Perù: Hugo Blanco e le lotte per la terra


Marcelo Langieri e David Pike

Una delle esperienze più ricche della lotta per la terra nella nostra regione fu realizzata in Perù nella seconda metà del XX secolo. Ripercorreremo questa esperienza per mano di uno dei più illustri esponenti di queste lotte, il dirigente contadino Hugo Blanco.

Nonostante fosse nato in una famiglia della classe media Hugo Blanco si identificò con la causa indigena. Un fatto segnò la sua infanzia: il latifondista Bartolomé Paz ordinò di imprimere con un ferro rovente le sue iniziali sul sedere di un contadino indigeno. Questo fatto segnò il senso della sua vita.

Dopo aver studiato e lavorato come operaio in Argentina tornò nella sua regione natale, il Cusco, per lavorare in una tenuta di La Convención, una delle province che fanno parte del dipartimento del Cusco, nel Sud del Perù. In quegli anni continuava ad essere attuale il gamonalismo (politica autoritaria dei capi locali, ndt), un sistema semifeudale ereditato dalla colonia nel quale ogni latifondista permetteva che il contadino coltivasse un pezzo di terra; come pagamento questo doveva lavorare nella tenuta e realizzare ogni tipo di lavori per il padrone: seminare le sue terre, lavorare come servitore domestico (pongo) nella casa del signore, vendere i propri prodotti al latifondista ai prezzi che il medesimo decideva, tra un’estesa lista di abusi.

“Lì con la cantilena di proletarizzarmi cercai le fabbriche, era la linea dentro il trotskismo. Andai dalla Federazione dei Lavoratori del Cuzco ma siccome non c’erano fabbriche, era una federazione di artigiani. Allora, vidi che l’avanguardia era la classe contadina di La Convención e mi vestii da contadino”.

Dopo lunghi anni di lotta i contadini delle tenute di La Convención riuscirono ad imporre una riforma agraria. E questo fu possibile grazie a molti anni di lotta e specificatamente ad uno sciopero di nove mesi. Bisogna chiarire che non si trattava di un comune sciopero come quello che effettuano gli operai in una fabbrica. Quando un contadino fa uno sciopero, che consiste nel non lavorare per il signore e dedicarsi a curare la propria terra, questo sciopero è sostenibile nel tempo, oltre a creare un effetto di contagio in tutte le tenute della regione. Questo fu quello che avvenne nella provincia di La Convención e nella zona di Lares, nel dipartimento di Cusco, agli inizi del decennio dei 60. Di fronte agli abusi dei padroni costituirono dei sindacati che difendevano i contadini ed esigevano di discutere le piattaforme rivendicative che questi presentavano.

Siccome la Polizia e il potere giudiziario erano nelle mani dei padroni, ad ogni protesta gli attivisti erano messi in carcere. Quando Hugo Blanco entrò nel sindacato di Chaupinayo, nell’anno 1960 tre dei suoi dirigenti erano detenuti e la richiesta della loro libertà era una delle principali rivendicazioni. Molti latifondisti si rifiutavano di accettare le richieste, e neppure accettavano di riconoscere i sindacati. Ancor meno di discutere con i contadini. Riguardo a questa situazione alcuni sindacati decisero di scendere in sciopero. E la classe contadina era felice perché aveva più tempo per lavorare la propria terra. Era come un inquilino che per lo sciopero non paga l’affitto. Le richieste iniziali dei contadini -giornate di otto ore, la fine dei maltrattamenti fisici, libertà sindacale- furono superate dallo sciopero che si trasformò in una messa in discussione diretta della struttura feudale della terra. Si giunse ad avere cento aziende in sciopero, cento aziende per proponevano la riforma agraria con il nome di sciopero. Era una riforma agraria di fatto che la classe contadina faceva sapere che stava facendo. Con la parola d’ordine “terra o morte”, i contadini delle tenute riuscirono a superare i dirigenti della Federazione dei Lavoratori del Cusco.

