Come nei migliori tempi dei governi dittatoriali, ieri centinaia di effettivi della polizia hanno brutalmente represso donne, bambini, anziani e uomini indigeni che da 41 giorni partecipavano alla marcia “Per la Difesa del Territorio, la Dignità e la Vita”. Una repressione di un governo indigeno, con un presidente indigeno, contro i popoli indigeni.
Il Comitato per la Comunicazione della Marcia ha riferito che è morto un bebé indigeno di tre mesi, a causa dei gas lacrimogeni utilizzati nella repressione poliziesca, 37 persone sono state date come scomparse, tra queste sette bambini, due centinaia di arrestati sono stati liberati per l’azione della popolazione solidale ed alcune colonne di marciatori si stanno riorganizzando per continuare la loro avanzata verso La Paz, sede del governo della Bolivia.
Gli indigeni della Confederazione dell’Oriente (CIDOB), Chaco e Amazzonia, e il Consiglio Nazionale degli Ayllus e Marche del Qollasuyo (CONAMAQ) hanno iniziato la marcia il 15 agosto, percorrendo in 41 giorni 310 chilometri e gli mancano ancora poco meno di 300 chilometri per portare a termine il loro obiettivo.
Il principale dirigente indigeno, Adolfo Chávez, ha sottolineato che “i popoli indigeni di tutto il paese sono indignati e profondamente addolorati per le azioni del governo. Questo governo ci ha promesso un cambiamento: rispettare i diritti indigeni, rispettare la madre terra, rispettare la nostra cultura, rispettare la nostra autodeterminazione, ma in questi cinque anni di governo nulla di tutto questo è avvenuto. I membri della polizia ci hanno represso e maltrattato come se fossimo degli animali, questo non lo possiamo più tollerare”.
L’accampamento dei marciatori indigeni è stato saccheggiato e bruciato dai membri della polizia, vari dirigenti sono stati colpiti e legati alle mani, altri sono riusciti a fuggire verso il monte ed alcuni sono ancora dispersi; i giornalisti che seguivano l’azione repressiva sono stati aggrediti e sono stati sequestrati i loro strumenti di lavoro ed anche i medici dei paesi limitrofi sono stati colpiti.
Il direttore dell’Ospedale di San Borja, Javier Jiménez, ha dichiarato che “un medico è stato ammanettato, colpito, ed ora è ricoverato, è stata fatta una radiografia per scartare che non abbia una frattura alle costole”.
Crisi di governo
Mentre il governo cerca di giustificare la violenta repressione poliziesca contro i marciatori, la ministra della Difesa Nazionale Cecilia Chacón ha irrevocabilmente rinunciato al suo incarico.
In una lettera inviata al Presidente Evo Morales Ayma, gli dichiara: “Assumo questa decisione perché non condivido la misura che ha assunto il governo di intervenire nella marcia e non posso difendere né giustificare la stessa, fin tanto che esistono altre alternativa nell’ambito del dialogo”.
Ha aggiunto: “Non così! Abbiamo concordato con il popolo di fare le cose in un’altra maniera”.
Come avveniva nei governi neoliberali, il Ministro di Governo Sacha Llorenti ha dichiarato che si è proceduto a “sgomberare” i marciatori per preservare la loro integrità fisica.
L’intenzione governativa consisteva nel riportare con la forza i marciatori indigeni alle loro comunità di origine, questo intento è stato impedito dalle massicce mobilitazioni e dal blocco delle strade e degli aeroporti che si sono verificati in vari territori orientali del paese.
Rappresentanti della Chiesa Cattolica e di altre religioni, le Nazioni Unite, la Difesa del Popolo, l’Assemblea per i Diritti Umani ed altre istituzioni hanno criticato l’azione governativa affermando che quanto avvenuto durante la repressione degli indigeni non è democrazia.
“Chiediamo che le autorità nazionali rinuncino ad un cammino di repressione, pesecuzione e violenza che non porta soluzioni ai problemi e che dimostrino con azioni coerenti il discorso che viene fatto di difesa dei diritti dei boliviani, specialmente delle popolazioni più povere e vulnerabili”, ha detto il Segretario Generale della CEB, monsignor Oscar Aparicio, a mo’ di appello dei pastori episcopali nel messaggio intitolato ”La violenza nega dignità delle persone”.
La Presidente dell’Assemblea Permanente per i Diritti Umani della Bolivia, Yolanda Herrera, ha denunciato che i marciatori sono stati anche privati dell’accesso all’acqua e agli aiuti umanitari.
Coscienza nazionale
Di fronte alla brutalità della polizia, in vari punti del territorio nazionale vengono portate avanti misure di pressione in appoggio delle richieste indigene e contro la politica governativa.
La Centrale Operaia Boliviana (COB), massimo organo dei lavoratori di questo paese, ha dichiarato uno sciopero nazionale.
Fin dal primo giorno della marcia, il governo ha cercato di criminalizzare gli indigeni accusandoli pubblicamente di essere manipolati e finanziati da Organizzazioni Non Governative e da fondazioni, da impresari del legno e da allevatori, dall’ambasciata nordamericana e dall’USAID, dai partiti della destra e dell’estrema sinistra; ma, nessuna accusa è stata comprovata.
L’unica cosa che ogni accusa ha fatto è di rafforzare i passi dei marciatori.
La principale richiesta indigena si riferisce al rifiuto della costruzione di una strada che attraversa il nucleo o cuore del Territorio Indigeno del Parco Nazionale Isiboro Sécure (TIPNIS).
Gli indigeni difendono quello che dice la nuova Costituzione Politica dello Stato, il governo lo calpesta.
La cosa certa è che nel paese situato nel cuore del continente latinoamericano, la repressione della polizia contro i marciatori ha posto un grande interrogativo su ciò che è chiamato “processo di cambiamento”, sul “governo indigeno” e sul “governo della rivoluzione sociale”.
Il processo di cambiamento ha come pilastri fondamentali la cultura del dialogo, la cultura della pace e la cultura della vita, ma ieri questi pilastri si sono trasformati nella cultura della repressione, nella cultura della violenza e nella cultura della morte.
E, i popoli indigeni, storicamente si sono convertiti in un altro dei pilastri su cui si regge la struttura di appoggio al governo nazionale.
Differenti settori sociali che hanno lottato durante vari anni per il processo di cambiamento, richiedono di riportare e/o approfondire questo processo; in caso contrario ci aspetta un pericoloso abisso …
27/9/2011
* Giornalista e scrittore boliviano, ex portavoce del governo.
Alai
da La Haine
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da |
Alex Contreras Baspineiro, “Bolivia: ¿Y el proceso de cambio?” traducido para La Haine por S., pubblicato il 27-09-2011 su [http://www.lahaine.org/index.php?p=56342], ultimo accesso 27-09-2011. |