Il tonno antisindacale e il lavoro semischiavo in Seatech


Giorgio Trucchi

Impresa colombiana produttrice del tonno Monti accusata di reprimere sistematicamente i diritti fondamentali dei lavoratori organizzati

Pochi consumatori di tonno in scatola al mondo sanno che gran parte di questo prelibato prodotto è importato dalla Colombia. In Italia, per esempio, la Ditta Panzironi S.r.l. distribuisce in varie aziende di ristorazione il tonno Monti, prodotto da Seatech International Inc a Cartagena e importato nel nostro Paese da Foods Import S.p.A dei F.lli Monti. Molto probabilmente nessuno è a conoscenza di cosa si nasconda dietro questa innocua scatoletta di tonno, né s’immagina il dolore e la sofferenza di centinaia di lavoratrici e lavoratori colombiani, che sono i veri artefici di questa storia di semischiavitù del nuovo millennio.

 

È infatti in questa paradisiaca città colombiana che opera una fabbrica di Seatech International Inc., una delle imprese leader nel mondo della produzione e vendita di tonno in scatola, recentemente oggetto di varie denunce da parte dei propri lavoratori.

 

Le principali accuse contro la multinazionale colombiana, la cui marca Van Camp’s è esportata negli Stati Uniti e in vari paesi dell’America Latina e dell’Europa, vanno dalla violazione della normativa sul lavoro, alla mancanza di assistenza sanitaria per i lavoratori che soffrono di LSR (Lesioni per Sforzo Ripetuto), una malattia che è comune nelle fabbriche in cui esiste una ripetizione intensiva dei movimenti.

 

Nel suo sito web, la multinazionale colombiana informa che il suo impianto di produzione è “in sinergia con il programma di Mantenimento Produttivo Totale e con i sistemi di qualità della norma ISO 9002 e di Analisi di Rischi e Controllo di Punti Critici (HACCP) per la prevenzione dei problemi di tipo sanitario”. E’ inoltre in linea con le “norme di qualità necessarie per il commercio nazionale e internazionale”. Recentemente ha anche ottenuto il Marchio di Qualità ICONTEC per il tonno, in base ai requisiti stabiliti in campo internazionale nel Codex Alimentario.

 

Quest’adempimento a beneficio della qualità del prodotto che offre a milioni di consumatori, contrasta in modo preoccupante e frontale con le recenti denunce presentate da centinaia di lavoratori organizzati. Secondo loro, Seatech sarebbe responsabile di un’infinità di violazioni dei loro diritti sindacali e umani, nonché delle leggi sul lavoro e di gravi danni alla loro salute. L’azienda, invece, garantisce che si starebbero rispettando le normative vigenti nel paese.

 

“Dei  1500 lavoratori che operano nella fabbrica di Cartagena, solamente 13 hanno un contratto a tempo indeterminato e diretto con l’azienda. Il resto arriva a Seatech attraverso imprese di lavoro temporaneo – interinale “, ha spiegato a Opera Mundi, Fredis Marrugo, presidente dell’Ustrial (Unione Sindacale dei Lavoratori dell’Industria Alimentare).

 

Secondo Marrugo, ci sarebbero centinaia di persone che lavorano da molti anni per Seatech in queste condizioni e ciò violerebbe la legislazione colombiana sul lavoro. “È una modalità di contrattazione permessa solamente quando le aziende devono sopperire ad aumenti della produzione o per sostituire il personale che è in ferie. Non può inoltre eccedere i sei mesi, mentre qui ci sono persone che lavorano da più di vent’anni in queste condizioni”, ha affermato il dirigente sindacale.

 

Per difendere i propri diritti, in agosto del 2010 i lavoratori hanno creato l’Ustrial. In meno di un mese, l’azienda ha licenziato i due terzi dei lavoratori sindacalizzati e ha adottato misure intimidatorie affinché nessun’altro s’iscrivesse al sindacato. “Abbiamo presentato una denuncia presso le autorità competenti e abbiamo ottenuto la reintegrazione nel posto di lavoro per molti di loro. Attualmente ci sono ancora 79 lavoratori licenziati illegalmente. Non importa la repressione, le minacce e gli attacchi che stiamo subendo, perché continueremo a lottare fino a ottenere la reintegrazione di tutti loro”, ha detto Marrugo, il quale lo scorso anno (novembre 2010) ha presentato una denuncia per l’aggressione fisica e le minacce di morte proferite contro di lui dalle guardie private dell’azienda.

 

Lavoro semischiavo e malattia

 

Il 17 maggio 2011, il Ministero della Protezione Sociale ha sanzionato Seatech International Inc. per avere violato la durata massima della giornata lavorativa. Secondo la risoluzione ministeriale, l’azienda non ha consegnato a questa istituzione l’autorizzazione per fare effettuare ore straordinarie (ai lavoratori), la copia del registro delle ore straordinarie e la copia dell’orario di entrata e uscita del personale che lavora per Seatech”.