“La rivoluzione cubana influì molto, noi copiammo il motto di ‘Patria o Morte, vinceremo’. Il nostro motto era ‘Terra o morte, vinceremo’, prima a La Convención e dopo si generalizzò con la Confederazione Contadina del Perù”.

A seguito di questa situazione i latifondisti cominciarono a portare armi, a sparare in aria, a minacciare di morte gli “indigeni ladroni”, così come li chiamavano. I contadini denunciarono i fatti alla Guardia Civile ma trovavano come risposta una difesa del diritto alla proprietà dei latifondisti. Così, di fronte alla complicità della Polizia, molti colpiti si recarono dalla Federazione Provinciale dei Contadini di La Convención, recentemente creata. Di fronte a questa situazione ai contadini diventò chiaro che l’unica cosa che potevano fare era difendersi loro stessi. Nonostante la resistenza dei burocrati sindacali furono organizzati comitati di autodifesa.

“I latifondisti cominciarono ad andare armati dicendo che avrebbero usato proiettili, andammo dalla polizia a lamentarci e ci dissero che “sta bene, indigeni ladri di merda, che vi uccidano”; fu allora che dovemmo armarci”.

Il compito che avevano allora era di procurarsi armi. In previsione di un’esplosione, le autorità proibirono la vendita di armi nel sud del Perù. Il denaro per comprare le armi si accumulò e il bestiame dei latifondisti dette il suo apporto involontario. Già che ci siamo si vendeva la carne a molto buon prezzo per i contadini. Nemmeno mancarono coloro che fornirono polvere e dinamite. Le circostanze dimostrarono che quando la gente sente che deve armarsi, da qualunque parte appaiono le armi.

All’inizio i gruppi di autodifesa realizzarono il loro obiettivo: i latifondisti ridussero la violenza delle minacce. Ma le critiche della destra al Governo militare per aver permesso questa “alterazione dell’ordine” causò l’inizio di una scalata repressiva: prima repressero nei settori dove il movimento era meno organizzato. Dopo andarono a La Convención e proibirono alla Federazione Provinciale dei Contadini di La Convención e Lares di riunirsi.

Le azioni e reazioni andarono aumentando e sfociarono in scontri e nella morte di contadini e poliziotti. I contadini andarono a recuperare le armi della polizia. I tempi della clandestinità, tra sparatorie con la polizia e notti all’intemperie, contribuirono alla creazione di decine di sindacati e all’espansione dello sciopero contadino. Alla fine Hugo Blanco fu incriminato per la morte di un poliziotto e detenuto.

“In quella lotta per l’autodifesa armata il fatto fu che ci avvisarono che dalle parti della Sierra c’era un latifondista protetto dalla polizia che stava sgombrando gli indigeni di lì, e allora andammo armati. Trovai il Commissario e gli dissi ‘signore la polizia è andata armata a sgombrare i contadini’, e mi disse ’sì, che c’entra questo’. Allora tirai fuori il revolver e lo minacciai, gli dissi ‘alzi le mani o sparo’ e invece di alzare le mani, le mise nella tasca per tirar fuori il suo revolver e riuscì a sparare, ma già stava cadendo”.

Nonostante il suo arresto, la riforma agraria nel sud del Perù era già in marcia. La riflessione dei militari che stavano al potere fu che i contadini si erano abituati a vivere senza lavorare per la tenuta e si domandavano come sarebbero riusciti a farli tornare a lavorare per il padrone senza che la situazione si trasformasse in un incendio. Allora decisero di fare una legge di riforma agraria, ma solo per questa zona.

Ma, come c’era da aspettarsi, la ribellione si estese in altre zone del Perù. In quegli anni Fernando Belaúnde Terry (1963-1968) aveva sostituito il Governo militare. Se ai contadini di La Convención avevano dato terre perché avevano preso le armi, i contadini si lanciavano nell’occupazione delle terre in tutti gli angoli del paese. Ma Belaúnde faceva stroncare la ribellione con i proiettili e ci furono diversi massacri. In quegli anni sorsero anche le guerriglie di Luis Felipe de la Puente Uceda e dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), guerriglie classiche come quella cubana, con l’idea di creare un fuoco guerrigliero. I militari, secondo Blanco, pensarono che Belaúnde avrebbe incendiato tutto il paese e conclusero che fosse meglio che prendessero loro il potere e che quello che avevano fatto a La Convención lo avrebbero fatto in tutto il Perù.

