Uno su cinque ettari del Perù è stato consegnato alle multinazionali del settore minerario, così come la metà delle terre delle comunità contadine e indigene della sierra andina. La gente comune e la natura sono i più danneggiati dalla voracità di grandi imprese che accumulano oro, argento e rame sull’altare della speculazione. Come la popolazione si sta mobilitando mostra dei cambiamenti di fondo nell’azione sociale.
“Siamo stati schiacciati da 20 anni di guerra interna”, dice Hugo Blanco, un vecchio dirigente contadino quechua che nel decennio del 1960 fu protagonista della lotta per il recupero delle terre a Cusco. Ora si mostra ottimista: “Il conflitto di Conga prima e ora quello di Kañaris ci mostrano che la lotta sociale avanza, anche se per altre strade, mediante i gruppi locali che sono più rappresentativi delle lotte reali che le vecchie centrali che sono a terra” [1].
Il Perù è un paese minerario. Fin dalla Colonia lo sfruttamento delle miniere ha riconfigurato la mappa sociale e politica dei popoli originari che abitavano la regione andina. Negli ultimi decenni il settore minerario è stato espresso anche nelle arti e nella letteratura, la sua impronta è stata particolarmente intensa tra i contadini, come lo mostrano i romanzi di Manuel Scorza, uno dei più importanti scrittori peruviani [2]. Nonostante ciò la lotta contro il settore minerario non ha occupato un posto rilevante nell’immaginario peruviano.
Nonostante ciò negli ultimi anni si registra un importante cambiamento. Il 2012 è stato l’anno di maggiore conflittualità sociale. Come segnala l’Osservatorio dei Conflitti Minerari in Perù, l’intensità dei conflitti si riflette nella polarizzazione che produce e nella sua capacità di modificare l’agenda. I conflitti del settore minerario hanno costretto a due cambi di gabinetto del governo di Ollanta Humala: a dicembre del 2011 (appena sei mesi dopo aver assunto il governo) e a luglio del 2012, quando compiva il suo primo anno sulla poltrona di Pizarro.
“Dieci anni fa era impensabile che un conflitto minerario di una zona appartata del paese, giungesse sulle prime pagine dei principali quotidiani e per varie settimane fosse presente in quasi tutti i media”, annuncia l’Osservatorio [3]. Ma la principale novità è che “i conflitti sociali connessi al settore minerario si sono trasformati anche in importanti conflitti politici”. Perfino l’agenzia di valutazione degli investimenti Moody’s ha comunicato che il modo con cui il governo sta affrontando il conflitto per Conga può essere deleterio agli interessi del settore minerario.
Comprendere l’importanza della lotta contro il settore minerario presuppone affrontare tre aspetti: le megaminiere come uno dei principali modi di accumulazione del capitale multinazionale in Perù; la resistenza contadina di carattere comunitario e, pertanto, territorializzata che si collega a cinque secoli di resistenza indigena; e i modi non centralizzati di coordinamento, ossia le nuove culture dell’azione politica.
Il Perù nell’occhio del colonialismo minerario
A novembre c’erano 24 milioni di ettari dati in concessione al settore minerario, che rappresenta il 19% della superficie totale del paese. L’area delle concessioni minerarie colpisce principalmente le comunità contadine della Sierra e della Costa del centro e del nord del paese, dove quasi la metà dei loro territori sono stati dati in concessione alle imprese minerarie [4].
In effetti, il 49,6% delle terre delle comunità contadine ha concessioni minerarie. Quasi la metà della regione idrografica del Pacifico (47%) è concessa all’attività mineraria, dove vive il 65% della popolazione che conta su appena l’ 1,8% del volume d’acqua del paese [5]. Per questo gli argomenti governativi, che l’attività mineraria giova al paese, sono del tutto rifiutati dai comuneri che subiscono la perdita delle proprie terre e il loro accesso all’acqua.
