La valutazione di questo governo, o di qualsiasi altro, dovrebbe presupporre sempre una attitudine riflessiva, critica, propositiva, capace di segnalare virtù e difetti, in funzione di un paese migliore, di un mondo migliore, aldilà della meschinità dell’interesse individuale o settoriale, ossia quello economico, politico o corporativo.
In questo senso bisogna riconoscere al governo la virtù di aver potuto costruire concetti e principi teorici innovatori per lo stato e la società. Gran parte di questi buoni principi sono rappresentati nella nuova Costituzione: il vivere bene, il rispetto della diversità, il rispetto della madre terra fatto conoscere al mondo come coscienza planetaria basata sulla pace, la solidarietà, l’interculturalità e la complementarietà.
Ma i buoni principi non significano nulla se non sono messi in pratica, ed è ancor peggio quando rimangono come mera retorica ripetitiva: perdono tutta l’utilità del loro contenuto.
Un esempio drammatico dell’inconsistenza che c’è tra la teoria e la pratica è l’ostinazione del governo di Evo Morales a costruire una strada che attraversa la stessa parte centrale del Territorio Indigeno e del Parco Nazionale Isiboro Sécure (TIPNIS), proclamato tale per la sua protezione e conservazione, violando chiaramente l’articolo 385 della stessa Costituzione ed altri relativi alla Legge sull’Ambiente.
Quando il Presidente Morales dichiarava che “I diritti della terra sono più importanti dei diritti dell’uomo”, e che “… anche gli animali e le piante hanno diritto a vivere”, stava dando luogo ad una nuova, lucida ed esemplare percezione su una realtà dogmaticamente antropocentrica, che stava distruggendo la terra in nome dei diritti dell’uomo, come dire, in nome della “integrazione dei popoli” (degli uomini), dello “sviluppo” (degli uomini), dello “sfruttamento” delle risorse naturali” (per gli uomini), dimenticando il diritto degli animali, degli alberi, dei fiumi, dei mari, e degli indigeni al loro territorio, ad un loro proprio modello di sviluppo, come dire, i diritti della madre terra. Sembrava allora che qualcosa dovesse cambiare nel mondo a partire dalla Bolivia. Ma il governo è stato incapace di mettere in pratica la teoria, continua ad utilizzare gli stessi vecchi argomenti antropocentrici, estrattivisti, di sviluppo e neoliberali per aprire strade, certamente questi argomenti sono naturalmente molto più specifici del capitalismo depredatore.
In un mondo dove sembra non essere conosciuto altro concetto di sviluppo economico che non sia quello capitalista consumista – estrarre tutte le risorse naturali possibili dalla terra per creare industrie e consumo, pertanto, lavoro, titoli di stato, strade, progresso, ecc. per gli uomini –, è molto difficile sostenere nella pratica che “I diritti della terra sono più importanti dei diritti dell’uomo”: manca molta convinzione, creatività e audacia, per dar luogo ad un nuovo modo di vivere, ad un nuovo modello di sviluppo, ad un nuovo modello di crescita economica che includa anche una migliore qualità di vita per gli animali, gli alberi, i fiumi e i mari, perché in concreto, loro costituiscono la terra e dal loro benessere dipende il vivere bene dell’uomo.
È anche più grave, solo per motivi economici al governo non sembrano interessare le altre opzioni che potrebbero non danneggiare il TIPNIS, e dice che la sua strada è “la più corta e la più economica”, ma non dice che è anche la più distruttiva, non viene detto il terribile impatto che procurerà questa strada: ciò che è in gioco sono 1.500 ettari di alberi, 602 specie di piante, 825 specie di vertebrati, 108 specie di mammiferi, 470 specie di uccelli, 39 specie di retttili, 53 specie di anfibi, 88 specie di pesci, 127 specie di insetti [1]. Perché non si parla di questo? Al contrario, disonestamente vengono calunniati coloro che si oppongono a questa strada, come se questi non volessero nessun tipo di strada.
Adolfo Moya, uno dei dirigenti indigeni più rappresentativi, dice: “Prima mio nonno viveva a Villa Tunari, tutta questa località era nostra (…), i coloni entrarono e ci allontanarono, ora gli yuracaresi vivono più all’interno. Qui poco a poco stanno entrando i coloni e quelli mettono solo coca. Quelli quando
entrano fanno sparire la selva” (…) “La hanno pulita di tutti gli alberi che sono di tutti, a Isinuta ci sono due segherie, quelli stanno lasciando la selva senza legna”. (…) “I coloni non ci rispettano, continuano ad avanzare oltre la linea rossa, già si sono messi nel territorio yuracarés ed il governo non fa nulla. Lo hanno lottizzato tutto”. (…) “Continuano a gettare dinamite nel fiume, anche i pesci non ci sono più” (…) “Con una strada nel mezzo della selva – dice Moya –, non ci sono garanzie che gli indigeni sopravvivano, allora loro cominceranno a migrare nelle città, inizieranno a proliferare i sentieri collegati alla strada, gli animali fuggiranno in altre zone in cerca della loro “collina santa” e la contaminazione inevitabilmente arriverà all’Isiboro Sécure” (…) “Tutto comincerà a sparire perché nella zona colonizzata come l’Isiboro o il rio Isinuta, dove ci sono insediamenti di coloni, i fiumi sono rimasti del tutto poveri, non c’è vita, non ci sono animali”. [2]
In una intervista Evo Morales dice che “in questi 60 chilometri del TIPNIS, con una legge, si proibirà che ci siano nuovi insediamenti lungo la strada”, ma finora non è riuscito a fermare la continua avanzata dei coloni cocaleros sul TIPNIS. Quindi ci si domanda “In quale parte del mondo è mai passata una strada attraverso un parco nazionale? Evidentemente, ciò ha a che fare con le regole” [3]. Non sa il presidente che in tutto il mondo i parchi nazionali sono aree protette e nelle zone al loro interno è proibito ogni tipo di attività economica, ancor più se si tratta di costruire strade come nel caso del TIPNIS? Che specie di accordi ha il governo per gettarsi dietro il proprio nobile impegno con la madre terra e gli indigeni?
[1] Fernández, B. et al. 2002. Caracterización técnica del PNTI Isiboro Sécure. SERNAP-GTZ/MAPZA.
[2] Los Tiempos, 14/06/2001.
[3] La Razón (LR, 6/VIII/2011)
19-08-2011
La Época
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da |
Ramiro Garavito “La teoría y práctica a propósito del TIPNIS” traducido para La Época por S., pubblicato il 19-08-2011 su [http://www.la-epoca.com.bo/index.php?opt=front&mod=detalle&id=809], ultimo accesso 19-08-2011. |