“Estendemmo la lotta contro il latifondo in altre località, in tutto il Perù, questo è l’orgoglio che abbiamo noi del Chaupimayo”.

E così fece l’Esercito, comandato da Juan Velasco Alvarado, che prese il potere nel 1968 con un programma nazionalista e popolare. L’espropriazione delle imprese petrolifere, la nazionalizzazione di settori chiave dell’economia e un’ampia riforma agraria che definitivamente mise fine al gamonalismo furono alcune delle misure di questo generale che governò tra il 1968 e il 1975. La riforma agraria del 1969 ripartì milioni di ettari tra le comunità contadine ed indigene e creò grandi cooperative frutto dell’unione di diverse tenute con il nome di Società Agricole di Interesse Sociale (SAIS).

“La borghesia industriale di Lima preoccupata che la lotta nella campagna si estendesse alla città e, siccome le conveniva che la terra stesse nelle mani dei contadini affinché questi partecipassero al mercato interno, promosse l’ascesa del generale Velasco Alvarado”.

Il gamonalismo era un anacronismo che ad ogni modo sarebbe morto, ma se non fosse stato per la riforma agraria sarebbe stato sostituito dal capitalismo agrario. Il Perù continua ad essere, nonostante abbia progredito l’agroindustria, il paese del latinoamerica che ha la maggior percentuale della terra nelle mani dei contadini, sia individualmente o collettivamente. Secondo Hugo Blanco ai contadini non piacevano le SAIS. Teoricamente le SAIS erano più rivoluzionarie che nella rivoluzione russa, tutta la terra era collettivizzata, ma in pratica chi si appropriava del lavoro collettivo erano alcuni burocrati. Nei seguenti anni la lotta dei contadini contro la SAIS si sarebbe trasformata in una fonte di conflitto con lo stato.

Nel 1989, durante la prima presidenza di Alan García, Hugo Blanco era segretario dell’Organizzazione della Confederazione Contadina del Perù (CCP). Allora la lotta era contro il Governo di Alan García, la polizia e l’esercito, e in conflitto con la Confederazione Nazionale Agraria che era la centrale contadina che aveva formato Velasco. Ma nonostante tutto questo furono recuperati più di un milione di ettari delle SAIS dalle comunità, riformando la riforma agraria di Velasco.

Quando il generale Juan Velasco Alvarado giunse al potere nel 1968 Hugo Blanco da cinque anni stava in carcere. Nel dicembre del 1970 Velasco gli mandò un messaggio dicendo che se si fosse impegnato a lavorare per il suo progetto di riforma agraria sarebbe uscito immediatamente dalla prigione. La risposta, con ironia, fu che si era già abituato a vivere in carcere. Siccome altri due prigionieri politici si erano impegnati a lavorare con Velasco e furono liberati, al governo non rimase altra alternativa che metterlo in libertà. Alla fine lo deportarono.

“Certamente stimo il governo di Velasco Alvarado, decretò la riforma agraria in tutto il paese, fu un golpista, ma fu un golpe progressista. Mi dissero di lavorare per lui, io non volli questo e mi dissero di non andare nel Cuzco, di non andare nel campo, di rimanere a Lima e non contento di questo mi deportarono in Argentina”.

Dopo un breve passaggio in Messico tornò in Argentina, dove era vissuto negli anni 50. Prima di viaggiare visitò il consolato argentino in Messico dove ottenne un visto di tre mesi. Quando da un mese già stava in Argentina fu incarcerato nella prigione di Villa Devoto, precisamente per permanenza illegale. Era l’anno 1971 e governava il generale Lanusse.