Un recente rapporto del Metals Economic Group segnala che la caduta del mercato delle azioni nel mondo favorisce gli investimenti nel settore minerario che sono cresciuti del 44% nel 2010 e del 50% nel 2011, dopo una forte caduta nel 2009 [6]. La regione latinoamericana è la prima destinazione degli investimenti minerari, con il 25% del totale, dove spiccano Cile, Perù, Brasile, Messico e Argentina. Nel 2003, appena il 10% degli investimenti minerari mondiali si dirigeva verso l’America Latina.
Il Perù è insieme al Cile la prima meta degli investimenti minerari nella regione. Nel 2010 la regione latinoamericana forniva il 51% dell’argento del mondo, la metà del litio, il 45% del rame, il 27% del molibdeno, il 25% dello stagno, il 23% dello zinco e della bauxite, il 19% dell’oro e il 18% del ferro [7]. Fino al 2020 il settore minerario riceverà 300 miliardi di dollari di investimenti.
Il Perù ha fatto un salto significativo come destinatario di investimenti stranieri diretti. Nel 2012 sono giunti nel paese 11 miliardi di dollari, un aumento del 34% rispetto al 2011, di fronte ad una media di 1.600 milioni tra il 2000 e il 2005 [8]. Il problema è che il settore minerario e degli idrocarburi raccolgono la maggior parte degli investimenti. Circa i due terzi di questi investimenti sono andati al settore delle risorse naturali e appena l’ 8,7% all’industria manifatturiera.
Questo tipo di investimenti consolidano la dipendenza dallo sfruttamento e dall’esportazione di risorse naturali. Il giornalista peruviano Raúl Wiener sostiene che il 30% delle entrate fiscali del suo paese si originano nel settore minerario e che “l’unico modo più o meno rapido di aumentare questi fondi nel breve periodo e di portare avanti i programmi sociali che ogni candidato promette per vincere le elezioni, è con più investimenti nel settore minerario, per cui azzuffarsi con questo settore sarebbe fare l’harakiri” [9].
Il Perù si è trasformato nel quinto paese al mondo con maggiore crescita delle esportazioni, che sono passate da 7,600 milioni di dollari nel 2002 a 45,700 milioni nel 2011. Circa il 60% sono minerali e il 10% petrolio e gas, prodotti che si esportano senza essere processati [10]. È il maggiore esportatore latinoamericano di oro, zinco, piombo e stagno, il secondo produttore di argento e di rame. Secondo le proiezioni, nei prossimi anni la tendenza degli investimenti e delle esportazioni centrate nel settore minerario aumenterà. Secondo l’Osservatorio dei Conflitti Minerari le concessioni minerarie sono raddoppiate tra il 2006 e il 2010.
Resistenza nelle Ande
Durante la seconda metà del 2011 e buona parte del 2012 il principale conflitto minerario e sociale del paese si è registrato nella regione della Cajamarca, nel nord del paese, per la massiccia opposizione della popolazione al progetto Conga di sfruttamento dell’oro e dell’argento, della miniera Yancocha, proprietà della statunitense Newmont Mining Corporation. L’impresa mineraria sfrutta da più di venti anni un giacimento di oro a 50 chilometri a nord della città di Cajamarca, a più di 3.400 metri di altitudine, che è la seconda miniera più grande di oro del mondo.
Durante gli ultimi anni la Yanacocha ha riscontrato una caduta della sua produzione a causa dell’esaurimento delle riserve. Di qui il fatto che il progetto Conga sia una alternativa per l’impresa. Ma la popolazione già conosce la Yanacocha e da vari anni si sta mobilitando in difesa dell’acqua.
Il principale problema è che l’attività mineraria, che include l’uso di cianuro e mercurio, danneggia le lagune in altura dalle quali si riforniscono le comunità contadine e le città.
