La rinuncia dell’ambasciatore statunitense in Messico, Carlos Pascual, volontaria, a dire del Dipartimento di Stato, appare come l’epilogo spettacolare della crisi diplomatica che Felipe Calderón ha reso pubblica in una intervista con il Washington Post, durante la sua recente visita alla capitale statunitense. In effetti, lì ha detto che le rivelazioni di WikiLeaks sui cablogrammi inviati dall’ambasciatore ai suoi superiori a Washington avevano generato un grande scontento nei circoli governativi messicani e particolarmente nell’Esercito, che era mostrato nei suddetti cablogrammi come incapace ed anche come codardo nella lotta contro il narcotraffico.
Calderón, non come capo di Stato ma come portavoce dell’esercito, ha allora richiesto che l’informatore diplomatico fosse rimosso, e probabilmente lo ha fatto anche durante l’incontro che ha avuto con il presidente Barack Obama. Ora, con Pascual già fuori dalla rappresentanza diplomatica, il governo messicano sembra registrare un vittoria diplomatica di Pirro che, nonostante ciò, ha un forte odore di sconfitta.
Rapidamente, le controinformazioni dagli Stati Uniti hanno affondato il governo messicano ed hanno mostrato una assoluta sottomissione ai disegni imperiali. Prima, la rivelazione della clamorosa operazione che l’Ufficio per l’Alcol, il Tabacco e le Armi da Fuoco ha chiamato Rapida e Furiosa, per introdurre in Messico carichi di armi di grosso calibro alle bande del crimine organizzato. Come si sa, delle quasi duemila armi introdotte illegalmente in Messico da questo dipartimento per possibilmente stabilire le rotte che le fanno arrivare ai criminali, solo una minima parte è stata recuperata ed il resto si trova in mano dei delinquenti per l’uso che questi sono soliti farne. E subito dopo il New York Times ha rivelato che fin dal 2009 aerei spia senza pilota delle Forze Armate statunitensi sorvolano il territorio messicano per contribuire, possibilmente, alla lotta contro le bande organizzate. Precedentemente, con l’assassinio a San Luis Potosí dell’agente statunitense Jaime Zapata, erano diventate evidenti le pressioni delle agenzie nordamericane affinché i loro agenti fossero autorizzati a circolare armati nel territorio messicano.
Tanto per quanto riguarda le armi contrabbandate come nel caso dei voli di spionaggio, gli alti funzionari del governo calderonista, come il portavoce Alejandro Poiré e la cancelliera Patricia Espinosa, hanno cercato di dare spiegazioni e giustificazioni che sembrano più quelle di un bambino che è stato sorpreso con evidenti bugie. Dal negare la conoscenza governativa dell’operazione Fast and Furious si è passati a riconoscere che si sapeva ma che non se ne conosceva l’importanza. Nel caso dei sorvoli, la segreteria degli Esteri e lo stesso portavoce della Sicurezza Nazionale hanno confessato che la Presidenza aveva fatto degli accordi alle spalle del Senato e contro la Costituzione, un accordo bilaterale segreto con il governo statunitense per permettere azioni militari straniere sul territorio e sullo spazio aereo nazionale. Il deputato Jaime Cárdenas Gracia ha già formalmente richiesto che Calderón sia giudicato per tradimento alla patria.
Ciò che ha ottenuto con la rinuncia dell’ambasciatore Pascual è che il governo messicano, in uno dei momenti più delicati delle relazioni Messico-Stati Uniti, non abbia un interlocutore di alto livello. Il governo di Obama ed il Senato statunitense potranno ritardare per lungo tempo la designazione di un nuovo rappresentante, mentre lasciano in mano di un incaricato d’affari la conduzione degli interessi bilaterali. Sicuramente, questo incaricato continuerà ad inviare al Dipartimento di Stato e alla Presidenza yankee le informazioni che considera rilevanti riguardo i comportamenti del governo messicano e dei sui dipartimenti, inclusi quelli coinvolti nella lotta al narcotraffico.
