Lucía Sepúlveda Ruiz
I prigionieri politici mapuche continuano a dare ai movimenti sociali, ai popoli oppressi e a coloro che lottano per i diritti umani una grande lezione etica, sociale e politica. È cresciuta la speranza, è rinata la solidarietà, si è nuovamente cominciato a calcare le strade… E questo sta succedendo in uno dei paesi dell’America Latina socialmente più arretrati ed alieni ai cambiamenti, nel nostro regno cileno del consumo e della mancanza di compromessi. In mezzo a ciò si manifesta un potente movimento che è venuto formandosi in decenni di quotidiane e dure lotte nelle depredate comunità del sud, di cui sono protagonisti uomini la cui sorte è legata alla terra, oggi incarcerati, e donne che sono la terra, portavoce dei suoi dolori.
Dietro a loro, dietro ai prigionieri ed alle loro madri, spose e sorelle, si sono schierati mapuche e sempre più non mapuche, anche loro fratelli nella loro lotta. Da lì i risultati. Così è avvenuto che lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite abbia fatto pressione su Piñera per risolvere l’assunto. Così è avvenuto che il presidente della Corte Suprema abbia commentato pubblicamente che la legge antiterrorismo non era conforme alla democrazia. Così è avvenuto che il governo abbia dovuto inviare sul terreno i propri ministri, mettendo ancor più in evidenza – per confronto – l’indifferenza criminale sul tema dei governi della Concertazione. Così anche la gerarchia della chiesa cattolica è dovuta intervenire sul tema dal quale finora era stata scandalosamente assente. E per la prima volta in televisione i mapuche sono apparsi come persone, che dialogano, capaci di discutere delle proprie richieste all’autorità o dei loro detrattori.
Il dibattito sulla legge antiterrorismo e sui suoi effetti sulle lotte sociali è entrato nell’agenda cittadina, insieme alle richieste mapuche per la fine della criminalizzazione delle comunità. Finalmente è stata affrontata la riforma della giustizia militare. Oggi i giudici sono nel mirino riguardo ai giudizi sui mapuche; c’è un altro contesto politico ed un altro contesto mediatico e questo è soprattutto evidente a livello internazionale. I procuratori sono stati “turbati” e la protesta sull’illegalità delle loro procedure con i testimoni protetti arriva alla Corte Suprema. Questa protesta non violenta di coloro che potevano offrire solo il proprio corpo per farsi sentire, da al paese un nuovo scenario per le lotte popolari e per le molte sfide. Cosa si può chiedere di più ad uno sciopero della fame ed ai 14 che fanno parte della comunità, alcuni dei quali hanno iniziato il loro digiuno il 26 luglio?
Per questo oggi è anche possibile e necessario parlargli per dirgli, umilmente e riconoscendo la loro indiscutibile autonomia, che in un certo modo siamo e ci sentiamo parte anche della decisione che prendono perché è necessario tenerli tutti, e ciascuno di essi, in vita, perché questa è una decisione politica che dovranno prendere considerando chi vince con il prolungamento dello sciopero.
Il Primo Congresso Contadino della CLOC/Via Campesina del Cile, convocato dall’ANAMURI e Ranquil – che seguirà in Ecuador – il 1 ottobre ha discusso sulla militarizzazione delle lotte sociali e sulla legge antiterrorismo, temi che prima non sarebbero stati considerati ed ora sono stati analizzati insieme alle lotte per la terra e l’acqua come diritti umani, alla riforma agraria, oal la sovranità alimentare. Il Congresso, che si è concluso sabato 2 ottobre a La Victoria, ha fatto una vibrante richiesta a coloro che sono in sciopero della fame: “Fratelli, vi vogliamo vivi, abbiamo bisogno di voi per la lotta!” Questa invocazione riconosce il valore di questa lotta e si compromette con essa. Da lì la sua forza, che condividiamo a partire dalle organizzazioni sociali e per i diritti umani – come la Commissione Etica Contro la Tortura – con le quali abbiamo lavorato in appoggio della causa mapuche.
Noi ci rivolgiamo a loro, la maggioranza ospedalizzati e in stato critico:
Carcere di Angol
Víctor Llanquileo Pilquiman, Fernando Millacheo Marin, José Queipul Huaiquil
Ospedale di Victoria
Víctor Hugo Queipul, Felipe Huenchullan Cayul, Camilo Tori Quiñinao, Eduardo Osses Moreno, Alex Curipan Levipan, Carlos Huaiquillan Palacio, Waikilaf Cadin Calfunao.
Carcere di Temuco
Hugo Melinao, Cristián Levinao, Sergio Lican Levio (los de Temuco comenzaron pocos días atrás pues fueron detenidos en septiembre)
Carcere di Cholchol
Luis Marileo Cariqueo, menor de edad
Fratelli, vi vogliamo vivi.
07-10-2010
www.periodismosanador.blogspot.com
rCR
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da |
Lucía Sepúlveda Ruiz, “Hermanos mapuches ¡los queremos vivos, para luchar!” traducido para Rebelión por S., pubblicato il 07-10-2010 su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=114368], ultimo accesso 07-10-2010. |