Michoacán: Una operazione di stato


Andrés Avila Armella

La stupidità e l’inefficienza di alcuni governanti possono agevolare lo sviluppo politico degli sfruttati, mettendo a rischio gli interessi della classe al potere.

Di nuovo gli avvenimenti politici e sociali nel Michoacán hanno attratto l’attenzione di diversi analisti politici, tanto da parte dello stato come da parte del movimento sociale in Messico. La mobilitazione popolare degli studenti della normale, dei comuneri indigeni, così come l’irruzione dei cosiddetti  “gruppi di autodifesa” e il problema del narcotraffico, fenomeni che confluiscono in uno stesso scenario politico anche se di natura differente, hanno permesso allo stato messicano di provocare un tremendo clima di confusione politica per giustificare azioni repressive.

Associazioni imprenditoriali, cronisti dei mezzi di comunicazione e funzionari dello stato federale, hanno messo in guardia su un clima di “ingovernabilità” nel Michoacán, argomentando che la capacità del governo statale si è ridotta, e richiedendo con strepito l’intervento della federazione, soprattutto attraverso l’apparato repressivo, per recuperare il controllo della situazione.

A seguire esporremo alcuni elementi per l’analisi dell’attuale situazione.

Alcuni recenti antefatti

Il precedente presidente della Repubblica, Felipe Calderón, che nel 2006 era salito alla presidenza dopo una scandalosa frode elettorale, nativo dello stato del Michoacán, dove aveva fatto  gran parte della propria carriera politica, in suddetta istituzione federale cercò di sperimentare diverse politiche di stato; non appena iniziò la sua gestione nel governo federale proprio lì decise di lanciare la prima massiccia operazione militare, probabilmente per controllare la situazione della smisurata violenza legata al narcotraffico; così, permise che nella regione sia l’esercito che la polizia federale agissero ai suoi ordini diretti, con l’apparente giustificazione che numerosi corpi di polizia, tanto statali come municipali, venivano corrotti dalle mafie dei narcotrafficanti.

Senza esagerare molto sul tema, faremo alcune puntualizzazioni:

– L’attività economica, politica e armata delle mafie legate al narcotraffico non è diminuita, ma si è riusciti a creare una cortina di fumo su dove sono stati sistematicamente violati i diritti umani della popolazione con posti di blocco, perquisizioni, arresti di massa e varie operazioni.

– Ciò che è stata realmente difficile, è precisamente l’analisi politica della situazione, dato che il clima di violenza aveva incoraggiato a non osare indagare in una molteplicità di problematiche, per il timore, in mezzo a tanta confusione, di essere vittime della violenza. Qualsiasi opinione poteva essere considerata una intromissione nel problema del narcotraffico, di fronte alla latente minaccia di subire le conseguenze oltrepassando il fuoco incrociato. Non solo nel Michoacán, ma in Messico, si è fatto sì che la popolazione si abituasse all’apparizione di cadaveri, alla scomparsa di persone, agli arresti, torture, esecuzioni di massa e molte altre cose, accettando in anticipo che, se qualcuno scompare o appare nelle menzionate condizioni, è dovuto al fatto che in un modo o in un altro è stato coinvolto nel contrabbando.

– La lotta sociale, che nella regione ha come propri immediati nemici lo stato e i gruppi politici e capitalisti al potere, ha dovuto anche considerare il problema della repressione da parte di probabili gruppi di sicari, che agendo apparentemente al di sopra della legge sono riusciti a soffocare alcune reazioni organizzate alle problematiche sociali.

– In questo contesto appare la resistenza delle comunità indigene di Cherán e Ostula, che hanno dovuto affrontare in modo diretto la violenza esercitata da queste presunte mafie. Il caso di Cherán è diventato paradigmatico, ogni volta si è scoperto che dietro allo scontro con la mafia che tagliava i boschi, c’era la protezione dello stato messicano, che attraverso i “partiti politici” aveva diviso la comunità e spianato la strada al saccheggio di cui sono oggetto, mentre non venivano tenute in considerazione le proteste dei comuneri e le richieste di giustizia e sicurezza.

