Intervista ad Alberto Acosta
Alberto Acosta, ex presidente dell’Assemblea Costituente ed economista ecuadoriano, è stato uno dei redattori del programma di governo del partito di Rafael Correa, Alianza País. Disaccordi con il presidente Correa lo hanno portato ad allontanarsi e a denunciare da fuori la deriva estrattivista e poco partecipativa della “Rivoluzione Cittadina”.
SIN PERMISO: Che ruolo hanno avuto i movimenti sociali nell’arrivo di questa nuova ondata di governi “progressisti” in America Latina?
ALBERTO ACOSTA: Senza quelle mobilitazioni sociali, particolarmente dei popoli e delle nazionalità indigeni, in Ecuador e Bolivia, e senza la risposta di ampi settori della popolazione danneggiati dalle strutture oligarchiche, e ancor di più dalla proposta neoliberale, questi governi sarebbero impensabili. Sono il diretto risultato dell’accumulazione storica delle lotte popolari, nessuno di questi governi, in maggiore o minor misura, può essere pensato al margine di questi processi. Nel caso concreto dell’Ecuador, l’attuale presidente non sarebbe arrivato al Governo senza quello storico processo di accumulazione. Deplorevolmente lui non comprende questa realtà e a volte presume che sia un lampo a ciel sereno, quando invece le nubi sono già cariche a causa delle lotte popolari.
S.P.: Che progressi ci sono stati con questi governi?
A.A.: Ci sono molte impostazioni che non condivido, e a volte vedo che c’è un enorme processo di ritorno delle cose che si facevano, ma non si possono negare i progressi. Nel caso dell’Ecuador, il non aver firmato il Trattato di Libero Commercio (TLC) è stato un passo molto importante, anche se ora in Ecuador si sta discutendo un TLC con l’Unione Europea. Si è progredito molto seriamente nel recupero della sovranità e dignità internazionale con una politica seria e non è stata rinnovata la presenza della base nordamericana di Manta, qualcosa che è tremendamente positivo. Ma ci sono dubbi in altri ambiti, dove il Governo non riesce a dare una risposta decisa, anche a livello internazionale.
Credo che bisogna essere molto più cauti e rigorosi nell’analisi dei paesi che sono in un’orbita più bolivariana (Venezuela, Bolivia ed Ecuador), dove si è parlato di Socialismo del XXI Secolo. In primo luogo da nessuna parte c’è Socialismo del XXI Secolo. Ciò che io vedo è l’estrattivismo del XXI Secolo. Si supera lo stato neoliberale, che entra in crisi, si torna a recuperare lo stato in quanto fattore di sviluppo e si cominciano ad introdurre alcuni cambiamenti importanti in questi paesi, con uno spiccato sistema di accumulazione estrattivista, dipendente dal petrolio e dai minerali. In Ecuador, petrolio. In Bolivia, gas e minerali. Nonostante ciò, questi paesi hanno conseguito una maggiore presenza dello stato nel determinare l’uso delle risorse minerali e petrolifere. Non è più l’epoca neoliberale quando questo uso era determinato dalle imprese multinazionali. Ora c’è una maggiore partecipazione dello stato sulla rendita mineraria e petrolifera, c’è anche una migliore distribuzione di questa rendita. Ma non viene colpita la modalità di accumulazione primaria estrattivista esportatrice, non c’è un cambiamento nella struttura produttiva, non c’è un cambiamento nella struttura del commercio internazionale, né delle importazioni né delle esportazioni.
Nel caso ecuadoriano la questione è drammatica. Il petrolio sta finendo e la scelta del Governo è di aprire la porta all’industria mineraria metallica su grande scala a cielo aperto. In tutti questi paesi, il DNA estrattivista della società e dei suoi governanti gli impedisce di essere coerenti tra l’idea, il discorso e la pratica. Anche nel discorso già ci sono enormi aberrazioni, come quando il presidente Correa dice che se gli rimanesse un solo condor vivo [“per dare da mangiare al popolo”] egli sceglierebbe di fare il condor in fricassea, che è una cosa barbara, perché ciò che bisogna costruire è un paese nel quale non si arrivi alla sparizione di nessun condor, di nessuna specie, di nessun sistema ecologico.
S.P.: Che richieste sociali sono state soddisfatte con il Governo di Correa?
