Viaggio nell’epicentro dei progetti idroelettrici del Huila.
Degli ettari da inondare, 5.300 sono coltivati e 2.000 sono terre di antichi proprietari di parcelle dell’Incora.
Il ricercatore e sociologo ha percorso la regione nella quale verrà costruito il megabacino che inonderà 8.800 ettari. I progetti nell’Alto Maddalena sono: Pericongo, Isnos, Chillurco, Oporapa, Guarapas, tre volte Betania. La polemica sugli effetti sociali ed ambientali dello sbarramento del nostro fiume madre è durata vari anni.
La terra
Il Huila, dicono gli storici, dopo la Guerra dei Mille Giorni (1899-1902) rimase distrutto. I belligeranti portavano via il bestiame, che era l’unica ricchezza della regione, per alimentare e fare le scarpe per le proprie truppe. Nel conflitto con il Perù (1932) il dipartimento fornì la maggior parte dei contingenti che andarono a combattere nelle selve reclamate dalla Casa Arana, che si confrontava con ferocia con gli abitanti del Huila, del Tolima e del Cauca. Lo narra José Eustasio Rivera.
Nella stessa epoca a Campoalegre e a Palermo si inizia a seminare il riso con l’irrigazione. Il cotone, il sorgo, il tabacco ed altre coltivazioni commerciali verranno dopo la Violenza (1946-53), quando gran parte delle terre più pianeggianti e fertili lungo le rive del rio Maddalena erano state concentrate in poche mani.
I contadini furono cacciati ed espulsi verso la cordigliera e verso la selva. La grande maggioranza dei coloni che aprirono il Caquetá e le pendici del Meta erano del Huila. In queste regioni, dove i contadini appena sopravvivevano, misero le radici le Farc, fondate a Marquetalia (1964) in seguito al trionfo del governo di Valencia y Ruiz Novoa.
Cinque anni prima, Fidel Castro aveva preso il potere e poco dopo proclamato il socialismo a Cuba. Kennedy fondò, per contrastare il suo influsso in America Latina, l’Alleanza per il Progresso, di cui uno dei programmi più importanti fu la riforma agraria.
In Colombia, fin dal riconoscimento costituzionale della funzione sociale della proprietà (1936), la lotta contro il latifondo veniva rafforzandosi, ma fu negli anni sessanta quando, protetti dall’AID, un accordo tra alcuni liberali e pochi conservatori permise di portare avanti la Legge 135 del 1981, che autorizzò la riforma della rigida struttura agraria.
Durante il governo di Lleras Restrepo (1966-1970) il campo visse un notevole rivolgimento, più di aspettative che di fatti reali. L’Incora assegna terre incolte in zone lontane, lottizza a pochi contadini isterilite parcelle di stoppie di proprietari terrieri, costruisce distretti di irrigazione ed organizza imprese comunali.
I proprietari terrieri e di bestiame opposero una tenace resistenza che obbligò il Governo ad organizzare il movimento contadino in una potente associazione (ANUC), che subito oltrepassa l’ambito legale e si lancia nell’invasione di aziende.
Nel Huila, dove il conflitto armato aveva una grande forza, la riforma agraria fu particolarmente timida. Lo sforzo si orientò verso l’assegnazione di fondi incolti. Nonostante ciò, i contadini senza terra, molti giornalieri nelle grandi imprese del riso, invasero terre che, per la pressione degli avvenimenti di ordine pubblico, finirono con l’essere assegnate.
A sud di Neiva e lungo le rive del Maddalena, furono organizzate otto imprese comunitarie. Due sono state molto menzionate: quella di Escalereta, nel municipio di El Agrado, e quella di Veracruz, nel municipio di Gigante. La prima fu il risultato della fermezza contadina e della povertà del municipio.
I giornalieri invadevano, la Polizia li incarcerava ed il Sindaco li liberava perché non poteva alimentarli. Così per molte volte, fino a che gli invasori rimasero con l’azienda.
A Gigante – dove cresce ancora la ceiba piantata nel 1853 quando in Colombia fu decretata l’abolizione della schiavitù -, la mancanza di acqua impediva la redditività delle coltivazioni di riso, sorgo e mais e che il bestiame da latte desse sostentamento.
La situazione era così critica che i proprietari di parcelle dovettero tornare a fare giornate. Fino a che un giorno un investitore propose ai comuneri un affare: prendere le terre comunitarie in comodato per 15 anni in cambio della costruzione in quelle di un distretto di irrigazione.
Così fu. I contadini tornarono prima braccianti nelle opere di irrigazione e dopo nelle coltivazioni beneficiate. Cinque anni fa, i soci dell’impresa comunitaria, già vecchi, poterono godere del risultato delle loro lotte e sacrifici. Dopo quaranta anni, almeno i loro figli accarezzavano il sogno di una terra propria e fertile.