– Dalla fine del 2011, i presidenti nazionali del PRI, del PAN e del PRD sono accorsi all’appello di un gruppo di imprenditori, i più potenti della regione, per proporre la presentazione di una candidatura  unica; come dire, per imporre un candidato di stato, qualcuno che al di là dei partiti seguisse semplicemente gli ordini diretti della borghesia, evitando la mediazione dei burocrati dei tre partiti. Questa questione l’abbiamo segnalata fin da quel momento, rendeva palese che ci si trovasse di fronte ad una operazione di stato.

– I governi del PRD hanno lasciato tutti insoddisfatti. Soprattutto dopo il caso di Cherán, la borghesia ha potuto comprovare che l’influenza di quel partito sul movimento popolare si era assottigliata, la sua capacità di dialogo si era ridotta; inoltre, la sua efficaia burocratica aveva lasciato molto a desiderare. L’amministrazione pubblica si invischiò in una crisi finanziaria e gli scandali per corruzione non furono per nulla l’eccezione. D’altra parte, sebbene fosse chiaro che in una certa misura il PRD aveva conquistato il governo, appoggiato in gran parte dalla fiducia che molti elementi delle classi sfruttate avevano posto sui presunti eredi del cardenismo, la disillusione aumentò, e non cessarono né la povertà né lo sfruttamento né le ingiustizie, l’unica differenza era il colore sotto il quale si riparavano gli sfruttatori.

– Il priista Fausto Vallejo vinse le elezioni scendendo in campo contro la sorella del presidente Calderón, e contro un Silvano Aureoles di un PRD diviso e debilitato. Molti dei gruppi di potere che avevano appoggiato il PRD, che prima appoggiavano il PRI, tornarono ad appoggiare quest’ultimo e inclinarono la bilancia.

La gestione Vallejo-Reyna

Fausto Vallejo assume il governo, quando era iniziata la corsa presidenziale, in mezzo a voci che anticipavano che non avrebbe terminato il proprio periodo costituzionale, poiché il suo stato di salute non glielo avrebbe permesso, e di fronte alla seria possibilità che Jesús Reyna assumesse l’incarico come governatore ad interim o sostituto. Era urgente appoggiare la campagna presidenziale di Peña Nieto, dimostrando che il PRI avrebbe avuto la forza che il PRD non aveva avuto nel piegare i nuovi segnali del movimento popolare nel Michoacán, e con la prospettiva di aver anche migliori metodi per mantenere sotto controllo la violenza legata al contrabbando; come dire, che questo governo avrebbe avuto l’abilità di evitare che gli affari legati al contrabbando danneggiassero anche gli altri cartelli dell’economia capitalista. In questo senso, l’attività militare e della polizia continuerebbe ad essere rilevante.

L’attuale governo priista del Michoacán, durante la campagna presidenziale, ha voluto con un colpo politicamente appariscente scagliare il PRI contro il movimento popolare, facendo una brutale pressione sui residenti delle case dello studente dell’Università Michoacana di San Nicolás de Hidalgo. Il messaggio al blocco egemonico borghese era il seguente: “Noi abbiamo la capacità di contenere il movimento popolare con la repressione, è più economico investire in pallottole di gomma, scudi e gas lacrimogeni che in più alberghi studenteschi o in più aule per l’università pubblica”.

Dal punto di vista dello stato, la repressione ha lasciato molto a desiderare. Sono emerse molte inefficienze e la situazione politica si è così complicata che varie volte Enrique Peña Nieto ha dovuto cancellare nel Michoacán le proprie manifestazioni per la campagna elettorale, per il timore di trovarsi di fronte a grandi proteste popolari, soprattutto studentesche. Nonostante ciò, il priismo che governa nel Michoacán è riuscito a contribuire alla campagna di Peña Nieto, nella misura in cui di fronte alla borghesia rafforzava l’impegno del suo partito a combattere senza limiti qualsiasi segnale di opposizione organizzata e indipendente.

