Brasile: La Cina latinoamericana


La strategia di Lula per globalizzare l’economia richiede il blocco della Riforma Agraria affinché possano essere sviluppate l’agro-industria e le sue esportazioni

Juan Luis Berterretche

Il governo Lula è deciso ad approfittare della profonda crisi strutturale che gli USA ed i suoi alleati europei stanno attraversando. Ha adottato una politica internazionale agressiva, penetrando con le sue grandi imprese dapprima in tutto il continente sudamericano e parte del Centroamerica e dei Caraibi, espandendosi anche verso i paesi africani di lingua portoghese, e da quest’anno in tutta l’Africa. Il suo intervento, insieme alla Tuchia, contro le sanzioni all’Iran gli ha aperto vari mercati dell’Asia ed il suo deciso appoggio alle rivendicazioni palestinesi gli ha dato prestigio in tutto il mondo arabo. Il Brasile ha adeguato ed adottato alle condizioni del paese l’orientamento economico espansivo della Cina. Un esempio rilevante è l’appoggio e l’influenza dello Stato sulle grandi imprese del paese affinché si trasformino in multinazionali globalizzate.

Aperture democratiche avvelenate dal neoliberismo

In Brasile la lotta sindacale e democratica della Centrale Unica dei Lavoratori (CUT) ed il Partito dei Lavoratori hanno diretto lo lotta contro la dittatura. Coscienti del deterioramento e del discredito del governo militare, la borghesia insieme ai partiti che parteciparono al golpe e fecero parte di un Congresso fantoccio, riuscì ad ottenere la guida dell’apertura democratica e le impose tanto l’assicurazione di impunità richiesta dai militari – che si dura fino ad oggi – che le limitazioni affinché l’istituzionalità borghese non fosse oltrepassata. Così, la lotta democratica ugualmente riuscì ad imporre un’Assemblea Costituente (1988) che sebbene non approvò un programma di transizione anticapitalista, avviò un processo di forte radicalità democratica e sancì una Carta che continua ad essere come la più avanzata in diritti e libertà democratiche del continente. Da quel momento l’Assemblea Costituente si è trasformata nel minaccioso leviatano incontrollabile che in ogni modo si dovrebbe evitare.

Tutte le aperture democratiche conquistate nel decennio degli ’80 nelle lotte frontali contro la repressione furono controllate dai partiti politici lacché dell’Impero per fare il proprio dovere nei confronti di un padrone affinché fosse impedito il superamento delle istituzioni restaurate del sistema. Già da quel momento si poté apprezzare che la sinistra tradizionale latinoamericana – quella che aveva guidato le lotte popolari nei ’60 e ’70 – incominciava a far mostra di collaborazionismo appoggiando la ricostruzione democratica senza mettere in questione l’istituzionalità borghese. La crisi dell’URSS e dei suoi satelliti e dopo, la loro implosione, provocarono una destabilizzazione ideologica nei grandi partiti e movimenti della sinistra che culminò, nella maggioranza dei paesi, con l’abbandono totale della prospettiva di un cambiamento radicale della società. Un doppio processo di burocratizzazione ed assimilazione alle istituzioni borghesi “depurarono” tanto il PT che la CUT dagli attivisti radicali. Il deterioramento dei partiti lacché dell’Impero nell’applicazione dei Piani di Aggiustamento Strutturale (PAE) aprì uno spazio per la “sinistra addomesticata” che cominciò ad eleggere revisori e prefetti, e dopo deputati, senatori ed infine presidenti.

Offensiva neoliberale

Gli avvenimenti politici in Brasile, per il suo carattere di paese continentale con un peso economico sostanziale, ebbero un’enorme importanza per tutto il continente, tanto per quanto ha che vedere con la lotta al neoliberalismo, così come dopo, per il ristabilimento di una governabilità borghese nei vari paesi del Sudamerica. Il primo tentativo frontale di imporre un aggiustamento strutturale da schock in Brasile fu guidato da Collor de Mello (1990-1992), un milionario dello stato di Alagoas, che scatenò una forte resistenza non solo tra i lavoratori, ma anche nella classe media – per l’espropriazione delle sue Cadernetas de Poupança (risparmi) /1 – e in settori di una borghesia produttrice per il mercato interno che si oppose ad essere rimpiazzata da una apertura totale verso il mercato estero. La sua sconfitta avvenne attraverso mezzi legulei e non sotto la pressione imminente di grandi mobilitazioni popolari. La successiva spinta neoliberale in Brasile la guidò un socialdemocratico, Fernando Henrique Cardoso (FHC) (1995-2002), nell’ambito di un incontrollato processo inflattivo e di fuga di capitali promosso dal capitale finanziario imperialista.