L’acqua
Il sogno fu interrotto un pomeriggio quando giunsero alcuni impiegati in uniforme per informarli che quelle terre sarebbero state inondate per costruire la diga del Quimbo.
I contadini più vecchi ricordavano che fin dagli anni quaranta si sentiva parlare dell’opera che alla fine confusero con l’impresa idroelettrica di Betania, a valle dello sbocco del torrentizio fiume Páez nel Maddalena, messa in cantiere da Misael Pastrana, inaugurata da Virgilio Barco e privatizzata da Gaviria.
Fu la più gigantesca e controversa opera di produzione di elettricità costruita nel paese: 7.400 ettari inondati, 53 chilometri di larghezza che immagazzinano 2.000 milioni di metri cubi di acqua per produrre 540 megavat, l’8% della domanda del paese.
La polemica sugli effetti sociali ed ambientali di sbarrare il nostro fiume madre durò vari anni. Gli anni durante la costruzione dell’opera e gli anni nei quali i sedimenti andarono riducendo il volume dell’acqua e la produzione di elettricità, effetti dovuti alla deforestazione della conca dell’Alto Maddalena ed in particolare all’accumulazione di fango e sabbia portati dal rio Páez dal ghiacciao del Huila.
L’impresa ispano-cilena Emgesa comprò nel 1991 l’impianto idroelettrico di Betania. Tanto il governo che la compagnia erano coscienti dell’accelerata sedimentazione del letto e per questo prevedevano la costruzione del Quimbo, così come ora sono in progettazione gli altri impianti idroelettrici a monte nella misura in cui a valle diminuisca la produzione di energia per l’identico fenomeno.
I progetti, tutti nell’Alto Maddalena, sono: Pericongo, Isnos, Chillurco, Oporapa, Guarapas, con una potenza calcolata di 1.424. megavat: tre volte Betania. E, come una cosa tira l’altra, così come la proprietà di Betania porta alla costruzione ed alla proprietà del Quimbo, Emgesa va dappertutto: per l’alta conca del rio Maddalena.
Allargando lo zoom e guardando lontano, il nostro fiume madre, asse della nostra civilizzazione, rimarrà sbarrato in alto, avvelenato in mezzo da tutte le acque nere che vi versano paesi e città, e distrutte le sue paludi e zone umide nel basso Maddalena al ritmo dell’avidità dei proprietari terrieri.
L’opera
Il progetto dell’impianto idroelettrico del Quimbo fu negoziato dal governo di Uribe in borsa, inquadrato nel Piano 2019, o Visione Colombia II Centenario, le cui basi sono la certezza dell’investimento e la sicurezza democratica.
L’opera è la prima che viene venduta con lo schema dell’appalto con obbligo di affidabilità, che significa che all’Emgesa si garantisce “per un periodo di 20 anni un’entrata fissa indipendentemente dalla sua partecipazione quotidiana nel mercato assegnato, riducendo così il rischio del suo investimento”, secondo la Commissione per la Regolazione dell’Energia ed il Gas. In denaro contante: puro guadagno per l’impresa.
La costruzione dell’opera è calcolata in 700 milioni di dollari e avrà capacità di produrre 400 megavat, il 5% della domanda di elettricità del paese, cifra che rappresenterà alla data della sua inaugurazione, nel 2014, esattamente il surplus di elettricità che il Sistema Elettrico Nazionale starà producendo quando entreranno in servizio gli impianti idroelettrici di Pescadero, Porce IV, Hidrosogamoso, Cucuana nel Tolima, Urrá II.
La vendita del futuro Quimbo fu fatta nel giugno del 2008 e l’opinione pubblica del Huila la conobbe poco a poco, quasi in modo segreto. La ragione è semplice: l’impianto idroelettrico avrebbe l’esclusiva funzione di produrre energia per l’esportazione in Ecuador, Centroamerica – Piano Puebla-Panama – ed i Caraibi – Santo Domingo e Porto Rico.
Il bacino avrebbe una longitudine di 28 chilometri e inonderebbe 8.800 ettari: 5.300 sono coltivati e 2.000 sono terre di antichi proprietari di parcelle dell’Incora.
14 Marzo 2009
El Espectador
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da |
Alfredo Molano Bravo, “La mala energía del Quimbo (I)” traducido para El Espectador por S., pubblicato il 14-03-2009 su [http://www.elespectador.com/impreso/nacional/articuloimpreso127337-mala-energia-del-quimbo-i], ultimo accesso 29-09-2011. |