Messico: La violenza nel Chiapas lascia uno scenario “così cruento come quello di una qualsiasi altra guerra”


Redazione Desinformémonos

Città del Messico / La violenza in cui i gruppi del crimine organizzato tengono immerso il Chiapas è uno scenario “così cruento come quello di una qualsiasi altra guerra”, dato che la popolazione si confronta con il controllo delle bande delinquenziali, lo sfollamento, le scomparse e i reclutamenti forzati, assassinii, torture, blocco dei servizi basilari, “senza che lo stato intervenga per dare una soluzione e proteggere le comunità”, ha denunciato il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba).

In un comunicato, ha manifestato la sua preoccupazione di fronte all’aumento della violenza nei paesi che si registra dal 2021, nell’ambito della lotta criminale per il dominio del territorio. “Questa situazione si caratterizza non solo per lo scontro armato tra gruppi delinquenziali, ma anche per il tentativo di controllare, al più alto grado mediante strategie di terrore, la vita sociale, economica e politica delle comunità”, ha spiegato il centro dei diritti umani.

Ha evidenziato come esempi del “dominio” del crimine organizzato il controllo che le fazioni della delinquenza hanno sulle assemblee e le autorità comunitarie per assicurarsi “la sottomissione della popolazione ai loro interessi e alla loro egemonia in ogni spazio territoriale”, e che “la resistenza a questo dominio è castigata con omicidi, scomparse o castighi fisici pubblici”. Allo stesso modo ha segnalato le restrizioni alla libera circolazione e le “situazioni critiche” in cui “la strategia di guerra isola le comunità bloccando la fornitura di acqua potabile e di energia elettrica; gli alimenti scarseggiano; scuole, ospedali e altri servizi pubblici non possono operare in modo permanente perché non ci sono condizioni di sicurezza per il personale; gli abitanti di solito rimangono in mezzo a scontri armati, fatto che causa terrore e rischio di morte per il fuoco incrociato e sfollamenti di massa”.

Di fronte a questo, il Frayba ha ribadito la responsabilità del governo nel riconoscere la grave dimensione della violenza nel Chiapas e rompere i meccanismi di impunità che la perpetuano, dato che “minimizzando la situazione aumentano gli impatti e i danni, oltre ad ostacolare il pieno esercizio dei diritti”.

Di seguito il comunicato completo:

Per 35 anni il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) ha documentato e denunciato le differenti violazioni dei diritti umani nel Chiapas, così come le responsabilità di ogni governo di turno, accompagnando vittime, familiari e processi collettivi organizzati. La nostra lotta è per il rispetto dei diritti umani e la costruzione della pace in un territorio profondamente lacerato. Siamo un’organizzazione indipendente e lontana da qualsiasi movimento politico-elettorale. Durante questi tre decenni e mezzo abbiamo conservato il principio di camminare con e per i popoli che lottano per la propria liberazione, il nostro cuore è nel Chiapas in basso.

Con preoccupazione, abbiamo constatato e reso visibile che, almeno dal giugno del 2021, nel nostro stato la situazione di violenza è aumentata come un cancro, nell’ambito della lotta criminale per il dominio del territorio. Questa situazione si caratterizza non solo per lo scontro armato tra gruppi delinquenziali, ma anche per il tentativo di controllare, al più alto grado mediante strategie di terrore, la vita sociale, economica e politica delle comunità. Di conseguenza la popolazione chiapaneca e che si muove vive gravi impatti, soprattutto nelle regioni Frontera e Sierra, con una tendenza all’espansione verso altre regioni dello stato.

Abbiamo documentato, alla pari e insieme ad altre voci, che la violenza contro la popolazione civile in Chiapas non è un danno collaterale, ha come scopo il controllo sociale come uno dei principali pilastri della strategia di guerra dei gruppi delle Delinquenza Organizzata, senza che lo stato intervenga per dare una soluzione e proteggere le comunità. Gli abitanti sono oggetto di gravi violazioni dei diritti umani come sfollamento, scomparse e reclutamento forzato, oltre ad omicidi, torture, tra gli altri. [1]

Assemblee e autorità comunitarie sono controllate da fazioni della delinquenza che si assicurano così la sottomissione della popolazione ai propri interessi e alla propria egemonia in ogni spazio territoriale. Commercianti, trasportatori e altre associazioni sono obbligati ad allinearsi ad “organizzazioni” che si configurano come il loro braccio civile, così come pagare il “pizzo”. La resistenza a questo dominio è castigata con omicidi, scomparse o castighi fisici pubblici.

Ci sono situazioni critiche in cui la strategia di guerra isola le comunità bloccando la fornitura di acqua potabile e di energia elettrica; gli alimenti scarseggiano; scuole, ospedali e altri servizi pubblici non possono operare in modo permanente perché non ci sono condizioni di sicurezza per il personale; gli abitanti di solito rimangono in mezzo a scontri armati, fatto che causa terrore e rischio di morte per il fuoco incrociato e sfollamenti di massa. Lo scenario è così cruento come quello di una qualsiasi altra guerra.

Questo controllo territoriale restringe la libera circolazione. I gruppi delinquenziali installano posti di blocco ai quali obbligano la popolazione a presenziare. Le persone affrontano quotidianamente il terrore di questi sistemi di vigilanza dove gli si chiede di mostrare le loro credenziali per identificare il loro luogo di provenienza. Si tratta di focolai rossi dove spesso si verificano privazioni della libertà, torture e nel peggiore dei casi sparizioni e omicidi. Le esperienze che hanno vissuto i reporter, così come la candidata presidenziale Claudia Sheimbaun, lo scorso 22 aprile a Motozintla, sono chiari esempi di questo tipo di controlli stradali.

Sfortunatamente, ci sono cifre nere incalcolabili. Solo una minima percentuale di casi è denunciata per il rischio che questo implica e la sfiducia verso le istituzioni. È necessario comprendere che tanto la sottostima dei delitti e delle violazioni gravi dei diritti umani, così come le diverse forme di controllo e le molteplici violenze quotidiane che subisce la popolazione, costituiscono una problematica che non può essere diminuita nella sua dimensione e importanza. È dovere dello stato garantire meccanismi sicuri e accessibili per la denuncia, la registrazione e l’attenzione verso le vittime.

Di fronte a questo, il governo ha la responsabilità di riconoscere la grave dimensione della violenza in Chiapas e di rompere i meccanismi di impunità che la perpetuano. Minimizzando la situazione aumentano gli impatti e i danni, oltre ad ostacolare il pieno esercizio dei diritti. Invitiamo il governo attuale e quello futuro ad avvicinarsi ai popoli che subiscono questa realtà, così come a noi attori della società civile che la palpiamo essendo immersi in quella, non per dibattere sull’esistenza o i livelli della problematica, ma per costruire percorsi per una pace vera e sostenibile.

[1] Per più informazioni consultare il rapporto in spagnolo “Asedio a la vida cotidiana, terror para el control del territorio y graves violaciones a derechos humanos” (Assedio alla vita quotidiana, terrore per il controllo del territorio e gravi violazione dei diritti umani). Disponible in: https://grupotrabajofronterachiapas.org.mx/

25 aprile 2024

Desinformémonos

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Redacción Desinformémonos, Violencia en Chiapas deja escenario tan cruento como el de cualquier otra guerra: Frayba, pubblicato il 25-04-2024 in Desinformémonossu [https://desinformemonos.org/violencia-en-chiapas-deja-escenario-tan-cruento-como-el-de-cualquier-otra-guerra-frayba/] ultimo accesso 30-04-2024.

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