Il PAE in Brasile si incentrò soprattutto sulle privatizzazioni, giacché la Centrale dei Lavoratori (CUT) rese difficile un grande inalzamento dell’attacco ai salari ed ai benefici dei lavoratori. La privatizzazione dei Fondi Pensione – un obiettivo centrale del capitale finanziario – dovette essere negoziata con la direzione della CUT, soprattutto Previ (fondo pensione del Banco do Brasil con 75.000 milioni di US$ di attivo) e Petros (fondo pensione della Petrobras). I due fondi pensione più importanti del paese furono consegnati all’amministrazione della burocrazia sindacale. Le tre maggiori vittorie dell’imperialismo nelle privatizzazioni in Brasile furono quella dell’imprese Vale do Rio Doce /2 venduta per un “pezzo di pane” e consegnata alla guida del capitale straniero, nelle assicurazioni – nella loro totalità – e nella telefonia fissa e mobile, che avrebbe avuto un esplosivo sviluppo negli anni seguenti. Il Banco do Brasil, e Petrobras, furono aperti all’acquisizione di partecipazioni nel mercato internazionale, però hanno mantenuto una direzione statale.

In mezzo a questo “misurato” piano neoliberale che permise una enorme rapina dell’accumulazione di capitale in Brasile e ad una notevole invasione di multinazionali imperialiste, assunse protagonismo la CUT difendendo i diritti dei lavoratori. Sorse anche un nuovo movimento sociale che focalizzò la sua attività sulla richiesta di una Riforma Agraria: il Movimento dei Senza Terra (MST) che occupava aziende e terre demaniali occupate dall’oligarchia proprietaria terriera o da imprese agro-industriali, e che si scontrava violentemente con le loro guardie private. Con il passare degli anni il MST si è convertito nel principale movimento socio-politico brasiliano con un programma anticapitalista che va più in là della riforma agraria. Il MST nonostante sia sorto con legami con il Partito dei Lavoratori, ha continuato ad agire con una certa indipendenza dal PT, dallo Stato e dal governo Lula.

Il ristabilimento della governabilità borghese

A causa dell’importanza geopolitica ed economica del Brasile, il governo Lula (2002-2010) ha mantenuto e continua a mantenere un ruolo centrale nel ristabilimento della governabilità borghese. È stato anche il principale responsabile nel fermare l’ampio e duro scontro frontale contro il neoliberismo che le forze popolari sudamericane hanno condotto negli anni precedenti. Tutto il prestigio e l’autorità accumulati da Lula e dal PT nella lotta contro la dittatura e nelle mobilitazioni per le richieste salariali, è stato diretto verso un ristabilimento del capitalismo in crisi non solo in Brasile ma in tutto il continente. È sintomatica a sua collaborazione con il golpe imperialista in Haiti, guidando le forze militari latinoamericane che hanno occupato il paese per “stabilizzarlo”. In Brasile l’enorme disuguaglianza sociale è stata affrontata con l’applicazione delle politiche compensatorie verso i settori più poveri dettate dalla Banca Mondiale per eludere lo scontento e le proteste, mentre si continua con le misure neoliberali. Il programma “Borsa Famiglia” agisce come un sostegno ad un “clientelismo elettorale” del PT, nello stesso tempo in cui il Brasile continua ad essere uno dei tre paesi con una maggiore disuguaglianza (insieme ad Haiti ed alla Bolivia) del continente più diseguale del pianeta /3. Mentre, le multinazionali statunitensi ed europee continuano il saccheggio attraverso le rimesse dei profitti e dei dividendi alle proprie sedi, e la rapina cambiaria e le differenze di tassi di interesse che realizzano i capitali speculativi /4.