A.A.: In Ecuador, il fatto di democratizzare la rendita mineraria e petrolifera si trasforma anche in maggiori investimenti sociali, nell’educazione, salute, abitazione, investimenti sociali. Nelle precedenti amministrazioni, nei governi neoliberali, si dava la precedenza al pagamento del debito estero. In questo periodo, si da la precedenza agli investimenti sociali. Prima gli investimenti sociali non arrivavano al 4% per cento del PIL, con questo governo arrivano all’ 8%. Relativamente alla imprese multinazionali, negli anni precedenti si richiedeva che assumessero una grande quantità di compiti e fu emarginata la partecipazione dello stato. Ora lo stato interviene attivamente. Certamente questo Governo ha avuto anche i maggiori introiti petroliferi degli ultimi anni. Questo si deve soprattutto agli alti prezzi internazionali. È un governo con molte risorse, però il merito è di aver destinato questo denaro agli investimenti sociali. Ora, il problema grave è che questi investimenti non si sono riflessi in un miglioramento sostanziale delle condizioni sociali di ampi strati della popolazione. Qui c’è un tema preoccupante: lo stesso Governo riconosce che i poveri stanno “meno peggio”, secondo un documento ufficiale che utilizza questo concetto, ma i ricchi molto meglio. La disuguaglianza è aumentata. Il segmento più ricco della popolazione ha aumentato di quattro punti la sua partecipazione al reddito.
S.P.: In Ecuador dopo un periodo in cui i governi non riuscivano a terminare i loro mandati a causa delle rivolte popolari, è avvenuta una “re-istituzionalizzazione”?
A.A.: Questo Governo ha permesso la ricomposizione di alcune forze oligarchiche tradizionali e la formazione di nuovi gruppi imprenditoriali. Non c’è una messa in discussione che dia il passo ad un cambio di strutture. Veramente i poveri stanno “meno peggio”, questo si riflette anche nell’appoggio popolare al presidente Correa. Ma le questioni di disuguaglianza non sono state risolte. Il Governo affronta con durezza il potere finanziario nel discorso, cerca di porgli dei limiti, ma non riesce a rischiare di persona. La banca ha ottenuto maggiori livelli di rendita che con le precedenti amministrazioni. E questo nonostante che non abbia lo stesso livello di influenza. Non c’è redistribuzione della terra. In una intervista al presidente Correa che gli fa Ignacio Ramonet, di Le Monde Diplomatique, Correa riconosce che l’indice di Gini sul possesso della terra supera lo 0.9, una cosa barbara, ed egli stesso riconosce che ha avuto un Ministero dell’Agricoltura che lavora esclusivamente per i grandi gruppi agro-esportatori, ed ora finisce con il nominare un nuovo ministro dell’Agricoltura legato a questi gruppi. C’è un discorso a favore del mondo contadino, di sovranità alimentare, di ripensamento dell’organizzazione della società, l’economia sociale e solidale, ma nella pratica non si avanza. E dopo c’è un problema con l’acqua: c’è una disposizione costituzionale, l’articolo 12, dove si dice che l’acqua è un diritto umano fondamentale, mentre nell’articolo 318 si dice che l’acqua in nessun modo non può essere privatizzata… però il Governo non vuole lasciar passare la deprivatizzazione dell’acqua.
S.P.: Perché c’è tanta differenza tra i diritti costituzionali ottenuti nel 2008 e l’applicazione e lo sviluppo
delle leggi?
A.A.: Una spiegazione è che ancora non comprendiamo cosa significhi una Costituzione. Lo stesso presidente della Repubblica non coglie con serietà ciò che è una Costituzione. Rafael Correa sostenne con molto entusiasmo la Costituzione dell’anno 2008 e dopo fu uno dei promotori della sua approvazione nel referendum. E poi, in pratica, non sono tre anni che è entrata in vigore e propone dei cambiamenti che entrano in contraddizione con i principi fondamentali come l’indipendenza della giustizia, come il consolidamento del quinto potere o potere cittadino, che è qualcosa di nuovo e fondamentale, che ha a che vedere con la partecipazione cittadina. Successivamente viene messa in moto la legge sulle Miniere senza nessuna discussione democratica, con un enorme deficit di partecipazione. Credo che sia la prima grande rottura della Costituzione. La legge sulla Sovranità Alimentare e molte delle raccolte legali approvate sono apertamente contro la Costituzione, non stanno compiendo con i mandati costituzionali. Non si parla, non si pratica, non si fa avanzare ciò che è lo stato plurinazionale.
