Le nuove misure mirano all’espansione del settore privato e a stimolare l’agricoltura. Il nuovo ciclo di riforme è iniziato nel 2008 con il trasferimento della leadership cubana da Fidel a Raúl Castro ma è accelerata solo dopo il VI congresso del Pcc nella primavera del 2011. Articolo da La Jornada.
Gerardo Arreola
La Jornada 8 maggio 2012
L’Avana, 7 maggio. Sulla carta c’è un nuovo ciclo di riforme economiche a Cuba che disegnano un orizzonte ambizioso di potenzianale espansione del settore privato e maggiore sostegno all’agricoltura, ma le misure sono state approvate da mesi senza essere state applicate e senza essere stata comunicata la data della loro esecuzione.
Il ritmo dei cambiamenti economici nell’isola è un fattore abbastanza indecifrabile. Non c’è modo di tradurre in lingua corrente in quante settimane o mesi o anni consista la linea ufficiale di procedere “senza fretta ma senza pause”.
Il vicepresidente Marino Murillo, principale relatore della riforma, ha informato alla fine di marzo che nel processo “ciò che era previsto fare fino ad ora è stato fatto e ciò che è previsto fare da oggi fino al 2015 ha un calendario di lavoro che verrà seguito alla perfezione”.
Ma né la proiezione dell’economia fino al 2015 né il calendario della riforma sono pubblici.
Il sesto congresso del Partito Comunista di Cuba (Pcc) ha approvato nell’aprile 2011 la formazione di cooperative fuori dal settore primario (agricoltura e allevamento, fino a ora le uniche legali), così come le alleanze tra loro per creare imprese di proprietà collettiva di “secondo grado”.
La decisione ha aperto la strada per l’aggregazione di tecnici e professionisti in imprese di produzione e servizi nelle città. Un passo di questo tipo potrebbe lanciare l’espansione del settore privato su un piano più vigoroso dell’attuale “lavoro per proprio conto”, riotto a 181 mestieri poco qualificati.
Il congresso ha anche deciso di ampliare il regime di usufrutto per lavorare terre incolte, che secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili sono più di un milione di ettari, su un’estensione di più di 6 milioni e mezzo di ettari di terre coltivabili.
Murillo ha spiegato che un decreto legge avvierà il regime di cooperative. Un altro decreto legge amplierà l’estensione di terra che verrà consegnata in usufrutto (ora di 13,42 ettari ai privati senza proprietà agraria o fino ad avere 40,26 ettari se già la possiedono) ed il tempo della concessione (ora di 10 anni prorogabili).
“Dobbiamo far sì che (il contadino) si mantenga più tempo e si mantenga la famiglia sui campi”, ha osservato Murillo.
Tuttavia fino ad oggi non si sa quando ci saranno nuove cooperative e una maggiore offerta di terre in usufrutto.
Alla fine del marzo scorso il Consiglio dei Ministri ha ricevuto una relazione per la ristrutturazione del Ministero dell’Agricoltura, che è stato descritto in uno “stato economico-finanziario sfavorevole da vari anni” e dopo che “sono state insufficienti le azioni e le misure adottate fino ad oggi per migliorarlo”.
Ma almeno una delle sezioni critiche di questo ministero sta da più tempo sotto il fuoco della critica. Da due anni i contadini privati, che generano il 70% della produzione alimentare, hanno chiesto al congresso più libertà per vendere la propria merce e una revisione profonda del monopolio di distribuzione (“acopio“).
Il dibattito sulla sorte del “acopio” è arrivato nel 2010 fino al punto di avere l’arco più ampio possibile di opinioni secondo quanto aveva rivelato allora Murillo: dall’indurire il controllo fino all’eliminarlo completamente. Il congresso del Pcc si è accordato per mantenere l’intermediazione con un accesso maggiore e diretto del produttore al mercato.
In una relazione al parlamento Murillo ha detto a suo tempo che quando i contadini potranno vendere in maniera diretta ai consumatori come gli hotel “questa struttura che abbiamo nel mezzo, ci commercializzazione inefficiente, andrà in pezzi a poco a poco”.
È iniziata la vendita diretta agli hotel, ma l’acopio continua a funzionare per il resto delle catene di distribuzione e ancora non si sa che fine farà il Ministero dell’Agricoltura.
Il piano per eliminare mezzo milione di posti di lavoro [pubblici, ndt] tra la fine del 2010 e il primo trimestre del 2011 è stato frenato. Forse l’economia cubana non avrebbe potuto assorbire un simile colpo di disoccupazione.
Secondo documenti ufficiali l’anno scorso sono stati soppressi 140 mila posti e nel 2012 ne spariranno altri 170 mila.
Ma questi disoccupati non stanno trasferendosi in massa al settore privato, dove a febbraio c’erano più i 371 mila microimprenditori che per il 70% non avevano un impiego fisso. La tendenza sembra indicare che le nuove iniziative sono in realtà l’emersione del lavoro nero alla superficie.
Ampliare le possibilità di impiego – come attraverso le cooperative o le riforme in agricoltura – è necessario per offrire opportunità alla borsa dei disoccupati. Ancor di più quando ce n’è un’altra che, a differenza delle altre, ha una scadenza fissata: quella della nuova legislazione fiscale, che amplierà le basi imponibili, sarà approvata dal parlamento nella sua sessione estiva.
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da: |
Gerardo Arreola, Aprobadas, pero sin ejecutar, nuevas y ambiciosas reformas económicas en Cuba, pubblicato il 08-05-2012 su [http://www.jornada.unam.mx/2012/05/08/mundo/023n1mun], ultimo accesso 19-05-2012. |