Brasile un “emergente” con la vocazione di Cina latinoamericana

In Brasile, Lula è riuscito nel suo secondo governo a far diminuire l’occupazione di terre del MST e a frenare la delimitazione dei territori indigeni, auspicata dalla pastorale per la terra della chiesa cattolica che aveva avuto un importante sviluppo. La lotta per la Riforma Agraria e per la restituzione delle terre indigene si scontra con un settore molto più solido e meglio strutturato economicamente ed istituzionalmente che la vecchia oligarchia proprietaria terriera: l’agro-business produttore ed esportatore di derrate che nel 2009 ha realizzato il 56% del totale delle esportazioni del paese. Questo settore è un importante alleato e sostegno del governo Lula e si estende su tutte le zone del Brasile. È un settore che minaccia i territori indigeni non solo con la loro occupazione e con l’allontanamento delle popolazioni guaranì come nello stato del Mato Grosso e Mato Grosso do Sul, ma anche con le opere di infrastruttura che richiede per la produzione ed il trasporto dei propri prodotti. Nuove dighe idroelettriche come quella di Belo Monte sul Rio Xingù, territorio dell’etnia con lo stesso nome, lo spostamento del Rio San Francisco, la costruzione di strade e la pavimentazione della Transamazonica, l’ampliamento e la creazione di porti, l’installazione di cantieri (Rio Grande do Sul e Pernambuco) ecc., minacciano il medio ambiente ed i popoli originari.

Il governo Lula ha anche progredito nel controllo delle centrali dei lavoratori. Con la diminuzione del confronto sindacale ha concesso importanti benefici alle burocrazie sindacali. E con la sua alleanza con il Partito Democratico Lavoratore (PDT) ha aggiunto alla sua base elettorale Força Sindical, l’altra centrale sindacale che condivide con la CUT la direzione dei lavoratori. L’intenzione di creare una centrale sindacale indipendente dal governo e dallo Stato sono fracassate all’inizio di giugno 2010 /5.

Il governo del PT ed i suoi alleati borghesi ora si scontrano nell’elezione di una sostituta presidenziale (Dilma Rousseff) che non ha né il carisma né l’autorità di Lula. Tutto indica che sarà eletta, perché la parte più importante e dinamica della borghesia brasiliana appoggia il governo e la sua candidata e conta sul sostegno e nel trapasso dei voti di Lula. I suoi oppositori non hanno una strategia alternativa né fanno assegnamento sulla fiducia della popolazione. Però è possibile che il controllo sui movimenti sociali non avrà la stessa autorità ed efficacia che sotto la guida di Lula.

Per la sua dimensione continentale ed il suo carattere di paese “emergente” riconosciuto nel mondo globalizzato – è membro importante del G20 – il Brasile è un caso speciale in America Latina. Il governo Lula è cosciente della profonda crisi strutturale che attraversano gli USA e è deciso ad approfittare di questa situazione. Mentre permette che si installino nel paese le multinazionali imperialiste e che estraggano plusvalore ai lavoratori brasiliani, ha ottenuto importanti trasferimenti di tecnologia. Allo stesso tempo ha adottato una agressiva politica internazionale, penetrando con le sue grandi imprese in primo luogo in tutto il continente sudamericano e parte del Centroamerica e dei Caraibi, espandendosi anche verso i paesi africani di lingua portoghese e da quest’anno in tutta l’Africa. Il suo intervento contro le sanzioni all’Iran insieme alla Turchia gli ha aperto vari mercati in Asia ed il suo appoggio deciso alle rivendicazioni palestinesi gli ha dato prestigio in tutto il mondo arabo.

Il Brasile ha adeguato e adottato alle condizioni del paese l’orientamento espansivo economico della Cina. Un importante esempio è l’appoggio e la pressione dello Stato sulle grandi imprese del paese affinché si trasformino in multinazionali globalizzate. Il governo preme per un accelerato processo di fusioni aziendali e di adeguamento produttivo per globalizzarle. In questo senso conta sul BNDES /6 che apporta i prestiti a lungo termine per rendere possibile una espansione globale delle imprese come la statale Petrobras o altre multinazionali private con capitale prevalentemente brasiliano.