S.P.: C’è stata la volontà politica affincé il progetto del Yasuní andasse avanti?
A.A.: I dubbi del presidente Correa si spiegano, da un lato, perché egli non riesce a comprendere ciò che sono i diritti della natura. Da un altro lato perché egli è preso dalle necessità congiunturali delle risorse economiche nel dare una risposta alle richieste fatte allo stato. Il presidente Correa è anche vittima del DNA estrattivista. Egli ha ripetuto varie volte che non permetterà di lasciare le risorse naturali nel sottosuolo, perché sarebbe come se un povero stia seduto su un sacco d’oro. È la stessa logica tradizionale.
S.P.: È un discorso simile a quello del cane dell’ortolano dell’ex presidente peruviano Alán García…
A.A.: È il cane dell’ortolano di Alán García. La figura del povero seduto su un sacco d’oro è di Alexander von Humboldt,di 200 anni fa. Abbiamo creduto che solo con l’elezione di un presidente le cose sarebbero cambiate o che con l’approvazione di una nuova Costituzione la società sarebbe stata già differente, e non è vero. E da lì viene il problema più grande, non è solo il presidente colui che non rispetta la Costituzione, non è il suo Governo quello che non la accetta, è una società che non ha ancora compreso che la Costituzione è una cassa di attrezzi per costruire democraticamente una società democratica. Lì sono i nostri diritti, obblighi, istituzioni, procedure, strutture per costruire un paese differente. Ma è un compito della società. Questa Costituzione, senza dar luogo a dubbi, è la Costituzione che raccoglie la maggior quantità di proposte, di richieste e aspirazioni dei popoli indigeni, la maggior quantità di aspirazioni delle lotte di emancipazione dei popoli nell’Ecuador. Questo è indubitabile. Ma particolarmente del movimento indigeno. Ed il movimento indigeno ancora non ha finito di appropriarsi della Costituzione per fare una opposizione al Governo attraverso quella, che gli darebbe maggiore legittimità.
S.P.: Quale è la relazione dei movimenti sociali con il Governo di Correa?
A.A.: Il governo del presidente Correa ha cercato di debilitare e di dividere il movimento indigeno. Successivamente, quando non riesce a cooptarlo, cerca di creare un proprio gruppo, vuole avere un proprio gruppo di maestri organizzati, un suo proprio gruppo di medici organizzati, un suo proprio gruppo di indigeni organizzati, vuole avere una sua propria organizzazione sociale… La Segreteria dei Popoli non ha compreso che doveva essere un punto di collegamento con i movimenti sociali per mettere a punto le loro richieste e creare le condizioni per discutere sulla costruzione di un contesto di aspettative condivise. L’obiettivo della Segreteria non era di contribuire a che i movimenti facessero parte del Governo.
Il problema del presidente Correa è che non sia riuscito a comprendere la proposta della Rivoluzione Cittadina in tutta la sua ampiezza. Egli si è fermato solo alla parte liberare della cittadinanza, dell’individuo, per cui bisogna lottare contro le corporazioni, contro la visione più strutturata circa gli interessi corporativi e gli interessi del potere. Su questo punto confonde una corporazione, ossia una associazione di banchieri, con una organizzazione indigena o contadina. Il Corporativismo è ciò che vuole combattere, è sono d’accordo, ma una organizzazione sindacale o indigena non è una struttura corporativa, è una cosa differente. Uno dei punti più deboli del presidente Correa è che è un Governo che si vanta della Rivoluzione Cittadina e ciò che è risaputo è il deficit di partecipazione cittadina. Il deficit di cittadinanza nella Rivoluzione Cittadina è inoccultabile.
S.P.: Il potere ha cambiato Correa?
A.A.: Io credo di sì, non riconosco il Correa degli ultimi due anni. Io conoscevo Correa, eravamo amici fin dall’anno 91. Questo Correa non lo riconosco.
15-11-2011
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da |
Martín Cúneo, “A este Correa lo desconozco” traducido para Sin Permiso por S., pubblicato il 15-11-2011 su [www.losmovimientoscontraatacan.wordpress.com], ultimo accesso 16-11-2011. |