Ad ottobre dello scorso anno, un nuovo colpo repressivo ha scosso il paese, forze federali e statali hanno fatto una operazione nella Normale rurale di Tiripetío e nella Scuola Normale Indigena di Michoacán, catturando centinaia di studenti. La forza del movimento popolare, delle organizzazioni, dei padri di famiglia e dei comuneri, è riuscita a cacciare dalle scuole normali le forze repressive e a sollevare un movimento che a livello regionale ha acquistato forza, soprattutto nel settore studentesco e tra migliaia di comuneri nella regione dell’altipiano p’urhépecha. L’azione repressiva ha toccato anche il settore dei maestri democratici che nelle loro sedi hanno subito l’incursione della polizia federale.

Lo stato è riuscito ad esercitare la repressione e a colpire il movimento, ammorbidendo il terreno per le successive azioni, mentre il movimento popolare, pieno di combattività ma carente di una direzione politica consolidata e rivoluzionaria, ha finito con il disperdersi soprattutto di fronte al clamore degli opportunisti, che simulando una vocazione combattiva hanno finito per decidere: “non ci sono più le condizioni per lottare”.

La linea dello stato messicano è stata quella di promuovere con gli attori in lotta un negoziato separato e parziale, sforzandosi soprattutto di svincolare la lotta studentesca da quella sindacale e, a sua volta, da quella delle comunità indigene e contadine. L’approvazione della riforma educativa ha trovato il movimento popolare michoacano in mezzo alla disgregazione e alla confusione.

Le autodifese

Il clima di violenza e paura, riferito all’inizio del presente studio, mantiene la maggioranza dei michoacani nella confusione su chi agisce a nome di chi. Fare domande e indagini è praticamente impossibile; nonostante che esista un riferimento per il movimento popolare, come è il caso della comunità indigena di Cherán. In questo caso è stato chiaro che furono gli abitanti organizzati a far fronte ai gruppi protetti dal governo che assassinavano e intimidivano i membri della comunità, parliamo di un chiaro caso di autodifesa comunitaria coordinato con la lotta popolare e con una piena legittimità. Come tutti sappiamo, il movimento di Cherán non è stato accettato dallo stato che con varie strategie ha pensato di contenerlo, cooptarlo e smobilitarlo.

In mezzo a questa situazione, appaiono innumerevoli gruppi che si qualificano come di “autodifesa”, la chiarezza al riguardo è enormemente confusa. Ciò è stato sfruttato dai funzionari dello stato, sia statale che federale, per mettere in guardia sulla seria minaccia che in genere rappresenta per lo “stato di diritto” l’apparizione di questi gruppi. Attraverso i mezzi di comunicazione si crea diffidenza dicendo che i gruppi di “autodifesa”, il narcotraffico e il movimento sociale sono una medesima cosa, e che devono essere del tutto sciolti dall’apparato repressivo dello stato.

Così, viene lanciata la minaccia latente che far parte del movimento popolare o dell’organizzazione indipendente possa essere considerato un’attività delinquenziale e legata al cosiddetto “crimine organizzato”. La confusione favorisce questa politica di stato, poiché nessuno può con precisione tracciare i confini sulla natura di ciascun fenomeno, mentre le pattuglie della polizia e dei militari collocano posti di blocco lungo i diversi percorsi anniettando la popolazione e alimentando un clima di paura e diffidenza.

Stato e movimento popolare

Qui è necessario fermarci a fare una precisazione. Le politiche e le iniziative dei governi sono subordinate alla politica di stato e non al contrario, a volte le azione del governo riescono a rafforzare effettivamente lo stato, ma a volte fracassano e si modificano nei loro aspetti superficiali, conservando sempre la loro essenza di classe.

Il governo priista, di Vallejo e Reyna, ha mostrato la propria vocazione borghese; nonostante ciò è stato superato dal movimento popolare e dalle stesse contraddizioni delle diverse problematiche prospettate. Lo stato, da parte sua, si mostra preoccupato e manifesta il proprio desiderio e interesse a che ci siano condizioni stabili per l’accumulazione capitalista e per l’esercizio del potere statale. Lo stato, nonostante ciò, è ancora lontano dall’essere superato e conta su diversi strumenti per contenere e sconfiggere il movimento popolare. In ogni caso, lo stato è preoccupato che la stupidità e l’inefficienza di alcuni governanti possa rendere possibile lo sviluppo politico delle classi sfruttate, mettendo a rischio l’interesse generale della classe al potere.

