La notte in cui il Perù non ha dormito


Alejandra Dinegro Martínez

In memoria di Inti e Bryan, due giovani assassinati durante la mobilitazione del 14 novembre.

“State attaccando briga con la generazione sbagliata” erano alcuni dei cartelli che migliaia di giovani hanno portato con sé la notte del 14 novembre. Era il sesto giorno di mobilitazioni che ha messo fine alla vita di due giovani di 22 e 24 anni. Quella notte nessuno ha dormito. Come si dorme in un paese dove i corpi dei giovani sono stati il bersaglio di proiettili sparati dalla polizia e 41 di loro sono “scomparsi”? Questo è stato il fatto culminante di questa crisi.

La crisi che attualmente attraversa il Perù è la conseguenza di un processo più grande e complesso che durante gli ultimi anni si è acutizzato. Alcuni settori politici critici del sistema lo chiamano crisi di regime; il medesimo che sta attraversando delle fasi, e l’attuale sarebbe un’ulteriore fase che potrebbe terminare aprendo la porta a certi cambiamenti strutturali.

Da quando è iniziata l’indagine per il caso Lava Jato (2013), che coinvolgeva il comportamento dell’impresa brasiliana Odebrecht con copiose bustarelle a presidenti e funzionari influenti dei governi del Brasile e del Perù, la classe politica tradizionale di ambedue i paesi è stata esposta di fronte all’opinione pubblica. Fatto che nel 2016 scoppiò in uno scandalo politico che mise in discussione l’ordine istituzionale e le regole del gioco con le quali organizzavano lo stato.

La conseguenza del caso Lava Jato nella politica peruviana sta traendo come conseguenza il fatto che negli ultimi tre anni sono stati portati a termine tre processi di vacanza, si annoverano tre ex presidenti indagati, un ex presidente che si è suicidato, così come due ex sindaci di Lima e decine di funzionari di diversi governi sotto indagine e con la libertà limitata. Questo spiega in parte un certo abbandono di una classe politica che incominciava a essere messa alle strette dalla giustizia e dalla condanna sociale ma che, di fronte ad un vuoto istituzionale, normativo e di rappresentanza ha continuato con le vecchie pratiche del clientelismo, la corruzione e l’abuso di potere.

Quello che oggi il Perù sta vivendo è la conseguenza di questo problema strutturale e Manuel Merino non è la causa di ciò, è la conseguenza di questa crisi di regime che ha una propria agenda totalmente distinta dagli interessi delle maggioranze cittadine. Mentre questi settori grotteschi lottano per appropriarsi del potere al di fuori della via dell’elezione popolare e discutono sulla ripartizione dei posti nello stato, di giudici che coprano i loro delitti e di dirigenti politici che si oppongono ad una riforma elettorale che li controlli; la cittadinanza si auto convoca e mobilita.

Negli ultimi mesi, hanno organizzato un blocco corrotto e hanno costruito un racconto per potere giustificare la vacanza e l’alterazione dell’ordine istituzionale. Hanno portato a termine un’interpretazione capricciosa della Costituzione Politica per poter giustificare un governo illegittimo. La prima macchinazione di questo processo contro Martin Vizcarra ha avuto come esempio il caso di Richard Swing e i contratti che avrebbero favorito le sue entrate di lavoro in cambio di servizi professionali seriamente discussi per la loro qualità ed efficienza.

Hanno fatto di questa situazione uno scandalo che ha scatenato lo scontento cittadino, in un contesto difficile per le famiglie peruviane che stavano mettendo in discussione alcune decisione governative in mezzo ad una situazione di pandemia, come la caotica consegna di buoni, la sospensione dei lavoratori, l’insufficienza di letti e respiratori, tra gli altri aspetti. Il caso Richared Swing ha acquisito una rilevanza così mediatica come se si stesse parlando di un processo storico come il caso Dreyfus. Quando era totalmente irrilevante, ma si è dato spazio al primo tentativo di vacanza.

Un mese dopo, tre aspiranti a collaborare efficacemente hanno concordato che Martin Vizcarra avesse ricevuto delle tangenti e hanno deciso di denunciare al riguardo. Al di là del fatto ch possa essere vero o no, questo è stato il secondo racconto a favore della vacanza che in breve tempo è diventata effettiva. Quello, l’allora governo di Martín Vizcarra, ha sovrastimato la breve accettazione popolare e ha avuto fiducia nella parola di alcuni dirigenti politici. L’abbandono di un gruppo parlamentare governativo e di un partito politico proprio a sostegno in momenti di tensione, lo hanno lasciato senza uno spazio per agire di fronte a questo blocco.