 

Per il presidente dell’Ustrial, questa risoluzione dimostra le vessazioni a cui sono sottoposti quotidianamente i lavoratori della fabbrica. “Siamo sottoposti a orari estenuanti di 14-16 ore al giorno, quasi sempre in piedi, con poche pause e molto spesso non ci pagano nemmeno gli straordinari. È una situazione di semischiavitú che ha creato anche gravi problemi di salute”, ha aggiunto.

 

Il caso di Elvira è emblematico. Sono oramai due anni che non può lavorare, in quanto i medici le hanno diagnosticato tre malattie professionali: tendinite di Quervain, sindrome del tunnel carpale e cervicobrachialgia. Lavorava nella pulizia del tonno per Seatech a Cartagena. Erano movimenti ripetitivi e costanti per più di 16 ore al giorno, con appena dieci minuti di riposo durante la mattina e mezz’ora per il pranzo.

 

Ha raccontato la sua storia alla pagina web della Rel-UITA. Elvira ha sopportato il dolore per mesi fino a che non ce l’ha fatta più. Doveva raccogliere tutte le sue forze per potersi presentare al lavoro e lo doveva fare per paura di essere licenziata. “Sono una ragazza madre e ho tre figli. Non potevo concedermi il lusso di rimanere disoccupata. Quasi tutti i giorni andavo in infermeria per poter avere degli antidolorifici, ma alla fine il dolore ha vinto”, ha raccontato la lavoratrice.

 

“L’azienda ha degli standard di produzione e la sua unica preoccupazione è farli rispettare. Con quei numeri in testa ci fanno lavorare come delle schiave e ci ammaliamo. Poi ci licenziano e ci rimpiazzano”, ha affermato Elvira nell’intervista.

 

Questa situazione è stata ripetutamente denunciata dalla Fondazione “Manos Muertas” (Mani Morte), la quale offre assistenza legale a tutte le persone che soffrono di LSR. Dei più di 300 soci, quasi la metà sono lavoratori o lavoratrici di Seatech o delle imprese di lavoro temporaneo – interinale.

 

“È un lavoro che ha portato come conseguenza l’aumento del numero dei lavoratori e delle lavoratrici affette da patologie di origine professionale, molte volte irreversibili. Ustrial e ‘Manos Muertas’ stanno lavorando affinché l’azienda reintegri le operaie e gli operai malati e ingiustamente licenziati”, ha affermato Marrugo.

 

In effetti, la legislazione colombiana proibisce il licenziamento per limitazioni fisiche e stabilisce meccanismi d’integrazione sociale, affinché i lavoratori colpiti da malattie professionali possano essere riubicati in altre aree dell’azienda.

 

Il 29 giugno 2011, la Decima sezione civile di Cartagena ha creato un precedente, condannando Seatech International Inc. e A Tiempo Servicios Ltda. – una delle due imprese di lavoro temporaneo che forniscono il personale a Seatech – a pagare a Marilin Mendoza Martínez tutti gli stipendi non percepiti dal momento del suo licenziamento. Dovranno anche indennizzarla e ricollocarla in un’altra mansione “che offra condizioni uguali o migliori di quelle che svolgeva al momento del suo licenziamento”. Mendoza Martínez era stata licenziata a causa della sua malattia.

 

Rappresaglia

 

Nonostante ciò, il 21 luglio scorso Seatech ha sfidato nuovamente le autorità e le leggi del Paese. Ha infatti licenziato Josefina Paternina e Marelvis Leones, entrambe membri del consiglio direttivo dell’Ustrial, e altre 14 lavoratrici recentemente reintegrate nel loro posto di lavoro dai giudici, dopo essere state ingiustamente licenziate a causa delle loro malattie legate alle LSR. “Lo consideriamo un licenziamento di massa e lo abbiamo denunciato al vicepresidente della Repubblica, Angelino Garzón, il quale ha promesso di difendere i diritti sindacali”, ha affermato Pedro Londoño, segretario generale dell’organizzazione.

 

Per Marrugo l’importante è ora far conoscere questa situazione a livello internazionale. “I prodotti della marca Van Camp’s (Tonno Monti in Italia) sono esportati in tutto il mondo. È importante che i consumatori conoscano il dolore e la sofferenza che c’è dietro ogni scatola di tonno che arriva sulle loro tavole”.

“Vivrò con il dolore per sempre”, dice ex lavoratrice

 

Edna Guzmán sente tutti i giorni, letteralmente, il risultato di tanti anni di lavoro pesante. La colombiana ha lavorato per 15 anni nella fabbrica di Seatech International Inc. a Cartagena. Era addetta al controllo e verifica della fase d’inscatolamento. Controllava e manipolava una media di circa 300 scatole di tonno al minuto.

 

“Lavoravo in piedi per più di 16 ore, quasi senza pause, con ritmi insostenibili. È per questo che ho iniziato a soffrire di LSR. Il dolore era molto forte, ma non potevo dire niente per paura di essere licenziata”, ha raccontato durante l’intervista con Opera Mundi.

 

Dopo essere stata allontanata dall’azienda senza nessuna spiegazione, Guzmán ha aiutato a fondare “Manos Muertas”.