A novembre e dicembre del 2011 la resistenza della popolazione della Cajamarca [11] si è conclusa con la dichiarazione dello stato di emergenza e la militarizzazione di varie province, a cui è seguito un ricambio del gabinetto con l’uscita di buona parte dei ministri più progressisti. Nel distretto di Bambamarca, uno dei più colpiti da Conga, la popolazione ha impedito ai soldati di fare la cerimonia del saluto alla bandiera e a Celendín, epicentro del conflitto, i soldati sono stati cacciati dalla piazza dalla popolazione [12]. Le ronde contadine hanno fermato dei soldati che avevano cercato di far prostituire delle minorenni.
Nel 2012 si sono registrati 167 conflitti attivi: di questi, 123 sono conflitti chiamati dalla Defensoría de Pueblo “socio-ambientali”, mentre solo sette sono “lavorativi”. I contadini stanno rimanendo senza terra e senza acqua e reagiscono con tutta la forza che hanno, mobilitando le loro comunità. Una inchiesta rivela che nella Cajamarca il 78% della popolazione si oppone al progetto Conga. Anche se l’epicentro delle resistenze è Cajamarca, e più recentemente Kañaris (Lambayeque), i conflitti minerari interessano tutto il paese.
Guardando la realtà più da vicino, si osserva che la popolazione ha messo in gioco una varietà di risorse meravigliose. Ha creato fronti di difesa provinciali e locali, ha fatto consultazioni municipali e provinciali, cortei, scioperi regionali e blocchi delle strade. Una delle attività più importanti è quella fatta dalle ronde contadine, organizzazioni comunali di autodifesa nate nel decennio del 1970 nella Cajamarca e Piura per combattere il furto di bestiame [13].
I ronderos di Cajamarca, Bambamarca e Celendín, le tre province più vicine alla miniera Conga, si sono accampati in massa nei dintorni delle lagune danneggiate dal progetto minerario per fare la guardia e impedire qualsiasi lavoro dell’impresa nella zona. La mobilitazione è cominciata a novembre e sono stati chiamati guardiani delle lagune.
L’accampamento di Celendín è stato distrutto dalle forze della polizia, per cui il Comando Unitario di Lotta della Cajamarca ha deciso di “costruire due case per le ronde contadine con una lavoro di minga (riunione di abitanti per fare un lavoro comune gratuito, ndt) affinché i ronderos e i visitatori potessero pernottare e mantenersi fermi nella lotta” [14].
Questa lotta per il controllo del territorio viene contrastata da parte del governo con la militarizzazione della regione, mentre la Yanacocha chiude le strade ai contadini. Le comunità hanno risposto collocando in tutte le vie e in tutti i gruppi di case cartelli che dicono: “Territorio rondero libero da miniere”, seguito dal nome del luogo. Una pratica simile a quella fatta dalle basi zapatiste per riaffermare il controllo dei propri spazi.
Secondo l’Associazione Pro Diritti Umani (APRODEH) lo stato di emergenza e la militarizzazione di varie provincie sono finiti tra dicembre del 2011 e settembre del 2012 con 17 morti. Cinque comuneri sono morti a luglio del 2012 a Celendín e Bambamarca, tre per il tentativo di sradicare la piccola attività mineraria informale a Madre de Dios (frontiera con il Brasile e la Bolivia), due a Espinar (Cusco) per aver resistito all’impresa mineraria XStrata, uno ad Ancash per l’opposizione all’impresa mineraria Barrick.
Il governo di Ollanta Humala applica il Decreto 1095 emesso dal precedente governo di Alan García che autorizza l’intervento delle forze armate nel controllo dell’ordine interno e qualifica coloro che protestano come “gruppi ostili”, mentre le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze della repressione sono giudicate nei tribunali militari [15].
Nuove forme di organizzazione e di azione
Negli ultimi due mesi è apparso un nuovo conflitto nella settentrionale provincia di Lambayeque. I contadini esprimono il conflitto in un modo molto semplice che rivela la loro visione del mondo: “Il fondamento della nostra resistenza indigena è dato dall’intromissione e dall’invasione del nostro territorio ancestrale da parte della Minera Candente Copper Corporatión-Cañariaco” [16].