Questi sono i partiti e i dirigenti politici più conservatori, corrotti e repressivi che hanno la disinvoltura di sparare a bruciapelo sulle comunità indigene o di definire la popolazione delle Ande come “lama e vigogne”. Questo è il settore che ha preso d’assalto il potere e ha usurpato le funzioni esecutive in circostanze seriamente discutibili dal punto di vista costituzionale e democratico.

Il Perù ha avuto sei giorni consecutivi di proteste di massa in tutte le città. Una mobilitazione guidata da giovani e cittadini che in modo spontaneo si sono autoconvocati e sono usciti a manifestare contro un governo illegittimo. Cittadinanza eterogenea, di differenti classi sociali, di diversa condizione economica, ubicazione geografica e pratiche culturali diverse, sono riusciti a rompere con il mito della paura di occupare la strada e dell’apoliticità generazionale.

È diventata esplicita l’esistenza di un potere popolare che nonostante quello che ci hanno fatto credere per decenni, esiste e si esprime con diverse proteste che amplificano il grado di attivismo e partecipazione di una generazione che basa la propria organizzazione nelle reti sociali come Facebook, Instagram e Tik Tok. Oltre ad altre espressioni. Questa è la vera rappresentanza sociale di una “larga base”.

A loro volta, ci sono nuovi attori sociali presenti nelle manifestazioni che escono dalla centralità capitolina e la cui partecipazione al tavolo delle decisioni del Perù ufficiale non conta su una poltrona permanente. Con questo voglio dire che ci sono dirigenti regionali, comunali, indigeni, giovanili e locali che si stanno forgiando nel propri luoghi d’origine e che finiranno con il costituire un soggetto sociale che renderà visibile una rappresentanza che vada al di là dell’attuale elenco ufficiale. Sono questi attori, a cui non si presta molta attenzione, ma, che nonostante ciò, nei prossimi anni possono finire con l’assumere un ruolo importante.

È per questo che una via d’uscita da questa crisi va al di là della rinuncia o vacanza del signor Manuel Merino e nemmeno è nel Congresso, in termini politici. In termini legali, il Perù non ha avuto dei precedenti di questo tipo ed è per questo che il Tribunale Costituzionale si pronuncerà il prossimo 18 novembre sulla legalità o no della vacanza dell’ex presidente  Martin Vizcarra. Stabilendo un precedente per la storia.

Il malessere della cittadinanza richiede dei cambiamenti e non scambi tra i medesimi attori politici che in questi momenti sono responsabili di aver provocato una spaccatura istituzionale e costituzionale. Quello che c’è di fondo è la costruzione di un progetto di paese che includa tutti e finisca con l’essere promosso dai legittimi rappresentanti di questa costruzione popolare. C’è un’altissima responsabilità dei settori progressisti del paese per ricostruire un nuovo patto sociale basato sulla ferrea difesa dei diritti cittadini e dei valori dell’uguaglianza e della giustizia.

Una nuova sequenza di questa storia va al di là dell’aspetto politico e dell’indignazione. Manca un’agenda cittadina che faccia da contrappeso a quello che difendono i 105 congressisti  che hanno votato a favore del caos e del disastro dello stato. Una nuova o nuove promesse della vita repubblicana che riescano a mantenere l’unità nella diversità e all’inizio dello smantellamento del principale lucchetto che impedisce che siano portate a termine riforme urgenti per la gente: la Costituzione del 1993.

La proposta va al di là del dibattito costituzionale, ma deve partire dalla stessa realtà. La pandemia ha svelato l’enorme precarietà e disuguaglianza in cui i giovani, le donne, gli agricoltori, le mypes (piccole e medie imprese) e le diversità, vivono in un paese con una grande ricchezza naturale e culturale. Il Perù merita di realizzare il sogno della vita repubblicana senza calco né copia.

PS: Scritto domenica 15 novembre 2020

18. 11. 2020

OtraMirada

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Alejandra Dinegro Martínez, La noche que el Perú no durmió” pubblicato il 18/11/2020 in OtraMirada, su [http://www.otramirada.pe/la-noche-que-el-perú-no-durmió] ultimo accesso 23-11-2020.

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