Il governo stimola anche la mondializzazione delle banche brasiliane, tanto private che statali. Il Banco do Brasil, quest’anno ha comprato una media banca statunitense e la banca Patagonia in Argentina ed ha formato una holding con Bradesco ed il Banco Espíritu Santo del Portogallo per intervenire in Africa. Nelle linee aeree, una piccola impresa brasiliana di voli di cabotaggio ha comprato Avianca con cui aveva accordi e ad agosto 2010 la Tam ha acquisito la Lan Chile. All’inizio di agosto 2010 la compagnia elettrica statale Eletrobras ha informato che stava studiando circa 12 ditte del settore energetico statunitense con il fine di comprare una partecipazione di minoranza. Allo stesso tempo Vale studia la creazione di una compagnia di fertilizzanti per coordinare gli attivi che ha ottenuto con Bunge Ltd. e Fosfertil. La nuova compagnia sarà quotata nella Bolsa de Mercaderías y Futuros di San Paolo. Vale conta sulla capacità di produrre in Brasile tra i 6 milioni ed i 7 milioni di tonnellate di fosfato all’anno e sta incrementando le sue capacità. È un passo chiave per l’espansione dell’agro-industria nel paese.

I Programmi di Accelerazione della Crescita (PAC I e II) dei suoi due governi puntano a realizzare le infrastrutture che permettano questa crescita per trasformare il Brasile nella Cina latinoamericana. Il PAC I ha contato su 370.000 milioni di US$ per la realizzazione di 2471 progetti di infrastruttura. Il PAC II, opportunamente annunciato prima di iniziare la campagna elettorale di quest’anno, destina con lo stesso obiettivo 878.000 milioni di US$. È una enorme iniezione di capitali che in primo luogo favorirà le imprese di costruzione multinazionali con capitale brasiliano, che però si allargherà verso tutta l’economia interna. Il governo del PT ambisce a che il Brasile si trasformi nel prossimo quinquennio nella quinta economia mondiale.

Le grandi imprese statunitensi che negli ultimi due decenni si sono trasferite in Cina per approfittare dei bassi salari e dei vantaggi elargiti dal governo neocapitalista del Partito Comunista Cinese (PCCh) per l’installazione di industrie ad alta tecnologia, ora guardano con simpatia e avidità al mercato brasiliano. Ora che la Cina comincia ad irritare gli impresari stranieri, facilita il miglioramento dei salari e dei benefici per i lavoratori autoctoni, riduce i prestiti bancari, protegge l’industria con capitale cinese rispetto a quello straniero e pone un’altra serie di impedimenti alle multinazionali, il Brasile gli ricorda i momenti iniziali del boom cinese. “Una serie di recenti commenti di alcuni dei più importanti dirigenti mondiali riguardo a ciò che hanno discusso circa il trattamento della Cina alle compagnie internazionali, riflette una inquietudine che sta alterando le relazioni tra le imprese straniere e Beijing” /7.

In Brasile la libertà di movimento dei capitali, i piani di espansione economica e di sviluppo infrastrutturale con gli aiuti statali e l’impulso alla mondializzazione delle imprese e delle banche, è un eccellente ambiente di crescita del capitale imperialista. Il mese passato Caterpillar Inc. ha annunciato che costruirà in Brasile una fabbrica di macchine per la movimentazione della terra. Nel secondo semestre la vendita in America Latina di macchine della Caterpillar si sono più che duplicate in confronto alla stesso periodo dell’anno passato, una crescita maggiore di quelle di qualsiasi altro mercato. Il 4 agosto di quest’anno il costruttore di camion commerciali Paccar Inc. ha detto che desidera costruire in Brasile un impianto di assemblaggio per lanciare in America del Sud il proprio marchio DAF. Paccar, che produce negli USA camion Kenworth e Pertebilt, considera il Sudamerica un mercato migliore che la Cina, dove il governo suole indirizzare i fabbricanti di camion occidentali a formare imprese congiunte con soci cinesi. Il presidente della Paccar, Mark Pigott, ha detto che “ancora non c’è alcun fabbricante di camion occidentale che abbia guadagnato denaro con una alleanza in Cina”. “Qualsiasi nostro competitore che sta in Sudamerica sembra che ricavi una smisurata parte delle proprie entrate nette in quei mercati. Siamo ansiosi di crescere in America del Sud” /8.

Nei suoi viaggi attraverso l’America, l’Africa e l’Asia, Lula è accompagnato da rappresentanti delle grandi imprese di costruzione brasiliane, di Petrobras, Vale, Embraer (quarto maggiore fabbricante mondiale di aerei), imprese agro-industriali, dell’alimentazione, ecc. offrendo prestiti attraverso le banche statali e private per le opere di infrastruttura, l’estrazione del petrolio, la produzione di biocombustibili, l’istallazione di catene di produzione del contone, la vendita di derrate, veicoli, aerei, ecc.

