminava il carattere vincolante della suddetta consultazione [5].
La Legge per l’Industria Mineraria è presentata a novembre del 2008 presso la Commissione Legislativa, mentre la CONAIE assumeva la direzione della mobilitazione antimineraria nel paese. L’industria mineraria si trasformava così in uno degli assi fondamentali dell’agenda politica ecuadoriana.
La pressione governativa fece sì che la Commissione Legislativa, composta da parlamentari privi di capacità critica, approvasse la nuova Legge per l’Industria Mineraria. Mentre le proteste sociali si moltiplicavano, in modo parallelo l’apparato di propaganda governativo fissava lo sguardo sul movimento indigeno. A partire da allora vengono avviate le strategie di discredito dei suoi dirigenti: vengono chiamati “poncho dorati” e si incominciano ad architettare le prime accuse di essere al servizio degli interessi stranieri.
A metà marzo del 2009 la CONAIE presenta una denuncia di incostituzionalità della Legge, denuncia che come era prevedibile fu rifiutata da una Corte Costituzionale già messa motevolmente in questione per i suoi legami con l’apparato governativo.
Immediatamente dopo appariva un altro elemento di tensione tra gli indigeni e il governo di Correa: la nuova Legge per l’Uso delle Risorse Idriche, popolarmente conosciuta come Legge per le Acque.
In questa occasione e già istruiti dalle precedenti circostanze, il movimento indigeno fin dal primo momento denunciò vari cavilli giuridici che si trovavano nella Legge, mentre la mettevano in questione per non essere conforme al principio costituzionale che proibisce la privatizzazione dell’acqua. La suddetta Legge, inoltre, dava la possibilità, in base all’interesse nazionale, di modificare l’ordine delle priorità per l’uso dell’acqua, puntando a sovrapporre le attività estrattive alle priorità delle comunità.
L’ostinazione governativa fece sì che a settembre del 2009 la CONAIE convocasse una sollevazione a livello nazionale. La mobilitazione paralizzò l’iniziativa governativa, era la prima volta che il presidente Correa dalla sua poltrona presidenziale doveva fare delle rettifiche, anche se ebbe come costo la morte di Bosco Wizuma che stava manifestando contro l’iniziativa governativa.
Prepotenza e conseguenze
Anche se furono i precedenti governi neoliberali quelli che definirono l’ambito legale e istituzionale che permette l’investimento straniero nel settore minerario, è il governo di Correa il primo che trasforma le megaminiere in una attività strategica che da una impronta al futuro modello di sviluppo ecuadoriano.
L’obiettivo è chiaro, nella misura in cui l’Ecuador raggiunge il picco di Hubbert [6] o zenit del suo petrolio, la volontà del governo è di sostituire un estrattivismo con un altro.
Così si giunge al momento attuale: la firma del contratto tra ECSA e lo stato ecuadoriano con una forte opposizione sociale, soprattutto nella zone colpite. In meno di sessanta giorni verrà firmato il contratto con Kinross per sfruttare il giacimento Fruta del Norte, un’altra fonte di conflitti che si avvicina.
Al di là della resistenza indigena e delle popolazioni della zona, il contratto di ECSA ha aperto molti interrogativi tra la popolazione ecuadoriana. Questi consistono essenzialmente in: perché l’Ecuador, messo al 120° posto nell’Indice di Percezione della Corruzione 2011 da Transparency Internaciotional [7] firma un contratto con la multinazionale cinese senza chiarire le 17 irregolarità che la Corte dei Conti ecuadoriana indica nella concessione?
Effettivamente il governo ha firmato il contratto di sfruttamento del progetto Mirador senza risolvere i 17 dubbi che la Corte dei Conti Centrale ha sulla concessione. I magistrati della Corte dei Conti hanno trovato errori geografici nella delimitazione della concessione fino a problemi amministrativi che coinvolgono l’impresa estrattiva ed i
ministeri dell’Ambiente (MAE) e delle Risorse non Rinnovabili. Altre osservazioni segnalano che 1.447 ettari dell’area concessa sono dentro il Bosco Protetto della Cordigliera del Cóndor, nonostante ciò l’impresa ha a suo favore un certificato emesso dal MAE che assicura che il progetto Mirador “non è in contrasto con il Sistema Nazionale delle Aree Protette”.
Un altro grave problema è il possibile danneggiamento delle fonti e delle sorgenti d’acqua: nella concessione sono state identificate 227 fonti. Secondo la Corte dei Conti, l’esistenza di queste fonti d’acqua è una ragione per l’annullamento della concessione.
Il 27 luglio 2010, il MAE approva il documento di revisione ambientale segnalando alcune Non Conformità Minori per l’attuazione del piano di sostenibilità ambientale. La Corte dei Conti non le menziona, però elenca otto problemi che i tecnici del ministero non hanno individuato. Tra questi: “Non sono state dettagliate in modo specifico le specie esistenti sul luogo né è stato fatto un monitoraggio della flora e della fauna del progetto”. Nemmeno “è stato fatto il controllo della collocazione finale dei residui” [8].