Per rafforzarsi di fronte all’opinione pubblica, il 30 settembre hanno fatto una Consultazione Comunale nella quale il 95% della popolazione si è pronunciata contro l’impresa mineraria. Il 20 gennaio hanno fatto uno sciopero regionale e il 25 la polizia ha ferito 24 contadini durante un blocco stradale per evitare che la canadese Candente Copper continuasse a portare avanti il suo progetto di sfruttamento di tre giacimenti di rame.
Un paragrafo del Manifesto del 5 febbraio rivela l’abisso che c’è tra lo stato e le comunità: “Chiediamo come condizione per il dialogo il ritiro immediato dai nostri territori delle forze di polizia, dato che secondo il nostro diritto consuetudinario la sicurezza comunale è garantita dalle ronde contadine e non c’è necessità della presenza di un grande contingente di polizia fortemente armato” [17].
E aggiungono: “Siamo autorità originarie, comunali e rondere che non sono disposte a rinunciare ai propri principi e diritti come popoli, a permettere la sottomissione al colonialismo che rompe la struttura genuina e naturale dei popoli originari”.
Nonostante ciò, numerosi analisti e osservatori considerano che in Perù non esistano movimenti sociali e giudicano che il movimento contro il settore minerario sia frammentato e che tra di loro non siano organizzati. Il ricercatore e attivista Raphael Hoetmer afferma: “I movimenti del Perù non sono centralizzati e organizzati in organizzazioni rappresentative nazionali solide; piuttosto hanno un carattere frammentato” [18].
Nel medesimo lavoro, nel quale polemizza con chi assicura che non esistano movimenti, constata “una situazione dove i popoli non hanno bisogno delle organizzazioni nazionali per mobilitarsi, ma a volte c’è difficoltà ad organizzare tra di loro le distinte agende locali e con le agende nazionali” [19]. Di fatto le grandi organizzazioni non giocano nessun ruolo nella lotta contro l’attività mineraria.
Successivamente segnala che le lotte ottengono vittorie ma che queste non si traducono nella creazione di potenti organizzazioni. “Ci sono grandi difficoltà a trasformare queste vittorie in organizzazioni più forti” [20]. In effetti, constata che esistono grandi lotte che non sono più dirette dalle potenti organizzazioni sociali di una volta, come la CGTP, la CCP o la più recente CONACAMI [21].
Su questo punto è dove sembra sia necessario cambiare il modo di guardare. Hugo Blanco, che ha vissuto il periodo delle grandi organizzazioni fin dalla CCP e ora accompagna i movimenti della Cajamarca, è molto chiaro. Secondo lui si tratta di coordinare le lotte e allo stesso tempo avanzare “verso una democratizzazione sempre più grande del movimento, nella quale sia la collettività che comanda e non i dirigenti. Senza dirottare le proprie attività centrali verso campagne elettorali” [22].
In poche parole affronta tre temi chiave: coordinare le lotte senza creare apparati burocratici, che decida la gente (quello che gli zapatisti chiamano “comandare obbedendo”), ed evitare la tentazione elettorale che distorce le lotte rapprendendole nelle istituzioni statali. Anche se non lo dice, sta parlando di una nuova cultura politica. La vecchia cultura ha già mostrato i suoi limiti.
Raúl Zibechi è un analista internazionale del settimanale Brecha di Montevideo, docente e ricercatore dei movimenti sociali nella Multiversidad Franciscana de América Latina, consigliere di vari gruppi sociali. Scrive il “Rapporto Mensile di Zibechi” per il Programma delle Americhe www.cipamericas.org/es.
Fonti
Raúl Zibechi, Entrevista a Hugo Blanco, Lima, 22 febbraio 2013.