Allo stesso tempo, il governo Lula ha favorito un organismo continentale esclusivamente del Sudamerica (Unione delle Nazioni Sudamericane – UNASUR) per aggirare l’OEA ed escludere gli USA dalle decisioni. Così come privilegia un discorso pacifista contrario alle guerre dell’Impero che creano opposizione in tutto il pianeta. Il collasso economico-finanziario degli USA ha accresciuto l’audacia “indipendentista” del governo brasiliano. Però sempre evitando scontri con il capitale. Ampliando, Invece, la sua alleanza con la borghesia e promuovendo la mondializzazione del capitalismo brasiliano.

Questa mondializzazione porta con se una contraddizione fondamentale: il Brasile è oggi per volume della sua economia l’ottava economia del pianeta e vuole essere la quinta economia mondiale per il prossimo quinquennio. Nello stesso tempo occupa il 75° posto dell’Indice di Sviluppo Umano nel mondo. Più in basso dell’Albania, Panamà o Costa Rica, due posizioni sopra la Colombia e tre prima del Perù. Nell’indice di poverta umana sta un poco meglio, al 43° posto, mentre i suoi soci nel Mercosur, l’Argentina occupa il 13° posto e l’Uruguay il 6°. Nell’Indice Gini che misura la disuguaglianza dei paesi sta sopra il 55%. Vari punti peggio di Panamà, Perù e Messico che non sono modelli di uguaglianza sociale.

La sua strategia di globalizzazione dell’economia esige che sia bloccata la Riforma Agraria affinché si espanda l’agro-industria e le sue esportazioni, e che sia data priorità agli investimenti per la fusione e l’espansione mondiale delle imprese e delle banche a detrimento dell’educazione, della salute e di altri progressi sociali. Non si possono conciliare ambedue le prospettive: il capitale è accumulativo, e non distributivo.

Note

1/ Un tipo similare di rapina dei risparmi della classe media, chiamato popolarmente “el corralito”, fu decisivo nel 2001 anche per l’abbattimento del presidente de la Rua in Argentina.

2/ La compagnia Vale Do Doce (CVRD) è la seconda maggiore compagnia mineraria e produttrice diversificata di metalli nel mondo, oltre ad essere la maggiore compagnia aperta dell’America Latina con una capitalizzazione del mercato approssimativamente di 150 mila milioni di dollari USA. L’impresa ha concessioni per esplorare e sfruttare, a tempo illimitato, il sottosuolo di aree del territorio brasiliano equivalenti agli stati di Pernambuco, Alagoas, Sergipe, Paraiba e Rio Grande do Norte. La Vale do Rio Doce è composta da 64 imprese con 52 mila impiegati, e attua in circa 20 paesi. In Brasile possiede, inoltre, novemila chilometri di rete ferroviaria e otto porti, oltre ad essere responsabile di circa il 40% del movimento del commercio estero brasiliano. Produce circa il 90% del minerale di ferro del Brasile ed il 16% del totale mondiale. Con l’acquisto della Inco, grande impresa mineraria canadese, la CVRD è diventata la seconda maggiore compagnia mineraria del mondo, solo dopo la BHP Billiton, impresa anglo-australiana. Circa l’80% delle sue vendite vanno all’estero, dimostrando una grande dipendenza dal mercato mondiale.

3/ Il Programa delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD) afferma che l’America Latina è la regione con “più disuguaglianda del mondo”. Dieci dei 15 paesi più diseguali del mondo si trovano in America Latina e nei Caraibi. Il coefficiente Gini – che misura questa variabile – è in questa regione, secondo il Rapporto Regionale sullo Sviluppo Umano di questo organismo, un 65% più elevato che nei paesi con elevate entrate, un 36% più che nell’est asiatico e un 18% più che nell’Africa Subsahariana. E se la crescita economica è disuguale, lo è anche la disuguaglianza: Bolivia, Haiti e Brasile hanno un indice Gini superiore al 55%. Danimarca, Svezia e Norvegia, con il minore indice Gini stanno circa al 25%. Paesi come Costa Rica, Argentina o Venezuela non arrivano al 49. Angola, Sudafrica e Honduras stanno al livello del Brasile.

4/ Vedere il mio articolo “Brasile: Aiutando l’Impero” htpp//:desacato.info 30 07 2010.