La risposta presidenziale veniva data il 10 dicembre 2011 quando il presidente Correa puntualizzava: “Abbiamo perso troppo tempo per lo sviluppo, non abbiamo più nemmeno un secondo da perdere, (…) quelli che ci fanno perdere tempo sono quei demagoghi, non l’industria mineraria, non il petrolio, passiamo discutendo stupidaggini. Ascoltino negli Stati Uniti, che se ne vadano con quelle stupidaggini, in Giappone li mettono in manicomio” [9].
Con tutti questi ingredienti l’ 8 marzo iniziava dal distretto di El Pangui, a Zamora Chinchipe, zona danneggiata dallo sfruttamento minerario, la Marcia per la Vita, l’Acqua e la Dignità dei Popoli. I movimenti sociali avevano contemporaneamente convocato manifestazioni nelle principali città ecuadoriane.
Il governo concentrava le sue forze nella capitale del paese, utilizzando il giorno della donna come scusa per convocare per mezzo ministeri i seguaci del regime. Il governo ha riunito circa ventimila persone, trasportando una gran parte dei convocati su bus finanziati dai governatorati e con la promessa di fornire la colazione, cibo e 20 dollari di compenso. Con la consegna di “Non passeranno”, il correismo metteva in opera le stesse pratiche sviluppate dal franchismo ogni 20 novembre, mentre viveva il dittatore, per riempire Plaza de Oriente a Madrid. In opposizione i movimenti sociali e le organizzazioni della sinistra politica convocavano per quello stesso giorno circa settemila persone ad una manifestazione di solidarietà con le rivendicazioni della Marcia.
Al comizio centrale della mobilitazione governativa il presidente Correa ironizzava sulla marcia indigena, definendola come un fracasso. Lì, il primo mandatario ha ballato e cantato insieme al suo cancelliere Ricardo Patiño, che è messo molto in questione dopo la scoperta in Italia di 40 chili di cocaina nella valigia diplomatica ecuadoriana.
Effettivamente, nel distretto di El Pangui la marcia è iniziata con sole 300 persone, anche se il suo passaggio per Yanzatza e l’entrata a Zamora sono stati gremiti. Il giorno dopo, i partecipanti alla marcia hanno camminato verso Loja e all’entrata nella capitale del sud hanno aderito 2.000 persone. Alla fine, ieri erano 2.500 coloro che erano arrivati a Saraguro, venendo ricevuti da un paese in festa.
Contemporaneamente la città di Cuenca, la terza città del paese per numero di abitanti, dava vita ad una mobilitazione contro l’industria mineraria su grande scala e in solidarietà con i partecipanti alla marcia che arriveranno il prossimo lunedì, arrivando a più di quindicimila manifestanti. Le contromanifestazioni governative sono arrivate a riunire appena 2.500 convocati.
Quella stessa mattina uno stravolto Rafael Correa annunciava con un chiaro atteggiamento xenofobo durante il suo collegamento del sabato che “il 22 noi a Quito ne abbiamo visti centinaia di migliaia, se loro sono 500 noi saremo 5.000. Non permetteremo che la sinistra infantile, con piume e poncho, destabilizzi questo processo di cambiamento”.
Così le cose, mentre la marcia indigena e le espressioni di solidarietà crescono goccia a goccia come un torrente, anche l’intolleranza che questa genera da parte delle strutture del potere cresce parallelamente.
Note:
[1] Il consorzio CRCC-Tongguan è una filiale delle imprese cinesi Tongling Nonferrous Metals Group Holdings Co. Ltd e Railway Construction Corporation Limited, si è aperta in Ecuador la porta all’era delle megaminiere.
[2] Dati tratti dalla rivista Tierra Incognita No.36.
[3] Estudio Impacto Ambiental Ampliatorio Proyecto Mirador, Ecuacorriente SA – Terrambiente C. Ltda, pag 11.
[4] Sacher, William y Acosta, Alberto. La minería a gran escala en Ecuador. Abya Yala. Quito, 2012. Pag. 77.
[5] Martínez, Mateo. El Cascabel del Gatopardo. FLACSO-Abya Yala. Quito, 2011. Pag. 99.
[6] La teoria del picco di Hubbert, anche conosciuta come zenit del petrolio, picco del petrolio o esaurimento del petrolio, è una autorevole teoria sul tasso di esaurimento sul lungo periodo del petrolio, così come di altri combustibili fossili.
[7] L’Ecuador appare al 120 posto su 182 paesi classificati. Il suo punteggio globale è 2’7, più vicino al 1’0 dell’ultimo paese della lista, la Somalia, che al primo, la Nuova Zelanda con 9’5.
[8] http://expreso.ec/expreso/plantillas/nota.aspx?idart=3048705&idcat=19308&tipo=2
[9] Citazione del presidente Rafael Correa nella città di Macas, 10 dicembre 2011.
12-03-2012
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da |
Decio Machado, “Gota a gota se va conformando un torrente” traducido para Vamos a cambiar el mundo por S., pubblicato il 12-03-2012 su [http://vamosacambiarelmundo.org/2012/03/gota-a-gota-se-va-conformando-un-torrente/], ultimo accesso 13-03-2012. |