All’inizio lo misero con i detenuti comuni dove avvenne una situazione che lui racconta con grazia: venendo a conoscenza della sua nazionalità fu molto considerato per le riconosciute abilità dei borsaioli peruviani. Rapidamente fu trasferito con i prigionieri politici dove subì le dure condizioni di detenzione a cui erano sottoposti i prigionieri politici nel nostro paese. La denuncia internazionale della sua prigionia gli aprì le porte del Cile di Salvador Allende. Il golpe militare in Cile contro il governo di Allende lo trovò che militava nella cintura industriale Vicuña Mackenna, dove era il responsabile del bollettino informativo.

Molti anni prima, nel 1954, prima di diventare un dirigente contadino, Blanco aveva viaggiato in Argentina per studiare Agronomia a La Plata, dove viveva suo fratello e dove andò scoprendo la militanza politica. Aveva cominciato a lavorare come operaio a Berisso, vicino a La Plata, quando la forza aerea bombardò la Plaza de Mayo facendo centinaia di civili morti. Era il golpe militare del 16 giugno. Anni più tardi visse il golpe contro Salvador Allende in Cile. In clandestinità incominciò a cercare il modo di abbandonare il paese, ma tutte le ambasciate erano controllate dalla polizia. In quella occasione non fu la fortuna né la sua abilità che gli salvò la vita ma l’aiuto dell’ambasciatore svedese. Nel 1973 Hugo Blanco si stabilì in Svezia. Dopo aver percorso buona parte dei paesi dell’Europa Occidentale facendo conferenze sul golpe in Cile intraprese un giro negli USA. Quando stava per concludere il suo percorso attraverso diverse città parlando della violazione dei diritti umani in America Latina, scoppiò uno sciopero generale in Perù. Era il luglio del 1977 e in Perù lasciarono entrare gli esiliati e lo chiamarono ad un’Assemblea Costituente. Blanco racconta che rientrò con il suo progetto di Costituzione sotto il braccio. Tornava a calpestare il suolo peruviano come candidato all’Assemblea Costituente per il Fronte Operaio Contadino, Studentesco e Popolare (FOCEP). Nell’ambito della campagna elettorale c’erano spazi televisivi gratuiti per i candidati e in quel momento era stato applicato un forte aggiustamento con un forte aumento dei prezzi. Così, approfittò degli spazi televisivi per denunciare le misure economiche e convocare uno sciopero contadino. Siccome lo spazio gratuito era per fare campagna elettorale e non per promuovere lo sciopero, anche se era candidato, tornava a stare in prigione. Ma questa volta il Governo peruviano aveva pensato ad una destinazione differente per il dirigente contadino, una soluzione definitiva per il suo caso: l’Argentina del generale Videla. Con un aereo dell’esercito Hugo Blanco, insieme ad altri detenuti politici, fu portato fino a Jujuy. Già in territorio argentino si rifiutò di uscire libero con la certezza che, in piena operazione Cóndor, una volta che avesse firmato la libertà sarebbe stato assassinato, come avvenne con tanti altri scomparsi delle dittature latinoamericane. I militari allora lo trasferirono con un aereo da turismo a Buenos Aires dove tornò a visitare le celle argentine. Secondo Hugo Blanco il sequestro faceva parte dell’operazione Cóndor. Successive indagini puntano sul fatto che Morales Bermúdez, presidente peruviano di fatto tra il 1975 e il 1980, permise il sequestro e la deportazione di quattro membri del Movimento Peronista Montonero residenti in Perù. La sua eliminazione sarebbe stata un favore in cambio di questo servizio prestato.

Poco dopo essere stato eletto all’Assemblea Costituente Hugo Blanco tornò in Perù. Nel 1980 fu eletto deputato per il Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (PRT), sezione peruviana della Quarta Internazionale, in una storica votazione. Un vecchio conosciuto, Fernando Belaúnde Terry, tornava ad essere presidente e inaugurava la politica delle violazioni dei diritti umani nella guerra contro Sendero Luminoso.

