Secondo i documenti consultati, non sono stati calcolati i reali effetti ambientali sui fiumi ed i boschi.
Il sito di costruzione della diga sarebbe ad un chilometro e mezzo a monte della parte finale di Betania, municipio di Gigante e sarebbe ai confini della Jagua pregiudicando anche Garzón e El Agrado. La dimensione del progetto ed i suoi contraddittori effetti hanno scatenato nella regione una acuta controversia.
Per il Governo e per l’Emgesa (la ditta costruttrice) è un progetto che rispetta tutte le leggi e blinda il paese da nuovi black out; per i rappresentanti parlamentari del dipartimento, l’opera sopprimerebbe 25.000 posti di lavoro, pregiudicherebbe più di 500 famiglie di piccoli contadini e distruggerebbe la rete fognaria di tutti i capoluoghi municipali che sono lungo le sponde.
L’origine dell’opera, la sua natura e l’esempio dei danni causati – e mai riparati – di Betania, hanno creato un movimento di protesta guidato da Piattaforma Sud, una rete di organizzazioni sociali della regione, che ha convocato convegni, tavole rotonde, tavoli di discussione e di accordo, ed ha partecipato alle discussioni indette dal Congresso e dal Governo.
L’inizio dei lavori di costruzione dipende dalla licenza ambientale e quella in buona misura dallo studio di impatto ambientale che il Governo ha pattuito con Emgesa. Anche se legale, secondo la Legge 56, il procedimento fa, allo stesso tempo, dell’impresa un arbitro e una parte interessata.
Tanto l’indagine degli impatti come la pratica per la licenza hanno dei termini perentori determinati da accordi finanziari che Emgesa ha raggiunto con la banca internazionale. Sicura del fatto che il Governo avrebbe approvato la licenza, l’impresa iniziò i lavori sul posto dove nel 1997, Ingetec, che faceva studi di fattibilità, aprì un sotterraneo che permetteva sia le indagini geologiche che la costruzione del futuro tunnel di deviazione delle acque del Maddalena. La notizia circolò rapidamente ed i critici dell’opera riuscirono a dimostrare le irregolarità.
L’ 11 febbraio, un giorno prima dell’udienza pubblica avvenuta a Gigante alla presenza di 1.500 cittadini, dei quali l’ 80% era in disaccordo con il progetto, il ministero per l’Ambiente pronunciò un atto di accusa contro Emgesa per aver iniziato le opere senza licenza ambientale. Emgesa si difese dicendo che l’ampliamento del tunnel non equivaleva all’inizio dei lavori ma a nuovi studi di fattibilità. Le garanzie per gli investitori sogliono andare molto lontano.
Tutte le opere dell’importanza di quella progettata nel Quimbo hanno effetti diretti e collaterali, positivi e negativi. Da un lato della bilancia ci sono le imprese contrattiste, generalmente grandi compagnie nazionali ed internazionali che contano su gruppi di professionisti fissi e contrattano solo mano d’opera non qualificata.
Emgesa parla di 3.000 posti di lavoro di cui probabilmente beneficerà il dipartimento, ma non assicura che saranno operai della regione. Il Governo fa la seconda voce ed aggiunge che il Sena preparerebbe un centinaio di lavoratori. Certamente questi contratti implicano un sostanziale aumento della domanda di alimenti, di abitazioni che favoriscono il commercio locale, ma anche richieste di sanità, educazione e servizi che compromettono i bilanci pubblici.
I politici, anche se criticano l’opera, già stanno chiedendo i curriculum per coprire i posti di cui il progetto ha la necessità. Quelli sono contrattisti o controllano i contratti dei contrattisti a loro proprio beneficio economico ed elettorale. Per questo l’opposizione che fanno all’opera è un meccanismo per negoziare la loro ingerenza ed accrescere il loro potere locale.
Il secondo grande problema sociale del Quimbo è lo sgombero di 800 famiglie contadine, l’acquisto dei terreni dei grandi proprietari e la ricollocazione di 800 famiglie che oggi risiedono nella futura zona di inondazione. Ai grandi proprietari verranno comprate a buon prezzo le loro terre, come è normale; quelli di solito sono anche politici o gente potente a livello dipartimentale o nazionale. Sono solo sette proprietari terrieri. Agli abitanti che risiedono e vengono danneggiati, l’impresa gli ha offerto la costruzione compensatoria di quartieri satelliti. Ai contadini sta offrendo l’acquisto di terreni e la ricollocazione.