La realtà della questione, nonostante ciò, è un’altra che va più in là della diplomazia convenzionale. Le rivelazioni di WikiLeaks, le controrivelazioni della stampa statunitense e le inevitabili confessioni del governo messicano sono venute a confermare ciò che tanto le forze dell’opposizione come i mezzi di comunicazione indipendenti andavano recensendo: la crescente subordinazione del governo messicano di fronte agli Stati Uniti in diverse materie (non dimentichiamo i contratti “incentivati” in materia di petrolio), ma particolarmente in relazione alla sicurezza interna. È stato confermato che l’operazione di dicembre 2009 a Cuernavaca, in cui fu abbattuto il capo Arturo Beltrán Leyva, fu diretta dall’ambasciata statunitense. Ora si sa anche che gli Stati Uniti hanno dispiegato in Messico una ampia rete di agenti, informatori e collaboratori delle sue differenti agenzie di sicurezza (FBI, CIA, DEA, ICE, eccetera) che, armati o no, operano a loro piacimento sul territorio messicano. Solo tra il 2007 e gennaio del 2009 sono stati assassinati da bande criminali dieci agenti messicani che collaborano con la DEA e 51 informatori del FBI (cablogramma segreto 193, del 23 gennaio 2009).
A questo si aggiungono le operazioni aeree dei servizi segreti militari e il fatto che uffici del governo statunitense stiano prendendo decisioni relative alla sicurezza in territorio messicano. Un cablogramma di febbraio 2010, dopo l’uccisione di alcuni giovani a Salvarcar, prospettava che si apriva “una importante opportunità affinché noi sviluppiamo con il Messico il tipo di strategia che è necessaria per ristabilire il controllo delle strade di Juárez”. Un altro cablogramma, lo stesso che recriminava all’Esercito messicano la sua inefficienza nella lotta contro il narcotraffico, si vantava della fiducia statunitense verso la Marina messicana, i cui elementi di elite e gran parte degli ufficiali sono stati formati ed addestrati nelle istituzioni degli Stati Uniti. Il sindaco di Ciudad Juárez, nell’assumere come nuovo segretario per la Sicurezza Municipale il tenente colonnello in ritiro Julián Leyzaola, che viene segnalato come torturatore e violatore di diversi diritti umani nel suo precedente incarico a Tijuana, ha dichiarato che il suo arrivo nella frontiera di Chihuahua era stato “approvato” dal oggigiorno defenestrato ambasciatore Carlos Pascual.
Assistiamo ad un fenomeno di virtuale annessione del territorio messicano da parte degli Stati Uniti, come spazio ampliato della sua sicurezza interna. Non si tratta di una occupazione militare tradizionale né di un mero caso di indebita ingerenza negli affari messicani, ma di una nuova definizione delle frontiere e di ampie regioni del nostro paese come estensione del territorio statunitense, almeno per quanto riguarda la sicurezza. È ciò che potremmo denominare una annessione di bassa intensità, forse coperta ma non per questo meno reale; tutto ciò con la consapevolezza ed il permesso del presidente Calderón. Lo hanno detto esperti come Edgardo Buscaglia. la guerra di Calderón è in realtà una guerra degli Stati Uniti che viene fatta in territorio messicano.
L’uscita di Pascual non risolve nessuna delle questioni dell’agenda bilaterale Messico-EU; sicuramente nemmeno migliorerà le relazioni tra ambedue i paesi. Il governo statunitense difficilmente perdonerà l’umiliazione di dover vedere rinunciare un suo rappresentante diplomatico su richiesta di Calderón e di alcune Forze Armate che considera inefficienti e in un certo senso corrotte. La dimissione nemmeno diminuirà il livello di dipendenza del nostro paese né l’ingerenza statunitense. Come si dice popolarmente, la nostra diplomazia senza direzione è una mera acqua di borraggine (senza importanza, ndt).
23 Marzo 2011
Cambio de Michoacán
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da |
Eduardo Nava Hernández, “Anexión de baja intensidad” traducido para Cambio de Michoacán por S., pubblicato il 23-03-2011 su [http://www.cambiodemichoacan.com.mx/editorial.php?id=4635 ], ultimo accesso 30-03-2011. |