Il modello dell’industria forestale cilena e suoi tentativi di espansione


 Alfredo Seguel

L’attacco delle compagnie dell’industria forestale non è un tema che riguarda esclusivamente la gente della terra, chi vive nei campi, le comunità.

Continuerà la debacle? La domanda non deve tener conto del punto di vista del potere politico-economico di certi gruppi che vogliono imporre una sconvolgente espansione, raddoppiare la superficie delle specie esotiche di pino e di eucalipto ed a sua volta espandere tutti i loro effetti devastatori. La domanda deve tener conto della coscienza, della predisposizione e dell’azione di coloro che dicono di assumere posizioni “democratiche” e rispettose dei diritti umani e dell’ambiente.

Il tema del conflitto delle compagnie dell’industria forestale è un tema urgente, trasversale e strutturale e richiede una posizione chiara dei settori politici dissidenti di fronte a questo tipo di modello e, a sua volta, una reazione più contundente delle organizzazioni sociali che stanno portando avanti proposte in difesa della vita.

L’attacco delle compagnie dell’industria forestale non è un tema che riguarda esclusivamente la gente della terra, chi vive nei campi, le comunità. Non è solo un tema della resistenza di coloro che cercano di mantenere viva la propria cultura, le tradizioni, la spiritualità e la forza della madre terra; è un tema che concerne tutti e tutte le persone che qui abitano e hanno coscienza, sia negli spazi rurali o urbani, perché è una priorità collegata con la sopravvivenza e la giustizia.

Sono vari gli effetti che sono individuati dai mezzi di comunicazione, imputati e ascritti alle responsabilità di questa industria, denunciati da varie comunità e organizzazioni territoriali, che rendono conto delle situazioni che danneggiano gravemente e direttamente la vita rurale, ma che, a sua volta, restringe in vari ambiti la possibiltà di uno sviluppo collettivo.

Per generalizzare, alcune di queste conseguenze prodotte sono: eliminazione del Bosco Nativo, perdita delle Risorse idriche, superficiali e sotterranee, che è stata una delle costanti denuncie della IX e X regione (le monocoltivazioni esotiche agiscono come delle vere pompe d’acqua), uso indiscriminato di pesticidi e contaminazione degli ecosistemi, accerchiamento delle comunità rurali da parte delle monocoltivazioni, distruzione dei sentieri rurali e polluzione per il transito di macchine pesanti, principalmente nei periodi di raccolta, perdita di Flora e Fauna (anche di piante medicinali e alimentari), suoli agricoli sostituiti con pini ed eucalipti, che comporta la perdita della sovranità e della sicurezza alimentare, profanazione di luoghi sacri, aumento dell’immigrazione (diminuiscono le fonti di lavoro) e povertà in luoghi ad alta concentrazione Forestale fanno parte delle sue realtà dimostrando così che non è realizzabile.

Nel presente, al di fuori da questo modello, sono diverse le iniziative che provengono dai settori contadini e dalle comunità, per esempio, nell’agroalimentare e nellla raccolta, mettendo in risalto chi cerca di sviluppare una produzione sufficiente e un’adeguata conservazione, insieme alla promozione di scambi, trasformazione, commercializzazione di alimenti sani, nutritivi, preferibilmente provenienti dalla piccola, micro, e media produzione, diversificata, attività che in genere rispettano e proteggono la biodiversità, le conoscenze e i modi di produzione tradizionali e ancestrali, con principi di equità, solidarietà, inclusione, sostenibilità sociale e ambientale.

Il modello di espansione dell’industria forestale è assolutamente incompatibile con le numerose proposte e sistemi di portare avanti modi alternativi di produzione come quelli segnalati precedentemente, tra le sue modalità ci sono solo l’espansione, le monocoltivazioni e il guadagno insaziabile ad ogni costo.

Questi settori stanno falsamente vendendo e pubblicizzando che le piante di pino ed eucalipto contribuiscono allo sviluppo, che nessun indicatore dello stesso stato cileno, dicasi censimento della popolazione, indagine Casen, censimento agricolo, possono dimostrare. I luoghi dove si concentra la maggiore quantità di piantagioni forestali di questo tipo, coincide in misura maggiore con quelli dove ci sono i più alti indici di povertà, disoccupazione, emigrazione, disgregazione e aumento della mancanza d’acqua.

Conoscendo questi precedenti e con l’enorme accumulazione di ricchezze già fatta, gli impresari ancora di più inistono e cercano maggiori benefici e vantaggi che lo stato gli possa offrire e, a sua volta, i settori politici del tutto corrotti, collegati con l’esecutivo e il legislativo, operano a loro favore, fatti che sono trasversali ai due blocchi che hanno governato, la cosiddetta Alleanza o anche chiamata Coalizione e, dall’altra parte, la cosiddetta Concertazione per la democrazia.

La complicità della dirigenza politica binominale

Pubblicato dai loro stessi mezzi di informazione pro-forestali che fanno riferimento ai “mecenati”, è risaputo che durante le campagne elettorali  i principali impresari del Cile nelle attività forestali, come Matte (CMPC) e Angelini (Forestal Arauco), sono importanti finanziatori dei partiti politici di ambedue i blocchi. A loro volta, questi hanno una enorme influenza sui diversi apparati pubblici.

Così, con questi metodi di corruzione e collusione nella maggioranza dei settori “dirigenti”, è praticamente impossibile pensare a pratiche trasparenti che vadano a beneficio delle popolazioni locali, che sia rispettato il dirito di decidere sulle proprie modalità e proposte di sviluppo.

