Norberto Emmerich e Edgar A. Valenzuela
Il narcotraffico è stata la questione che ha dato più grattacapi al governo di Enrique Peña Nieto (EPN) durante le prime settimane di quest’anno. In meno di 10 settimane sono esplosi tre scandali che hanno messo in evidenza uno dei temi più imbarazzanti per la cupola messicana: i possibili legami di complicità e protezione esistenti al più alto livello tra politici e narcotrafficanti.
A Washington sanno qualcosa.
In un primo momento, alcune ora prima che la rivista Rolling Stone umiliasse tutte le istituzioni di sicurezza e giustizia del Messico facendo conoscere pubblicamente prima di loro la residenza del capo più ricercato del paese, il Chapo è stato ricatturato. Festeggiato con disinvoltura e autocompiacimento dai principali responsabili del governo federale, che hanno affermato che il fatto significava un grande risultato dei loro organismi di intelligence civile e militare, prestigiose pagine nordamericane specializzate in temi militari hanno fatto trapelare che elementi di unità speciali di quel paese hanno partecipato all’operazione per colpire il trafficante. [1] Guastando la festa? No. Inviando solo un chiaro messaggio all’EPN e all’opinione pubblica messicana: senza l’intervento diretto degli USA, i temi prioritari della sicurezza in Messico non possono essere risolti.
E quando i media vicini al regime continuavano a creare storie circa la ricattura e la presunta relazione amorosa che il capo ha mantenuto con una delle attrici di moda del paese, assestano un altro colpo molto più frontale all’EPN: l’arresto in Spagna di Humberto Moreira, uno dei principali responsabili politici che si sono cimentati sul cammino verso Los Pinos (residenza del presidente del Messico, ndt). Quando? Ah, squisito momento: durante il suo giro attraverso il medio oriente.
Attira potentemente l’attenzione la precisione degli scandali che circondano i viaggi all’estero dell’EPN, soprattutto perché sembrerebbe che il circolo vicino al messichense (dello stato del Messico, uno degli Stati Uniti del Messico, riferimento a Peña Nieto, ndt) non ha appreso le lezioni della Francia, quando la fuga del Chapo ha appannato la presenza della delegazione ufficiale messicana a Parigi durante la commemorazione del Giorno Nazionale Gallo, come lo abbiamo descritto in quell’occasione. [2] Ora, quale sarebbe l’interesse degli spagnoli a rovinare la visita dell’EPN nella penisola arabica? Per prima cosa, sembra che l’autore intellettuale dei fatti abbia lasciato una traccia infallibile: un pizzico dello humor nero anglosassone: #MisiónCumplida. Ugualmente è necessario analizzare le imputazioni a Moreira allo scopo di intendere il velato e forte avvertimento lanciato all’EPN: lavaggio di denaro per il Cartello dei “Los Zetas”. Questo fatto non è minore, se la connessione tra Moreira e il lavaggio di denaro proveniente dal crimine organizzato si rafforzasse, il seguente passo sarebbe svelare se questo ha effettivamente finanziato la campagna elettorale dell’odierno presidente attraverso sistemi che sono stati inequivocabilmente tacciati come “caratteristici del lavaggio di denaro”, come il Monexgate denunciato dal gruppo di López Obrador nel 2012. [3]
Per rafforzare questa ipotesi si aggiungerebbero le recenti dichiarazioni di Rosa Isela Guzmán Ortiz, presunta figlia maggiore del Chapo Guzmán, che in una intervista con il periodico stampato britannico The Guardian ha dichiarato che suo padre avrebbe finanziato le campagne elettorali di vari importanti politici dell’Altipiano. Ha, inoltre, aggiunto che la sua recente ricattura è il frutto dei tradimenti di quegli stessi politici che ha appoggiato nel passato. [4]
Vale la pena sottolineare che prima dell’articolo del The Guardian, l’attuale amministrazione federale si è limitata a smentire attraverso i suoi multimedia vicini l’identità della presunta figlia, evitando di far parlare di possibili legami tra il potere politico e il crimine organizzato, così come delle possibili visite del capo negli USA. Questa strategia sembra una copia di quella usata da questo medesimo gruppo nel 2012, quando il medesimo media mise alle corde l’EPN nella retta finale della sua campagna presidenziale confermando un servizio della rivista Proceso che dimostrava un accordo segreto firmato con Televisa per dargli una copertura mediatica favorevole e per proporre l’immagine della sua faccia nelle elezioni del 2012. Do you remember “se la televisione facesse presidenti…”?
