Prova di forza


Alfredo Molano Bravo

Gli Urabegni, una delle organizzazioni che hanno cominciato ad essere chiamate con l’eufemistico nome di bande criminali, hanno mostrato la forza che hanno in sei dipartimenti (Antioquia, Chocó, Magdalena, Córdoba, Cesar e Sucre), zone dove il paramilitarismo non solo non ha smesso di essere forte, ma che, al contrario, si sta rimobilitando.

Il narcotraffico, il contrabbando ed il sicariato continuano ad essere le loro fonti logistiche, ma è possibile che al giorno d’oggi l’estorsione sia la più succulenta delle loro attività. Si sapeva che a Bello ogni affare, grande o piccolo, paga il pizzo o la quota per la sicurezza ad uno o ad un altro gruppo. A Ciénaga, Magdalena, succede lo stesso. A Istmina, a  Montelíbano, a Tumaco, uguale. Si è creata una grande rete di estorsione che, non dubito di pensare, sia nazionale o sia sul punto di esserlo. Si è venuta a creare all’ombra della smobilitazione del paramilitarismo. Le AUC inflessibilmente riscuotevano contributi o versamenti o quote per sostenere le proprie organizzazioni. All’inizio gli allevatori, i commercianti, i trasportatori li pagavano con piacere, poiché ricevevano in cambio una protezione per i loro affari, cosa che implicava far sparire la guerriglia (che anche lei faceva estorsioni, e fa estorsioni) a costo di massacri o di assassinii esemplari, imporre salari bassi e liquidare le proteste sul lavoro. E chiaramente, fare pulizia sociale. I paramilitari avevano basi di dati di tutta la gente agiata.

Con il tempo, i collaboratori si sono stancati o infastiditi. Questo momento coincide con la smobilitazione: è più economico, dissero, pagare le tasse che le quote. Ma era già tardi. I gruppi smobilitati, ciascuno per proprio conto, hanno continuato a riscuotere contributi, sostenuti dalle molte armi che mai avevano consegnato e dalla fama che ogni paramilitare aveva nella zona. Non avevano più bisogno di uniformi, né di bracciali né di armi lunghe. Ancor di più, in molte parti i collaboratori dovevano – e debbono – pagare vari gruppi allo stesso tempo, poiché non c’è una unità di comando. In ogni regione comandano allo stesso tempo Urabegni, Rastrojos, e tutti riscuotono.

La grande differenza con il periodo delle AUC è che l’estorsione ora è diventata popolare. A Ciénaga, per esempio, la quota viene pagata da uno che vende telefonate fino alle grandi imprese bananiere o minerarie. Eppure avviene in tutto il dipartimento del Magdalena. E in tutta La Guajira. Il fatto lo conosco e lo ho visto nel sud di Córdoba e presumo allo stesso modo fino al nord. Nell’Urabá e nella zone minerarie del Pacifico la situazione è la stessa. L’estorsione domina e attraverso questa via controllano la popolazione. Di cosa vivevano Cuchillo e Caracho nel Meta e nel Vichada? Nella misura in cui il narcotraffico si concentra e si monopolizza in cartelli medi e grandi, l’estorsione si democratizza, si amplia – diciamo – la base tributaria parallela. Sicuramente in molte zone rurali si paga di più in estorsioni che in imposte sui terreni.

L’organizzazione necessaria per l’estorsione è certamente militare: i gruppi vanno armati ed assassinano i collaboratori ed i pagatori che sono in ritardo con quanto sono obbligati o che si rifiutano di  procurarselo. Ma vado più in là: Come è possibile che essendo un fenomeno così generalizzato, così gravoso per quelli che sono stati estorti, le autorità non se ne rendano conto? O se ne rendono conto e ottengono la loro parte? Non dico tutte; nemmeno che sia un comportamento istituzionale, ma la dimensione della faccenda impone questa spiegazione. Alejandro Arias, un oculato giornalista di Santa Marta, scrive: Nessuno crede alla polizia poiché “si è dedicata a giocare con la politica ed ha mentito su aspetti rilevanti della sicurezza cittadina. Non c’è morto che non sia giustificato nei suoi comunicati stampa: lo hanno ucciso poiché era avvocato, era giornalista, era mendicante, era smobilitato, era qualsiasi cosa per cui si giustifica lo abbiano assassinato; sì, secondo loro la società dovrebbe stare tranquilla”. Bisogna esaminare con cautela.

La morte di “Giovanni” (Juan de Dios Úsuga) è stata il motivo di una dimostrazione di forza che ha un messaggio: Lasciateci lavorare. Come potrebbero gli Urabegni e soci paralizzare sei dipartimenti se non avessero una grande rete di affari sostenuta da un efficace potere armato?

10-01-2012

El Espectador

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
Alfredo Molano Bravo, “Prueba de fuerza” traducido para El Espectador por S., pubblicato il 10-01-2012 su [http://www.elespectador.com/impreso/opinion/columna-319868-prueba-de-fuerza], ultimo accesso 13-01-2012.

 

I commenti sono stati disattivati.