5/ Ernesto Herrera Conclat, “Brasil un retroceso inocultable”, Correspondencia de Prensa. Giugno 2010.

6/ BNDES è la maggiore banca di sviluppo del mondo ed il maggiore usuraio brasiliano. La sua dimensione è il doppio di quella del Banco Interamericano de Desarrollo (BID). Riceve importanti apporti di capitale dai fondi pensione amministrati dai sindacalisti del PT. I fondi pensione pubblici possiedono 306.000 milioni di US$ in attivi e rappresentano il 18% del PIL, il maggiore valore in un paese emergente. Con quelli e gli apporti di banche statali e private ha finanziato le principali fusioni imprenditoriali promosse dal governo per mondializzare le imprese. BNDES Participaçoes (BNDESPAR) ha contribuito a creare Brasil Food (fusione di Sadia con Perdigão) e Fibria, con 2.400 milioni di US$ (Aracruz Celulose e Votorantim Celulose e Papel). Ha anche appoggiato con l760 milioni di US$ la fusione tra JBS e Friboi, il secondo maggiore investimento degli ultimi tre anni in Brasile in private equity. Con la successiva acquisizione della statunitense Pilgrim’s Pride, questa impresa si è convertita nella maggiore del mondo per la carne bovina. BNDES ha anche aiutato a creare la decima banca mondiale per capitalizzazione del mercato, prodotto della fusione del Banco Itaú e Unibanco. Come risultato, BNDES è il maggiore azionista delle maggiori compagnie brasiliane: Vale, con quasi il 17% se includiamo l’holding Valepar, 9% di Eletrobras e Brasiliana, 6% di Telemar, Copel e JBS-Friboi, e 4% di Petrobras. Anche più del 50% dei suoi investimenti sono nell’energia, la sua mano arriva in tutti i settori e dimensioni. A marzo 2010 BNDES ha aperto un ufficio a Londra, la prima banca straniera a farlo dopo la crisi.

7/ Jason Dean, “Los ejecutivos extranjeros alzan su voz contra Beijing”, Wall Street Journal, Agosto 2010.

8/ Bob Tita, “Il Sudamerica ha salvato nel seconto trimestre la cedola a varie imprese USA”, Wall Street
Journal, Agosto 2010. Tita informa che “Le esportazioni di minerale e materie prime agricole, così come il cresente consumo della classe media, stanno stimolando una crescita del PIL che, specialmente in Brasile, assomiglia a quello della Cina. L’instabilità politica, inoltre, l’iperinflazione e l’angosciante debito sovrano che solevano fare del Sudamerica un mercato rischioso per le imprese statunitensi sono in gran parte sotto controllo. ‘Non c’è nessun altro luogo al mondo che abbia avuto un cambiamento così drastico nella classe media come in Brasile, nemmeno in Cina’, ha detto Nicholas Heymann, analista dell’agenzia di mediazione Sterne Agee & Leach. ‘Lì esiste una quantità incalcolabile di denaro’.” “Si spera che l’organizzazione da parte del Brasile della Coppa del Mondo del 2014 e dei Giochi Olimpici nell’estate 2016 producano una spiccata crescita della domanda di macchinari per la costruzione man mano che il paese investe i 97.000 milioni di US$ per costruire e ristrutturare gli stadi, le istallazioni sportive e le altre infrastrutture necessarie per l’incombenza.” Le multinazionali statunitensi cercano di ripetere in Brasile la loro politica verso la Cina: delocalizzazione degli impianti industriali investendo in paesi que offrono grandi vantaggi per l’istallazione di nuove industrie. Questo orientamento imprenditoriale dell’Impero è una delle principali cause della loro decadenza giacché è completata dall’investimento a Wall Street, dei guadagni e dividendi ottenuti all’estero. I dirigenti statunitensi potenziano l’industrializzazione, pagano i salari e le imposte all’estero ed i profitti entrano nel circuito suicida del capitale fittizio.

16 agosto 2010, Isla de Santa Catarina, Brasil
Correspondencia de Prensa: germain5@chasque.net

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
Juan Luis Berterretche, Brasil: la China latinoamericana, traducido para Rebelión por S. Seguí, pubblicato il 31-08-2010 su [http://www.lahaine.org/index.php?p=47665], ultimo accesso 03-09-2010.

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