Rivoluzione messicana


Cento anni fa una contesa elettorale interna alla classe dirigente messicana si trasformò in una rivoluzione popolare. La richiesta della non rielezione per la nona volta di Porfirio Díaz, il generale che aveva governato il Messico negli ultimi 35 anni, accese la richiesta popolare della restituzione delle terre usurpate e privatizzate dai latifondisti. Cento anni fa la rivoluzione messicana vedeva l’ingresso delle masse latinoamericane nella storia politica del proprio continente.

Puoi ascoltare i podcast della Rivoluzione Messicana del Comitato Carlos Fonseca: prima parte (1913-1915), seconda parte  (1915-1920).

La situazione all’inizio del XX secolo

Nel 1910, a cento anni dalla sua indipendenza, il Messico era ancora un paese alla periferia del sistema economico mondiale. Prevalentemente agricolo, esportava zucchero e prodotti come l’henequen (una fibra molto resistente esportata negli USA) oltre alle risorse minerarie di cui è ricco: argento, piombo, rame, e, solo dall’inizio del secolo, petrolio.

La sua popolazione, che oggi supera i 100 milioni di persone, arrivava a mala pena a 15 milioni con una percentuale di indigeni superiore al 10-15% di oggi. Le comunità indigene erano concentrate soprattutto nel centro sud del Messico, la parte tradizionalmente più popolata. Il Messico ha un territorio molto vasto e diversificato, marcato da due catene montuose, la Sierra Madre Oriental e quella Occidental che seguono il profilo della costa, con al centro un fertile altipiano, in media a 1200 metri sul livello del mare, dal clima temperato. Mentre a nord il clima è desertico, a sud l’altipiano è delimitato da una catena

Porfirio Díaz

Porfirio Díaz (1830-1915)

montuosa di recente origine vulcanica all’altezza di Città del Messico (che si trova ad un’altitudine di 2240 m), da li, mentre le montagne digradano si incomincia a passare ad un clima tropicale caratterizzato da continue precipitazioni e foreste sempre verdi, anche le coste, influenzate nel clima rispettivamente dall’Oceano Pacifico e dal Golfo del Messico hanno un loro clima particolare. La popolazione è maggiormente concentrata negli stati centrali di Messico, Morelos, Tlaxcala, Guanajuato, Puebla e particolarmente scarsa negli stati settentrionali di Sonora, Chihuahua, Coahuila, Nuevo León…

Ma gli anni di governo di Porfirio Díaz (1830-1915), generale conservatore che si era fatto eleggere nel 1875 promettendo che non ci sarebbe stata rielezione, erano stati anni di sviluppo economico. Ferrovie erano state costruite per unire le città messicane ai porti e alla frontiera con gli Stati Uniti, l’industria tessile si era ingrandita ed era aumentata anche la produzione di cotone, concessioni minerarie erano state rilasciate nel nord a compagnie nordamericane e per sfamare i minatori erano state installate grandi haciendas possedute da un oligarchia che viveva agiatamente in un mare di povertà. Nel 1901 inizia anche l’estrazione del petrolio nel nord-est del paese, a sfruttarlo sono sempre compagnie inglesi e statunitensi. Ma un delle più grandi trasformazioni strutturali del Messico nel quarant’anni che precedono la Rivoluzione è stata la vendita delle terre comunali e di quelle appartenenti alle comunità indigene, retaggio dell’età coloniale e inservibili la produzione d’esportazione così come la desideravano i generali e i funzionari di Díaz e i ricchi commercianti anglosassoni. queste terre, gli ejidos, vengono cedute a grandi haciendas, al mais e ai fagioli si sostituisce la canna da zucchero e per milioni di contadini l’ingresso nella modernità significa diventare braccianti nelle grandi piantagioni.

Lo scoppio della rivoluzione e la presidenza di Madero

Quando nel 1910 Porfirio Díaz tenta di reprimere il movimento liberale capeggiato da Francisco Madero in tutto il Messico rispondono alla chiamata all’insurrezione migliaia di braccianti, indigeni e poveri cristi. In tutto il paese si formano battaglioni insorgenti spesso non coordinati tra loro con rivendicazioni differenti. L’esercito federale subisce numerose sconfitte e dopo quella di Ciudad Juárez (Chihuahua), l’ottantenne Porfirio Díaz si dimette e parte per l’esilio in Europa. Ad essere eletto in ottobre è Francisco Madero (1873-1913), membro di una ricca famiglia proprietaria del Coahuila, uno stato del nord del paese, aveva studiato in Europa e negli Stati Uniti e le sue intenzioni erano tutt’altro che rivoluzionarie, sebbene il suo assassinio ad opera dei generali porfiristi ebbe l’effetto di ammantarlo dell’alone del martire per la libertà. La sua intenzione di mantenere l’ordine sociale è dimostrata dall’ordine di reprimere il movimento armato che si era costituito nel Morelos sotto il comando di Emiliano Zapata (1879-1919).

