Cinque fratelli wichí formosegni detenuti per aver resistito ad uno sgombero.
Sono membri della comunità El Colorado, nell’ovest di Formosa. Tre settimane fa hanno impedito l’intrusione di un privato nel proprio territorio e hanno subito la repressione della polizia. Organizzazioni dei diritti umani e dei popoli originari ne chiedono la liberazione.
Da tre settimane prigionieri e la possibilità di essere condannati con quindici anni di carcere. È la situazione di cinque fratelli wichí di Formosa che hanno resistito al saccheggio del territorio della loro comunità, sono stati repressi e sono detenuti. Organizzazioni dei diritti umani e dei popoli originari hanno richiesto la liberazione dei wichí. Il giudice che partecipa alla causa, Francisco Orella, ha rifiutato la scarcerazione e il governo provinciale ha negato che ci sia stata repressione. “Li hanno imprigionati con menzogne. Ci trattano male perché difendiamo la nostra terra”, ha denunciato Evil Tejada, fratello dei detenuti.
Da almeno quattro generazioni la comunità wichí El Colorado vive a Ramón Lista (estremo ovest di Formosa). Abitano e fanno un uso tradizionale di 7500 ettari. Da un decennio denunciano l’intrusione di privati nel territorio indigeno. Dal 2012 sono diventate tese le relazioni con un paesano (conosciuto come Pila Tedín), che si era già installato in parte del territorio indigeno (senza il permesso della comunità) e che cercava di avanzare su nuovi ettari. “Alla fine del 2012 andammo al commissariato a denunciare che si mettevano nella nostra terra, ma mai vogliono ricevere le nostre denuncie”, ha ricordato Evil Tejada.
L’ultimo fine settimana di luglio, il privato ha piantato nella terra wichí dei pali e ha cominciato a recintare. I fratelli Tejada (della comunità wichí) sono giunti fino lì, hanno tolto i pali e tagliato il fil di ferro. Tedín è andato al commissariato e li ha denunciati.
In tempo record, la Giustizia ha ordinato una perquisizione. Lunedì 28 luglio di mattina sono giunti fino alla comunità wichí più di 70 poliziotti. Su questo fatto si contrappongono due versioni. Secondo la polizia di Formosa e il giudice Orellana, tutto è avvenuto con “tranquillità e nell’ambito della legge” fino a quando i fratelli Tejada si sono opposti. In particolare Ricardo, che (secondo il giudice) avrebbe minacciato con un’arma bianca la polizia. Ricardo Tejada è stato colpito da dei proiettili su ambedue le gambe e avrebbe subito una ferita esposta al braccio. È stato ricoverato per tre settimane (sempre ammanettato al letto) e dopo è stato trasferito in carcere con i suoi quattro fratelli (Avelino, Esteban, Manuel e Rogelio).
La comunità wichí racconta un’altra versione della perquisizione. “Sono arrivati in squadra, preso a calci le porte e ci hanno aggrediti tutti. Hanno colpito uomini, donne e perfino i bambini. Ci hanno trattato peggio degli animali”, ha descritto Evil Tejada, l’unico dei fratelli che ancora non è stato arrestato.
Anche il Vicariato dei Popoli Originari della Chiesa Cattolica ha denunciato la “repressione e l’arresto di indigeni che difendono i propri territori”. Il sacerdote Ponciano Acosta, coordinatore nazionale della Pastorale Aborigena (Endepa), ha raccontato che “per quanto riguarda il territorio a Formosa perseguono costantemente gli aborigeni” e ha affermato che quanto successo nell’ovest della provincia “è una replica della violenza che è avvenuta nella comunità qom La Primavera”.
Il ministro di Governo, Jorge Abel González, mano destra del governatore Gildo Insfrán, ha detto ai media locali che “si è agito secondo un ordine emesso dalla Giustizia. Non c’è persecuzione, non c’è nulla di strano come alcuni vogliono raccontare”.
L’avvocato Daniel Cabrera, conosciuto attivista legato alle lotte indigene, ne ha assunto la difesa legale. Ha presentato un hábeas corpus insieme all’Assemblea Permanente dei Diritti Umani (APDH) chiedendo la liberazione. Ma il Tribunale Superiore di Giustizia lo ha rifiutato.
Adolfo Pérez Esquivel ha avvisato che “quando un non indigeno difende la propria terra e reagisce, è giusto; ma quando è un indigeno che reclama e si oppone, viene considerato violento e merita di essere castigato. È una dimostrazione di come gran parte della società e della Giustizia misurino con un diverso metro i diritti delle persone”.
Ad una settimana dalla repressione, la comunità ha cambiato l’avvocato. Ha ritirato la rappresentanza a Cabrera e l’ha data ad Omar Padilla, consigliere del PJ di Formosa. Cabrera ha spiegato che la comunità aveva ricevuto pressioni “da personale politico” per il cambio di avvocato. Evil Tejada non ha negato le pressioni, ma ha rimarcato che gli avevano promesso che “con il consigliere li avrebbero liberati in due giorni, ma sono passate due settimane e i fratelli continuano ad essere detenuti”.
Ha anche lamentato che il querelante continui a recintare il territorio indigeno e ha polemizzato che “con i miei fratelli prigionieri, l’ICA (Istituto delle Comunità Aborigene) è venuto fino a qua e ha rilevato il territorio, ma senza sapere quanto era nostro. Ha misurato tutto a favore dei creoli e non ci ha ascoltato”. In una radio locale, il giudice Orellana ha riconosciuto di non sapere di chi sia il territorio in discussione (se dei wichí o del privato), ha precisato che l’intestazione della causa è “furto a mano armata in banda e resistenza all’autorità” (delitto non scarcerabile, con pene tra i 5 e i 15 anni) e ha spiegato che i wichí hanno dei “precedenti” (per blocchi stradali).
21-08-2014
Página/12
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Darío Aranda, “El delito de defender la tierra” pubblicato il 21-08-2014 in Página/12, su [http://www.pagina12.com.ar/diario/sociedad/3-253477-2014-08-21.html] ultimo accesso 25-08-2014. |