Central Única Nacional de Rondas Campesinas: http://cunarcperu.org
Cooperaccion: http://www.cooperaccion.org.pe/
Hugo Blanco, “Agua sí, Mina no”, Cusco, 2012.
Lucha Indígena, Cusco. Periodico mensile diretto da Hugo Blanco.
Metals Economics Group, “Tendencias de la exploración mundial 2012”, Halifax, 2013.
Observatorio de Conflictos Mineros en el Perú, “11º. Reporte Semestral”, Lima, dicembre 2012.
Raphael Hoetmer, “Los movimientos del Perú: Nueve hipótesis sobre conflicto y movimiento social, y una afirmación epistemológica”, in Crisis y movimientos sociales en Nuestra América, Programa Democracia y Transformación Global, Lima, 2012.
Servindi (comunicación intercultural): www.servindi.org
Studi: Tipi di ronde contadine in Perù: http://cunarcperu.org/index.php?option=com_content&view=article&id=485:estudiio-tipos-de-rondas-campesinas-en-el-peru&catid=1:latest-news&Itemid=1
Alan Ele, “Mujer Invisible: Historia de una visita a la familia Chaupe, Celendín Libre blog, http://celendinlibre.wordpress.com/2013/03/09/la-mujer-invisible-historia-de-una-visita-a-la-familia-chaupe/
Note:
[1] Intervista a Hugo Blanco.
[2] In particolare si possono consultare i suoi cinque romanzi sulla lotta dei contadini andini per recuperare le proprie terre: Rulli di tamburo per Rancas (1970), La storia di Garabombo l’invisibile (1972), Il cavaliere insonne (1977), Cantare di Agapito Robles (1977) e La vampata (1979).
[3] Observatorio de Conflictos Mineros en el Perú, ob cit, p. 28.
[4] Idem, p. 32.
[5] Idem, p. 30.
[6] Metals Economics Group, “Tendencias de la exploración mundial 2012”.
[7] Reuters, 16 aprile 2012.
[8] Global Investment Trends Monitor, UNCTAD, No. 11, 23 gennaio 2013, p. 6.
[9] La Primera, 12 aprile 2012.
[10] Ministerio de Comercio Exterior y Turismo, “Resumen de Exportaciones 2011”, in http://www.mincetur.gob.pe/newweb/Portals/0/documentos/comercio/CuadrosResumen_Exportaciones_2011.pdf
[11] La Cajamarca è un dipartimento, inoltre è una delle dodici provincie del dipartimento ed è la capitale dipartimentale.
[12] Lucha Indígena, giugno 2012.
[13] Si stima che esistano tra i 200.000 e i 250.000 ronderos in tutto il Perù riuniti in circa 8.000 comitati di ronda. Nella Cajamarca, culla delle ronde contadine, si contano circa 100.000 ronderos attivi. Vedere http://cunarcperu.org
[14] Comando Unitario de Lucha-Cajamarca, 1 febbraio 2013.
[15] APRODEH, “Ni un muerto más”, opuscolo, Lima, settembre 2012.
[16] MANIFIESTO DE LAS COMUNIDADES Y RONDAS CAMPESINAS DE CAÑARIS, INCAWASI Y SALAS: PUEBLOS ORIGINARIOS EN DEFENSA DEL AGUA Y LA VIDA, 5 febbraio 2013.
[17] Idem.
[18] Raphael Hoetmer, ob cit, p. 230.
[19] Idem.
[20] Idem, p. 236.
[21] Confederazione Generale dei Lavoratori del Perù, Confederazione Contadina del Perù e Confederazione Nazionale delle Comunità del Perù Danneggiate dall’Attività Mineraria.
[22] Lucha Indígena, marzo 2013, p. 8.
11-03-2013
Programa de las Américas
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da: |
Raúl Zibechi, “Resistencia en los Andes a la minería” pubblicato l’ 11-03-2013 in Programa de las Américas, su [http://www.cipamericas.org/es/archives/9143] ultimo accesso 21-03-2013. |