Il Governo prevede una grande agitazione sociale ed una protesta di carattere politico, per cui prepara la costruzione di caserme di Polizia – specialmente per la Squadra Mobile Antisommossa (Esmad) – e l’istallazione di una base dell’Esercito a La Jagua, che il Governatore del dipartimento ha chiesto che sia finanziata dall’impresa.
Il presidente Uribe in uno dei suoi famosi Consigli Comunali annunciò che “il Quimbo va perché va”. Queste misure e dichiarazioni hanno un effetto naturale e calcolato: debilitare il potere di negoziazione delle comunità colpite che può tradursi nella sindrome dell’affogato: meglio mettere mano al cappello.
All’interno dello stesso pacchetto di garanzie per l’investitore c’è la dichiarazione di utilità pubblica dell’area, che permette all’Emgesa di richiedere l’esproprio per via amministrativa ai proprietari che non si presentino ad una negoziazione dei terreni dove nel migliore dei casi i danneggiati contano solo su un unico voto a loro favore, gli altri due dono dell’Emgesa e del Governo.
Per fare un esempio sulla differenza che separa le parti: il valore della produzione della zona da inondare è valutato dall’impresa in 16.000 milioni annuali, un ex direttore della Associazione Regionale dell’Alto Maddalena, Eduardo Patarroyo, lo calcola in 30.000 milioni e Piattaforma Sud in 50.000.
Uno dei temi più delicati e quello ambientale. Piattaforma Sud ed un numeroso e documentato gruppo di esperti ha denunciato due grandi effetti negativi: la distruzione di un bosco lungo le rive che oggi abbraccia circa 800 ettari e l’ostruzione delle fognature locali, dato che la portata dell’inondazione impedirebbe l’uscita delle acque nere dai condotti.
Il bosco lungo le rive si cerca di compensarlo con denaro o con la messa a dimora di alberi in un parco o di fiori nelle aiuole. Riguardo al problema delle acque nere, l’impresa consiglia la costruzione di impianti di trattamento, nonostante sappia, poiché è la sua attività, che questa soluzione alzi il costo del servizio più del 20%.
Gli effetti sulla vita e la migrazione dei pesci non sono stati discussi. Il presidente Uribe alza le spalle e parla di fare vasche per mojarra o tilapia o cachama come si fa a Betania. L’impresa balbetta, ma aggiunge che il progetto ha un solo obiettivo e, pertanto, allo stesso tempo proclama che l’energia prodotta non verrà venduta nella regione e meno che mai a prezzi sovvenzionati; aggiunge che se i municipi vogliono fare parte dell’affare comprino azioni dell’Impresa per l’Energia di Bogotà, socia dell’Emgesa.
Nemmeno la proprietaria del progetto vuole sapere nulla di turismo né di pescicoltura, le caramelle con cui Uribe ha abbindolato i padrini municipali. In realtà, turismo e pescicoltura saranno impossibili non solo perché l’esclusivo proposito dell’invaso è la produzione di elettricità, ma perché il livello di inondazione varierà di 70 metri, la qual cosa ne renderebbe insostenibile qualsiasi avvio.
Esportare energia, a quale costo?
In poche parole, la diga del Quimbo ha due funzioni principali, salvare Betania che ha rendimenti decrescenti ed esportare energia elettrica. L’affare è stato fatto e le modificazioni a favore della popolazione locale o dell’ambiente circostante, aldilà di quelle previste e calcolate a favore dei profitti di EMGESA, sono nulle. Gli affari sono affari.
Per la gente della regione gli effetti negativi sono sempre più chiari e poco a poco, come si sta vedendo, le proteste sono più critiche, pubbliche e numerose. L’impresa ed il governo rispondono con una batteria di argomenti che l’esperienza di Betania tende a confutare.
Cercano di pagare a basso prezzo i danni, impongono le cifre e cercano di dividere le comunità, uno degli effetti collaterali più gravi ed ingiusti. Di fronte alla protesta che il grande affare del Quimbo può far scoppiare, il governo elabora una brutale strategia basata sulla forza e sulla minaccia di esercitarla se la popolazione non si sottomette alle condizioni di redditività determinate da EMGESA.
21 Marzo 2009
El Espectador
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da |
Alfredo Molano Bravo, “La mala energía del Quimbo (II)” traducido para El Espectador por S., pubblicato il 21-03-2009 su [http://www.elespectador.com/impreso/articuloimpreso129588-mala-energia-del-quimbo-ii] ultimo accesso 30-09-2011. |