Si compie un mese da quel 18 ottobre quando gli studenti delle scuole secondarie realizzarono nella metro una particolare azione che chiamarono “evasione di massa”, in segno di protesta per l’aumento del costo del biglietto. A partire da quel giorno nel paese è cominciata a scatenarsi una ribellione popolare senza precedenti.
Per un mese e ininterrottamente, il popolo si mantenuto nelle strade chiedendo cambiamenti radicali e la rinuncia del proprio presidente Sebastián Piñera. Un mese di lotta, ma anche un mese di repressione e violazioni dei diritti umani da parte del governo, che a seguito della situazione cercherà una via d’uscita istituzionale al conflitto con la redazione di una nuova Costituzione Nazionale.
Il 18 ottobre, giovani studenti hanno incominciato a promuovere la “evasione di massa”. Per quattro giorni e in differenti parti della capitale cilena, centinaia e centinaia di giovani in segno di protesta hanno saltato le porte girevoli e sono entrati nella metro senza pagare. La risposta ufficiale è stata di aumentare la quantità di polizia nelle stazioni e di criminalizzare la protesta, così come arrestare e picchiare gli studenti.
A partire dal quel momento il popolo ha cominciato a scendere nelle strade. In questo contesto il presidente Sebastián Piñera dichiara lo stato d’emergenza per “controllare i fatti di violenza” e pone lo stato d’assedio, facendo uscire l’esercito nelle strade, fatto che non avveniva dalla dittatura militare. Questo atteggiamento del governo ha accresciuto lo scontento generalizzato e il 25 ottobre è avvenuta una manifestazione storica. Un milione di persone hanno occupato le strade di Santiago e hanno chiesto la rinuncia di Piñera.
I fatti di violenza che realizzavano i carabinieri sono stati registrati dal popolo, che attraverso le reti sociali sono riusciti a viralizzare le gravi violazioni dei diritti umani che le forze repressive commettevano lungo il paese.
Nel suo ultimo rapporto l’Istituto Nazionale dei Diritti Umani del Cile, ha registrato fino alle ore 12:00 di venerdì 15 novembre 6362 persone detenute, 217 persone con ferite oculari, 5 denunce per omicidi e 246 per torture e trattamenti crudeli.
🔴 [Última actualización] Cifras recopiladas directamente por el INDH en observaciones a manifestaciones, comisarías y centros de salud, desde el jueves 17 de octubre hasta las 12:30 horas del viernes 15 de noviembre. pic.twitter.com/hifkuXn8IW
— INDH Chile (@inddhh) November 15, 2019
Diversi settori della società si sono organizzati per sostenere le lotte nelle strade e gli scioperi generali. Da parte del movimento femminista cileno facente parte del Coordinamento 8M, si sostiene che è impune che Piñera continui ancora a governare, e mediante un comunicato nelle proprie reti sociali fanno un appello ad un nuovo sciopero generale.
“Piñera si congratula per la “buona politica” della cucina di questo venerdì mattina, quando fuori orario sono stati chiusi i termini del suo accordo “per la pace”, mentre sulla popolazione piovevano proiettili come grandine. Noialtre ci stanchiamo della cucina: andiamo per la pentola comune. La forza l’abbiamo messa noi, anche le condizioni del nostro futuro le metteremo noi. A fare lo Sciopero Generale Femminista in tutti i territori. A proporci di andare avanti passo dopo passo al meglio delle nostre condizioni immediate di vita! A lottare contro l’impunità! Piñera aveva ragione su una sola cosa: la conclusione di queste quattro settimane ancora non è stata detta. Che Piñera se ne vada, che noialtre rimaniamo”.
In cerca di un “patto di pace”
Venerdì passato e a seguito delle incessanti proteste popolari, il parlamento cileno ha deciso di realizzare un plebiscito per redigere una nuova Costituzione. La consultazione popolare ci sarà nell’aprile del 2020 e prospetterà due domande: se si vuole o no una nuova Magna Carta e che tipo di organo la dovrà redigere, se una “commissione mista costituzionale” o un “patto costituzionale” o l’Assemblea costituente. La costituzione vigente data dall’ultima dittatura civico militare, approvata nel governo del dittatore Augusto Pinochet.
Dopo quasi un mese di proteste sociali che hanno fatto da parte delle forze di sicurezza 22 morti, migliaia di feriti e di detenuti in massicce manifestazioni di strada, saccheggi, incendi e violazioni dei diritti umani, all’inizio della settimana il Governo ha accettato di iniziare un processo costituente, con il quale il dibattito avanza per trovare il meccanismo che serve a giungere a redigere la Costituzione della Repubblica. Nonostante ciò, un punto di disaccordo tra le correnti è il livello di partecipazione della cittadinanza in detto processo. Un processo aperto, a trenta giorni dal suo inizio il governo non riesce a incanalare lo scontento sociale che continua a chiedere un cambiamento radicale.
Foto: Germán Romeo Pena
19 novembre 2019
ADNRed
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
“Un mes de protestas en Chile” pubblicato il 19/11/2019 in ADNRed, su [https://www.anred.org/2019/11/18/un-mes-de-protestas-en-chile/] ultimo accesso 20-11-2019. |