Dal cosiddetta “ritorno della democrazia”, questo “circolo” ha, inoltre, internazionalmente promosso il suddetto modello come un “successo”, come “un esempio per il mondo”. Scorgendo gli alti indici macroeconomici del Paese, con esportazioni annuali che hanno rasentato i 6 miliardi di dollari, appaiono un esempio da seguire, senza considerare l’enorme guadagno e accumulazione di ricchezza, crescita che è soprattutto per due gruppi. Si rende meno conto dell’enorme impoverimento in cui vengono gettati i territori e i loro abitanti.

Così nel continente governanti dei cosiddetti gruppi “progressisti”, in modo ignobile e ignorante, senza scrupoli, hanno elogiato il modello forestale cileno. Uno di questi è il Presidente dell’Ecuador Rafael Correa che a luglio di questo anno ha rimarcato alle agenzie di stampa l’esperienza nello “sviluppo” dell’industria forestale del Cile, paese che, secondo lui, ha investito “moltissimo” concedendo incentivi e sussidi e che attualmente sta riscuotendo molto di più grazie alle imposte che l’attività sta creando”, proponeva il presidente,  fatto che faceva ricordare le dichiarazioni del neoliberale ed ex presidente del Perù, Alan García, che nel suo documento, la “sindrome del cane dell’ortolano”, portava come esempio l’industria cilena e le sue “succulente” esportazioni.

Una situazione simile sta avvenendo in Brasile, dove è stata data luce verde all’espansione di questi gruppi che in diversi territori concentrano migliaia di ettari per le piantagioni. Lo stesso, da anni, in Argentina, con piantagioni e cartiere, uno spazio aperto in questa attività per i principali gruppi economici del Cile.

La violenta offensiva per espandersi

Le piantagioni, essendo di specie esotiche, sono vulnerabili alle calamità, come è stata la vespa perforatrice (Sirex noctilio) che si è estesa dalla regione del Maule fino alla regione dei Laghi e che ha messo sotto scacco le imprese forestali cilene. Il suddetto insetto sta provocando la morte dei pini che attacca, poiché le femmine depongono le loro uova dentro il tronco dei pini, insieme ad una sostanza tossica da loro prodotta, che uccide gli alberi. Di fronte a ciò, lo stato cileno ha dovuto investire milioni di milioni per cercare di controllarla, con le casse dello stato, dalla ricerca, ai prodotti chimici regolatori fino alla liberazione di insetti esotici per cercare di controllarla biologicamente.

Quando all’inizio fu imposto questo modello, il governo del dittatore Augusto Pinochet dette assoluta priorità agli interessi di Angelini e di Matte stabilendo politiche di stato per concedergli benefici e vantaggi per l’installazione del modello forestale. Infatti, nell’anno 1974 fu deliberato il Decreto Legge 701, che permise di accelerare il processo dell’industria e l’espansione delle monocolture, oltre ad aumentare la concentrazione in  poche mani di grandi estensioni di terra.

Il Ministero dell’Agricoltura, attraverso la Compagnia Nazionale Forestale (Conaf), dal secondo semestre del 2012 sta promovendo un progetto di legge che cerca di rafforzare a livello nazionale la forestazione attraverso al proroga di questo decreto.

Questa iniziativa legale di proroga del Decreto Legge prevede alcune modifiche per aumentare l’assegnazione di incentivi a questa attività, contemplandone per i costi di produzione, e aggiungendo nuove norme come quella sui “servizi ambientali”. Questa misura è stata festeggiata da vari settori politico-legislativi del governo e dell’opposizione, ed è stata considerata come un importante “aiuto e una opportunità”, secondo quanto hanno dichiarato i settori pro-forestali.

È necessario ricordare che questa nuova strategia avvantaggia le grandi compagnie, giacché così non hanno più bisogno di acquistare terreni, che significherebbe correre il rischio di conflitti e dispute territoriali con gli abitanti, come nel caso delle comunità mapuche, ma che annettono in maniera occulta le terre delle comunità e dei contadini, incentivati dall’offerta che fa lo stato, giacché le stesse imprese avranno successivamente il potere di comprare i raccolti di queste piantagioni e di fissare i prezzi d’acquisto. A questo scopo, i servizi pubblici legati al mondo rurale, come CONAF, CONADI e INDAP, operano al loro servizio.

Uno dei punti in questione riguardo a questo sopruso è il processo viziato, portato avanti trasgredendo a norme come l’Accordo 169 dell’OIL, giacché in buona fede non è stata stabilita la consultazione che le norme internazionali obbligano a fare. In definitiva, queste politiche non stanno rispettando l’obbligo dello stato di consultare e far partecipare la popolazione in modo informato, preventivo e libero ai processi di sviluppo e alla formulazione delle politiche che le colpiscono, e nemmeno si sta applicando il Diritto a decidere le priorità dello sviluppo.

Oggi, con questa politica di stato si vogliono allargare le piantagioni alle famiglie delle comunità e dei contadini; secondo i dati ufficiali l’uso di queste terre per tali scopi supera i due milioni di ettari nel centrosud del Cile, portando con sé tutti gli effetti e i rischi di calamità e aumento della perdita di sovranità, autonomia e spazi per la difesa della vita.

Di fronte a questa realtà diventa urgente reagire, diventa fondamentare capovolgere questa realtà, non solo intensificando i processi di resistenza, ma anche portando avanti le altre proposte di sviluppo pensate colletivamente, per un vero sviluppo integrale, rispettoso e identitario riguardo ai territori e alle loro popolazioni.

22/1/2013

mapuexpress.net

da La Haine

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
Alfredo Seguel, “El modelo de la industria forestal chilena y sus intentos expansionistaspubblicato il 22-01-2013 in La Haine, su [http://www.lahaine.org/index.php?p=66633] ultimo accesso 30-01-2013.

 

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