Priorità dei profitti delle multinazionali in un momento in cui si accresce in Bolivia la crisi per l’approvvigionamento di benzina, energia elettrica, gas liquido e gasolio.
Un nuovo conflitto tra gli indigeni del Parco Isidoro Secure, nella regione centrale della Bolivia, ed il governo del presidente Evo Morales Ayma, è scoppiato a causa del progetto di costruzione di una strada che unirà la zona cocalera del Chapare con la regione delle pianure di Moxos, regione in cui, secondo studi di prospezione satellitari, esistono importanti riserve petrolifere e grandi estensioni di risorse forestali, idriche e di biodiversità.
La strada è finanziata dal governo brasiliano e, all’inaugurazione del progetto, due anni fa, furono presenti l’ex Presidente del Brasile, Inacio Lula Da Silva ed il primo rappresentante boliviano, occasione in cui fu decisa la priorità di questa strada per assicurare l’unione e l’integrazione di importanti regioni isolate dalle attività economiche e politiche del paese.
La polarizzazione è stata evidente. Da una parte, le organizzazioni indigene delle terre basse, all’incirca il tre per cento della popolazione boliviana, appoggiate da varie Organizzazioni Non Governative (ONG) con finanziamenti europei e statunitensi, e settori medi delle città hanno manifestato la loro totale opposizione alla costruzione della strada perché danneggia il territorio indigeno ed il suo habitat e, dall’altra parte, le autorità di governo e i dirigenti di organizzazioni sociali a quello vicine, come i cocaleri, i contadini e le comunità interculturali si sono pronunciate a favore del governo, considerando che è necessario lo sviluppo delle regioni più povere del paese.
Le possiblità di sviluppo nazionale
Il tema della terra è tornato a porsi nell’agenda centrale del dibattito, dato che i contadini e gli interculturali considerano che sia necessaria la consegna di terre per le attività agricole a coloro che non hanno terre o ne hanno in maniera scarsa, il 60 per cento della popolazione rurale, mentre solo una porzione molto piccola della popolazione farebbe assegnamento su giganteschi territori inesplorati.
Le critiche al governo sono aumentate tenendo conto che il Presidnete Morales si è convertito, a livello internazionale, nel principale difensore dei Diritti della Madre Terra ed ha anche presentato nell’Assemblea delle Nazioni Unite una proposta di Carta Mondiale per la difesa della Terra di fronte alle gravi conseguenze che la crisi del cambiamento climatico sta producendo nel mondo.
Nonostante ciò, il piano del Governo di sviluppare una Rivoluzione Industriale e Viaria ha come base lo sfruttamento delle risorse naturali per la sua industrializzazione e l’apertura e la costruzione di vie e strade, cosa che permetterebbe ai boliviani di raggiungere migliori condizioni di esistenza e lo sfruttamento di ricchezze per assicurare lo sviluppo, il lavoro e abbondanti entrate nel futuro.
Il punto critico sembra essere la necessità di approfittare delle risorse petrolifere tenendo conto della necessità di contare su entrate sicure per la Bolivia nella prospettiva di affrontare con riserve la crisi economica mondiale che potrebbe colpire la regione nei prossimi anni.
Le multinazionali in aguato
La Camera Boliviana degli Idrocarburi (CBH), che riunisce le multinazionali più importanti che operano nel paese, attraverso il suo principale dirigente, Carlos Delius, ha manifestato la sua adesione alle politiche governative di maggiori profitti per le industrie petrolifere come PETROBRAS, REPSOL, TOTAL, BG, per sviluppare politiche di esportazione del gas. Ugualmente, la CBH si è trasformata nella referente e nell’orientatrice delle decisioni del Ministro dell’Energia e degli Idrocarburi e del Presidente della statale YPFB.
In questo contesto di dibattito sull’amministrazione delle risorse naturali, con le forme più offensive e con un linguaggio interventista ed aggressivo, il Segretario delle Relazioni del Regno Unito della Gran Bretagna per l’America Latina, Jeremy Browne, che ha visitato la Bolivia lo scorso luglio, ha posto al governo boliviano le condizioni per continaure le sue politiche di investimenti petroliferi ed ha protestato per l’ampiamento delle coltivazioni di coca che disattendono le iniziative di repressione del consumo di droga in Europa.
Gli atteggiamenti ed i discorsi dell’inglese Browne sono avvenuti in atti pubblici nei quali le autorità boliviane hanno mantenuto un profilo di accettazione, e in qualche caso di gradimento, di fronte alle aggressive parole del visitatore. Il Ministro dell’Energia e degli Idrocarburi della Bolivia, José Luis Gutierrez, si mostrava compiaciuto quando il diplomatico difendeva gli investimenti della multinazionale petrolifera British Gas (BG) chiedendo “sicurezza giuridica e preoccupazione per gli investimenti inglesi” e chiedeva l’indennizzo di 70 milioni di dollari per una impresa di produzione di energia nazionalizzata nel maggio del 2010, di fronte allo sguardo distratto del Presidente dell’YPFB, Carlos Villegas.
