San Paolo: Mafia e squadroni


Mário Augusto Jakobskind

Le principali vittime della repressione appartengono alle 3 P: pretos (neri), poveri e periferici: “C’è una guerra non dichiarata, ed è una guerra di classe”.

Solo ad ottobre, ci sono stati 571 omicidi a San Paolo, il 54 per cento in più che nel medesimo mese dell’anno passato, e per quanto riguarda l’anno si aggirano sui 4 mila. Il ruolo della Polizia Militare paolista, riconosciuta come una delle più violente del mondo, e dei rinascenti gruppi paramilitari nella crescita della criminalità sono in pieno dibattito. Così come la loro strategia di guerra frontale contro il Primo Comando della Capitale (PCC), una struttura mafiosa in piena espansione.

Poco prima di essere sostituito nell’incarico di capo della Polizia Civile paolista, Marcos Carneiro de Lima, ha rivelato che varie persone che sono morte nelle ultime notti a San Paolo (e sono state molte) potrebbero essere state vittime di poliziotti che le hanno cercate deliberatamente per giustiziarle: i precedenti giudiziari di quelle persone erano stati consultati nei computer della Segreteria per la Sicurezza dello stato. Non c’è modo di sapere su chi abbia fatto la consultazione, ma che ci sia stata, c’è stata, e poco prima che avvenissero le morti. La Segreteria per la Sicurezza Pubblica di San Paolo, la cui cupola ha finito con l’essere rimossa, sostiene che si tratta di mere coincidenze, ma i sospetti si sono venuti accumulando. Per Amnesty International non c’è dubbio alcuno: gli squadroni della morte sono tornati sulla scena brasiliana.

La cosa certa è che soprattutto a San Paolo, la maggiore megacittà dell’America del Sud e una delle maggiori del mondo, si è stabilito un quadro alla messicana, di violenza criminale e contro-violenza statale, omicidi multipli e sempre più macabri.

Secondo un rapporto della Segreteria per la Sicurezza Pubblica del Ministero della Giustizia divulgato dal quotidiano O Globo, la struttura criminale del PCC si sta espandendo su tutto il paese, e oggi è presente in 21 stati e nel Distretto Federale. Il gruppo muove annualmente decine e decine di milioni di dollari ed ha circa 13 mila membri retribuiti, 6 mila dei quali sono oggi detenuti in carceri che si sono trasformate nelle loro basi, altri 2 mila nelle strade della capitale dello stato e i rimanenti 5 mila sparsi sul resto del territorio. Oltre ad una quantità indeterminata di esterni che superano di molto quelli retribuiti. “La vita si paga con la vita, il sangue si paga con il sangue”, è la divisa del comando, che ha addestrato i propri membri affinché, ogni volta che uno di loro cade, un poliziotto dello stesso corpo responsabile di quella morte sia giustiziato. Contro, la polizia risponde con la stessa moneta. E ancor di più. Per aver perso totalmente il controllo delle truppe della pm, l’incaricato della Segreteria per la Sicurezza dello stato, Antonio Ferreira Pinto, è stato deposto dal suo incarico.

Il governatore paolista, il conservatore Geraldo Alckim, non si stanca di ripetere che lo stato controlla la situazione, ma la realtà dimostra il contrario. E non è di oggi che le denunce su  “eccessi” della pm si accaparrano l’attualità: nel 2006, quando il Primo Comando della Capitale praticamente paralizzò la città di San Paolo con una seire di attacchi contro le forze di sicurezza, la Polizia Militare rispose con una violenza equivalente che causò assassini extragiudiziari a catena. Ci furono 50 morti nelle file della polizia e circa 400 nelle file dei delinquenti, di questi molto pochi in scontri reali, una versione brasiliana dei “falsi positivi” colombiani.

Per quanto riguarda il PCC, la sua forza sta straripando in altri stati, a partire dai prigionieri appartenenti al comando che di fato hanno preso il controllo delle carceri del Mato Grosso del Sud (centro-est) e del Paraná (sud), regioni strategiche per la loro vicinanza con le frontiere con il Paraguay e la Bolivia, dove circolano droghe in un senso e nell’altro. Negli ultimi anni il Brasile si è trasformato in un grande mercato di consumo, che ha dato come risultato una crescita esponenziale dei gruppi di narco, che hanno adattato le loro strutture di organizzazione e di gestione finanziaria. L’industria della sicurezza è cresciuta in modo parallelo, di modo che, per esempio, i grandi centri commerciali delle maggiori città, specialmente San Paolo, si sono trasformati in bunker, vere fortezze infestate di guardie.

Osservatori politici prevedono che per le elezioni presidenziali e legislative del 2014 la questione della sicurezza interna e della violenza urbana saranno, per la prima volta in molti anni, temi prioritari della campagna. Il PSDB, all’opposizione del governo centrale, che da 20 anni amministra lo stato di San Paolo, ma che sta finendo con il perdere la guida della capitale, sicuramente farà della mano dura contro la delinquenza il suo principale cavallo di battaglia, in una corsa disperata per evitare una sconfitta nel principale stato del paese. L’articolista João Santana, incaricato del mariketing di Lula nel 2006 e di Dilma Rousseff nel 2010, ha suggerito il lancio della candidatura dell’ex presidente per il governatorato di San Paolo, che da un lato lancerebbe definitivamente l’attuale mandataria ad un secondo periodo presidenziale e dall’altro quasi si assicurerebbe il passaggio dello stato più ricco del paese nell’orbita dell’attuale governo. Bisognerà vedere con che ricetta.

2.12.2012

La Haine

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
Mário Augusto Jakobskind, “San Pablo: Mafia y escuadronespubblicato il 02-12-2012 in La Haine, su [http://www.lahaine.org/index.php?p=65608] ultimo accesso 04-12-2012.

 

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