Dopo aver terminato il suo mandato al Congresso fu eletto segretario organizzativo della Confederazione Contadina del Perù (CCP). Da lì conobbe di prima mano il carattere repressivo del presidente Alan García. Durante il suo primo Governo (1985-1990) si era offerto di comprare il raccolto di mais dei contadini che vivevano nella zona di Pucallpa. La gente all’inizio era contenta, ma il Governo da mesi non pagava il mais che aveva comprato. Nel febbraio del 1989 i contadini della regione amazzonica scesero in sciopero affinché lo stato pagasse quello che doveva, tra altre rivendicazioni.

Come rappresentante della CCP, Blanco viaggiò nella selva. Le comunità native e contadine bloccarono le strade con tronchi e bloccarono i fiumi con le loro imbarcazioni. Gli approvvigionamenti smisero di giungere a Pucallpa. Dopo tre settimane di sciopero e paralisi i contadini riuscirono a risolvere alcune richieste locali e decisero di mettere fine alla misura. Mentre i contadini stavano nella piazza centrale cantando l’inno nazionale la polizia incominciò a sparare sulla folla. Morirono 23 contadini e altri 28 furono dichiarati scomparsi secondo un rapporto dell’organizzazione di difesa dei diritti umani Aprodeh. Lì fu di nuovo arrestato e portato nella caserma della polizia.

Ma neppure in quella occasione poterono far fuori Hugo Blanco. Un membro della Confederazione Contadina fu testimone dell’arresto e telefonò alla centrale nazionale a Lima. Da lì chiamarono immediatamente la segreteria generale di Amnesty International a Londra. Dopo poche ore che era stato arrestato il presidente Alan García cominciò a ricevere lettere che chiedevano la sua liberazione.

Hugo Blanco fu eletto senatore nel 1990 ma perse il suo seggio due anni dopo per l’autogolpe di Alberto Fujimori. La scalata repressiva del regime tornò a mettere a rischio la sua vita. Alla sentenza di morte del Servizio Nazionale di Intelligence guidato da Vladimiro Montesinos si aggiungeva la minaccia di Sendero.

Le conseguenze di 20 anni di conflitto armato (1980-2000) contribuirono a disarmare il potente movimento contadino peruviano. In questo processo ci furono più di 70.000 morti, la maggioranza di loro indigeni. La Commissione della Verità parla della responsabilità di Sendero, che servì anche da scusa al Governo per assassinare dirigenti contadini, per arrestarli, per torturarli. Tutto questo comportò un grande ritardo. Prima della guerra la Confederazione Contadina del Perù aveva basi in quasi tutto il paese. Dopo la guerra interna rimaneva in pochi dipartimenti. Questa è una delle ragioni di questo ritardo rispetto alla Bolivia e all’Ecuador, per esempio, dove il movimento indigeno ha promosso ogni tipo di trasformazioni.

Mediante Lucha Indígena, il periodico che dirige da Cusco, Hugo Blanco è riuscito ad includere nel suo discorso un’interpretazione delle lotte sociali a misura dei nuovi tempi. Molti dei principi dello zapatismo, del movimento indigeno e delle lotte per l’ambiente sono andati attualizzando la sua visione del mondo. Così afferma che la differenza fondamentale è che ora l’aggressione del neoliberalismo contro la natura è molto più grave. E la principale vittima di questa aggressione sono i popoli indigeni. Per questo ci si gioca la vita nelle lotte ambientali, per i progressi del movimento indigeno e il rafforzamento dei principi che difendono non solo la madre terra ma anche una forma di organizzazione democratica. Dove ci sono popoli indigeni ci sono comunità e in quelle si stanno anche costruendo le basi di una nuova società.

Fonti: Grandes Alamedas

21 dicembre 2020

Resumen Latinoamericano

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Marcelo Langieri y David PikePerú. Hugo Blanco y las luchas por la tierra” pubblicato il 21/12/2020 in Resumen Latinoamericano, su [https://www.resumenlatinoamericano.org/2020/12/21/peru-hugo-blanco-y-las-luchas-por-la-tierra/?fbclid=IwAR2i4n0gW2IKnnqYJrPuS3aQ8TRuX8tzR0hwbTFkZXoCsVhao0xwbSC8A98] ultimo accesso 13-01-2021.

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