La multinazionale BG opera in Bolivia nello sfruttamento di gas naturale e, in associazione al consorzio REPSOL della Spagna, opera nel campo Margarita, uno dei campi gasiferi più ricchi della Bolivia, e a Huacaya, avendo anche un contratto per Caipipendi, nell’impresa YPFB-Chaco. Dall’altra parte,Browne ha richieto un pagamento non effettuato di70 milioni di dollari per la nazionalizzazione di Guarachi e RURELEC, impresa per l’energia elettrica nazionalizzata dal governo di Evo Morales.
Anche nella lotta contro il narcotraffico
Dall’altra parte, approfittando della “donazione” inglese di un laboratorio giudiziario di 700.000 dollari per la lotta contro il narcotraffico, l’inglese ha protestato per l’esistenza in Bolivia di leggi molto permissive e che “la coca boliviana non è positiva per il suo governo (quello di Londra) che vuole frenare il consumo di droghe in Europa”. Il viceministro responsabile dell’area per il controllo del narcotraffico e della coca, Felipe Cáceres, ha ascoltato l’esortazione in silenzio.
Nello stesso modo con cui la Vicepresidente della Spagna Maria Teresa Fernandez de la Vega difese, durante la su visita in Bolivia di tre anni fa, la multnazionale REPSOL, nel momento in cui il suo paese “regalava” alla Bolivia delle ambulanze, ora il Segretario inglese protesta per la British Gas quando
fa la “donazione” di un laboratorio. Ciò di cui non si tiene conto è che per più di un decennio (1994-2005) le multinazionali petrolifere (British Gas dell’Inghilterra, Petrobrás del Brasile, Total della Francia, Repsol della Spagna) hanno saccheggiato il gas boliviano per una cifra superiore ai 10.000 milioni di dollari ed hanno ottento, dopo la frustrata nazionalizzazione degli idrocarburi del 1 maggio 2006, nuovi contratti con i quali mantengono importati profitti e guadagni.
Gas e petrolio: multinazionli o YPFB
A proposito delle dichiarazioni del funzionario inglese sul possibile investimento di 500 milioni di dollari da parte della BG, il direttore del periodico conservatore La Prensa, Diego Canelas, nel suo editoriale del 28 luglio, elogiò quelle opinioni ed affermò che si augurava in Bolivia una “autentica riconciliazione tra capitale privato e stato”, apprezzando l’apertura del governo alle multinazionali per la realizzazione di affari nel settore. Criterio che permette di conoscere la nuova prospettiva del governo di aprirsi ancor di più alle imprese petrolifere e di abbandonare definitivamente il mandato popolare della nazionalizzazione e dell’industrializzazione.
Questo orientamento coincide con il ruolo di direzione e conduzione delle politiche petrolifere e gasifere in Bolivia da parte della Camera Boliviana per gli Idrocarburi (CBH), diretta dalle multinazionali e che in passato ha cospirato contro il governo di Evo Morales, la stessa che ha ottenuto che l’attuale Ministro degli Idrocarburi ed il Presidente dell’YPFB si convertissero in importanti alleati dei loro interessi.
Questo chiaramente si riflette nell’assenza di prospettive di industrializzazione e dell’uso massiccio del gas nelle attività industriali e domestiche interne, di fronte alla priorità di rendite per le multinazionali ed il governo con giganteschi volumi di esportazione verso il Brasile e l’Argentina, in un momento in cui si accresce in Bolivia la crisi per il rifornimento di benzina, di energia elettrica, di gas liquido e di gasolio.
Scandali, repressione ed intervento colonialista
Gli scandali e i delitti del milionario padrone dei mezzi di comunicazione in Inghilterra, Rupert Murdoch, alleato del Primo Ministro David Cameron, e le violente manifestazioni di migliaia di giovani nei quartieri di Londra contro la mancanza di opportunità, lavoro e futuro non sono di nessun esempio per la Bolivia da parte del vecchio impero che ancora pretende di continuare con la sua politica coloniale come quella che mantiene con l’occupazione delle Isole Malvine Argentine, frutto di interventi militari pirata in America Latina.
Ancor di più quando è stata mostrata la politica colonialista della Gran Bretagna, insieme a Francia e Stati Uniti, con l’invasione della Libia utilizzando il metodo dell’intervento con i massicci bombardamenti della NATO e con l’obiettivo di ottenere il controllo delle riserve petrolifere del nord Africa. Prova chiara ne è l’immediata visita di Cameron e del presidente della Francia, Nicolas Sarkozy, per “riconoscere” il governo imposto da loro.
18/9/2011
La Haine
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da |
Eduardo Paz Rada, “Petróleo y recursos naturales en el conflicto con indígenas de Bolivia” traducido para La Haine por S., pubblicato il 18-09-2011 su [http://www.lahaine.org/index.php?p=56194], ultimo accesso 19-09-2011. |