Ma tornando alla detenzione di Moreira, se effettivamente Washington è stata dietro all’arresto e all’atto di accusa di Moreira, che fatto ha provocato la sua ira? Tutto indica che siano stati gli accordi in materia petrolifera siglati dall’EPN allo scopo di coordinare delle azioni per stabilizzare l’aumento del prezzo dell’idrocarburo, il colpo avviene quasi contemporaneamente al suo annuncio. Da parte messicana, questo fatto sembra un disperato tentativo di salvare la propria gestione dall’abisso fiscale poiché il crollo del prezzo del petrolio insieme all’aumento dei tassi di interesse in USA, ha rappresentato la primissima causa della brusca svalutazione del peso, fenomeno che ha anche provocato il rischio latente di una grande crisi finanziaria a metà del sessennio.
Nonostante ciò, è evidente l’incapacità di Los Pinos di leggere il panorama internazionale e di intendere che la caduta dei prezzi del petrolio non ha la sua origine nella domanda e nell’offerta, ma nella guerra multidimensionale che Washington/Wall Street porta avanti contro Mosca, come lo ha esposto magistralmente Alfredo Jalife in un articolo intitolato Morgan Stanley guida il crollo del petrolio [5]; e di fronte al quale la cupola messicana non ha né voce né voto per arrendersi così al diktat imperiale. Anche con un semplice esercizio di memoria saprebbero che tre decenni fa Washington provò la medesima strategia contro l’Unione Sovietica e terminò con il fallimento del Latinoamerica e con l’instaurazione del modello neoliberista.
E il colpo del The Guardian? Potrebbe essere una reazione all’iniziale e demenziale sostegno che l’EPN ha dato a Donald Trump attraverso Francisco Guzmán, capo dell’Ufficio di Presidenza, che il passato 1° marzo ha dichiarato: il governo di Enrique Peña Nieto si augura che Donald Trump o qualsiasi candidato che risulti vincitore nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti collabori con il Messico? [6]
Meschina idea del gruppo dell’EPN, affermare che anche con Trump avrebbero lavorato prima di rimproverare la sua profonda retorica anti messicana! Di fronte a questo, a poco serve la comparazione con il discorso fascista fatta alcuni giorni dopo, in politica estera molte volte la prima impressione è quella che conta.
Note:
[1] Delta Force de EU involucrada en recaptura del “Chapo”: veteranos militares. Aristegui Noticias, 11 gennaio 2016. Disponibile in: http://goo.gl/Jo3Ugs
[2] El Chapo y otras lecturas de la crisis mexicana. Consultare: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=201160
[3] Dinero sucio en el “Monexgate”. Jesusa Cervantes, Revista Proceso, 13 febbraio 2014. Disponibile in: http://goo.gl/Rdck9c
[4] El Chapo entered US twice while on the run after prison break, daughter claims. The Guardian, 4 marzo 2016. Disponibile in: http://gu.com/p/4h6zf/stw
[5] Bajo La Lupa. Diario La Jornada, 28 febbraio 2016. Disponibile in: http://goo.gl/5ZwZAK
[6] Trump o cualquiera que gane en EU deberá trabajar con México: Presidencia. El Financiero, 1° marzo 2016. Disponibile in: http://goo.gl/qWAe5e
21/03/2016
ALAI
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Norberto Emmerich y Edgar A. Valenzuela, “El narco pone en aprietos a EPN” pubblicato il 21-03-2016 in ALAI, su [http://www.alainet.org/es/articulo/176208] ultimo accesso 22-03-2016. |