 

Un recente studio dell’Oil (Organizzazione Internazionale del Lavoro) rivela che circa 6300 persone muoiono tutti i giorni nel mondo per incidenti sul lavoro o per malattie professionali, cioè 2,3 milioni all’anno. Inoltre, 270 milioni di lavoratori sono affetti da lesioni e 160 milioni contraggono malattie professionali.

 

Sulla situazione che si vive in Seatech abbiamo conversato con Edna Guzmán.

 

Come nasce l’idea di creare la Fondazione “Manos Muertas”?

Nel 2000 è iniziata un’ondata di licenziamenti in varie aziende, compresa Seatech dove lavoravo. Il motivo era sempre lo stesso: le persone soffrivano di malattie professionali e non potevano continuare a sopportare il ritmo di lavoro al quale erano sottoposte. Alla fine venivano licenziate e nessuno offriva loro sostegno e nemmeno proteggeva i loro diritti. Fu così che nel 2007 decidemmo di creare la fondazione, il cui obiettivo è offrire assistenza legale ed elementi di conoscenza sui propri diritti alle persone malate.

Di quali malattie stiamo parlando?

Sono malattie causate da estenuanti e massacranti giornate di lavoro e dai gesti ripetitivi, come la sindrome del tunnel carpale, la fibromialgia, la sindrome dolorosa miofasciale, le malattie lombari, le alterazioni osteomuscolotendinee e molte altre.

Come erano i turni di lavoro?

In Seatech eravamo circa 1500 persone e quasi nessuno veniva contrattato direttamente, ma attraverso imprese di lavoro temporaneo – interinale. Iniziavamo la giornata alle 7 di mattina e non sapevamo mai a che ora avremmo finito. Erano turni di 14-16 ore, quasi sempre in piedi, con poche pause e ritmi di lavoro molto intensi. Inoltre, si lavora e si guadagna a cottimo e questo espone il corpo a un sovraccarico di lavoro per guadagnare un po’ di più. Molte volte non ci pagavano nemmeno gli straordinari.

 

Dopo un anno, i lavoratori cominciano ad avere seri problemi di salute. È un lavoro inumano e schiavizzante, e le donne sono quelle che soffrono di più: escono molto tardi da questo inferno, piene di dolori e devono occuparsi della casa e della famiglia. Questa situazione genera molto stress, problemi psicologici, depressione e conflitti familiari.

Che risposta dà l’azienda di fronte ai vostri reclami?

Non abbiamo il diritto di reclamare e chi protesta è licenziato. Ti dicono che se non ti va bene puoi andartene e che fuori ci sono migliaia di persone che aspettano quel posto di lavoro.

 

Ha contratto qualche malattia?

Ho lavorato più di 15 anni come addetta al controllo e verifica della fase d’inscatolamento. Dovevo controllare, manipolare e sistemare una media di 300 scatole di tonno al minuto. È per questo che ho contratto le malattie per sforzi ripetuti, lavorando in piedi per più di 16 ore al giorno, quasi senza pause. Il dolore era molto forte, ma non potevo dire niente per paura di essere licenziata. Qui le persone devono ingoiare il proprio dolore.

 

Nel 2009 ho dovuto mettermi in malattia per un mese. Aveva dei dolori insopportabili, vertigini, nausee e infiammazioni al petto. Ritornai al lavoro, ma non riuscivo più a sopportare le estenuanti giornate lavorative e mi misi in malattia per altri 180 giorni. Alla fine, l’azienda mi lasciò senza salario e per il momento non mi ha ancora ricollocato in un’altra mansione. Mi hanno detto chiaramente che non mi vogliono più vedere.

 

Come si sente?

Inutile, perché i dolori non ti permettono di fare niente, nemmeno di relazionarti con il tuo compagno o con i tuoi figli. La vita si trasforma in un inferno e non sei più la stessa persona. Ti senti depressa, perché sei sufficientemente giovane per volere continuare a essere utile nella vita, ma il tuo corpo non te lo permette. I medici dicono che solamente chi soffre di questa malattia può capirla ed è vero. Devi imparare a convivere con il dolore per il resto della tua vita.

 

Che cosa fa l’azienda con le persone malate?

-L’impresa le inganna e dice loro che la malattia non dipende dal lavoro. Poi le licenzia e si giustifica dicendo che non ha nessun tipo di responsabilità per ciò che è accaduto. In questo modo viola la legislazione colombiana, perché l’azienda è obbligata a ricollocare le persone in un’altra mansione, che sia compatibile con la malattia di cui soffrono. Seatech è famosa per la produzione di un ottimo cibo. Il suo tonno è squisito, ma è fatto con le lacrime e la sofferenza dei lavoratori e delle lavoratrici.

 

Opera Mundi

Giorgio Trucchi, “Il tonno antisindacale e il lavoro semischiavo in Seatech” da Opera Mundi, pubblicato il 27-08-2011 su [http://nicaraguaymasespanol.blogspot.com/2011/09/empresa-de-colombia-es-acusada-de.html], ultimo accesso 21-09-2011.

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