L’apparato repressivo, nei tre livelli di governo, continua ad operare con poche restrizioni, approfittando di tanta confusione, per esempio, in varie occasioni, i posti di blocco della polizia federale sono stati messi nei dintorni di Morelia, impedendo l’entrata nella capitale michoacana di tutti i giovani che avessero “l’aspetto” di normalisti o attivisti sociali”. Alla fine si riesce a vedere con chiarezza dove conduceva nel Michoacán una tale operazione polizziesco-militare. ciò, sebbene implica un deterioramento della figura ideologica dello stato democratico, è un sacrificio che lo stato è stato disposto a fare di fronte all’efficacia dell’uso della forza al di sopra della politica.

Ma così come abbiamo avvertito alcune righe sopra, lo stato è solito combinare vari metodi. Da un lato reprime violentemente le espressioni della lotta popolare, coloro che considera più ostili; da un altro lato tende dei ponti di dialogo verso il movimento sindacale, indigeno, studentesco e popolare, per mantenere ciascuna lotta separata dalle altre, avvertendo anche che le alleanze sarebbero una ragione di rottura degli impegni del governo verso ciascun movimento o organizzazione. Nessuno che conosca la storia del Messico, e particolarmente del Michoacán, può scartare che nel medio periodo lo stato messicano punti ad aggiungere qualche movimento al proprio recinto, trasformandolo in una appendice non ufficiale dello stato.

Finché ci sono condizioni per l’accumulazione di capitale, lo stato messicano può accettare forme di autonomia indigena, di autodifesa, di organizzazioni sindacali o studentesche, dividere le lotte e arrivato il momento colpirle separatamente per recuperare le concessioni.

Da parte sua il movimento popolare ha avuto a suo favore più condizioni oggettive che soggettive, anche quando non le mancano le seconde, queste si trovano considerevolmente arretrate rispetto alle prime. Il movimento popolare del Michoacán ha risposto a situazioni soffocanti di fronte alla evidente e violenta perdita delle conquiste ottenute nelle precedenti lotte, ma generalmente non è riuscito a consolidare qualche referente organizzativo che agglutini il movimento popolare e lo mantenga avanzato con una agenda che tenda a migliorare la propria posizione politica; il trionfalismo opportunista e il disfattismo causato da tanta paura, confluiscono nello stesso scenario compiendo la medesima funzione, inibire lo sviluppo politico e graduale del movimento.

Nonostante ciò, il panorama mostra alcune opportunità, il movimento popolare ha a suo favore che le condizioni oggettive, le forme nelle quali il capitalismo si sviluppa nel Michoacán, fanno confluire gli interessi dei comuneri, degli studenti e dei lavoratori, e gli danno la possibilità di lottare uniti, e pertanto di provare la forza che si ha con l’organizzazione combattiva e indipendente; ciascuna esperienza di lotta implica nuovi apprendistati politici, nuove lezioni che correttamente sistematizzate possono essere utili nell’elaborazione della tattica rivoluzionaria.

Per ora la questione è combattere la tattica dello stato che cerca di far credere a chi si organizza per le proprie richieste di carattere economico e di miglioramenti immediati, come possono essere le attività lavorative, i diritti comunitari o gli spazi studenteschi, che è riconoscendo lo stato che saranno ascoltati e attesi; il compio consiste nel potenziare la capacità del movimento popolare, e questo esige prima di tutto coscienza di classe, il lavoro sulle condizioni soggettive e soprattutto l’organizzazione indipendente e classista. Il popolo lavoratore ha bisogno di recuperare la fiducia in sé stesso, nella sua capacità di risolvere, lottare e vincere, questo gli permetterà di alzare lo sguardo identificando oltre ai politici corrotti, alle mafie e ai partiti politici, il vero nemico di classe, la borghesia. Per ora, le forze in lotta sono in tensione, il governo ha sofferto rovesci ma lo stato continua ad essere la forza dominante, il movimento popolare, se aspira alla vittoria, non può eludere il compito di favorire egli stesso il proprio sviluppo politico.

23/5/2013

La Haine

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Andrés Avila Armella, “Michoacán: Una operación de Estadopubblicato il 23-05-2013 in La Haine, su [http://www.lahaine.org/index.php?p=69436] ultimo accesso 29-05-2013.

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