Il Morelos è uno stato molto piccolo ma densamente popolato che si trova a poche decine di chilometri dalla capitale. La popolazione indigena e meticcia che vi abitava era stata particolarmente colpita dalla vendita degli ejidos, avvenuta durante il regime di Porfirio Díaz. Quando Madero chiamò all’insurrezione contro il dittatore, i contadini del luogo presero le armi chiedendo terra e libertà e rivendicando la restituzione delle terre sottratte come specificato da Zapata nel suo programma politico, il Plan de Ayala, dal nome della città in cui fù enunciato. L’esercito ribelle aveva preso il controllo dello stato ed iniziando le trattative con Madero Zapata aveva fatto smobilitare parte dei suoi uomini, ma il nuovo presidente non cedette sulla riforma agraria e presto si tornò allo scontro condotto da parte federale dal generale porfirista Victoriano Huerta, che presto sarà autore del colpo di stato contro Madero.

Il potere dei conservatori era ormai limitato alle posizioni di comando degli ufficiali delle forze armate, che erano praticamente gli stessi dei tempi di Díaz nonostante l’inquadramento di 55.000 maderisti (su 70.000 soldati alla fine del 1912!) nell’esercito regolare. Nel corso di dieci giorni del febbraio 1912 passati alla storia come la decena trágica alcuni generali porfiristi tentano di liberare Bernardo Reyes, un ex generale che aveva avuto qualche divergenza con Díaz, e installarlo alla presidenza. Ma questi muore nell’assalto al palazzo presidenziale ed al suo posto prende il potere Victoriano Huerta (1850-1916), generale settantacinquenne di Porfirio Díaz che era stato usato da Madero nella repressione dell’insurrezione zapatista. Madero viene giustiziato il 22 febbraio 1912.

La guerra contro Huerta

Contro il regime di Huerta si dirigono ora le armi dei vari battaglioni rivoluzionari che sono insorti nel paese, per ora tutti uniti contro un nemico comune: la reazione, il ritorno puro e semplice al regime di Porfirio Díaz. In difesa dell’ordine costituzionale (e pur questo si definirono costituzionalisti) ma non della redistribuzione della terra si schierano i più moderati come il governatore di Coahuila Venustiano Carranza (1859-1920), un politico cinquantenne che aveva appoggiato Madero solo negli ultimi tempi. Nel confinante stato di Chihuahua si stabilisce invece il controllo dell’esercito rivoluzionario di Pancho Villa (1878-1923), un ex-bandito che esprime le rivendicazioni popolari della sua gente requisendo le grosse haciendas dello stato per nutrire la sua División del Norte con l’obiettivo di renderle poi alla popolazione e non ai grossi proprietari, cosa che infatti avvenne due anni dopo.

Nel giro di un anno gli eserciti rivoluzionari del nord raggiungono le prossimità di Città del Messico, mentre Zapata impegna l’esercito federale attaccandolo in Guerrero, Puebla, Oaxaca. Quando gli Stati Uniti decidono di intervenire a sostegno di Carranza e occupano il porto di Veracruz, principale città messicana sul golfo del Messico, Huerta capisce che per lui è finita è rassegna le dimissioni. Il 15 agosto 1913 l’esercito costituzionalista entra a Città del Messico. Ma presto le irrisolvibili contraddizioni all’interno del campo rivoluzionario non lasceranno spazio che alla guerra civile

La guerra civile rivoluzionaria

Nell’agosto 1914 Huerta è sconfitto e presto andrà in esilio in Europa. I capi degli eserciti rivoluzionari cercano di trovare una mediazione, il territorio del paese è diviso sotto il loro controllo e l’alternativa sarebbe la guerra, per evitarla viene convocata in ottobre una convenzione (assemblea) dei governatori e dei comandanti costituzionalisti a Città del Messico. Questa Convenzione viene boicottata da molti capi rivoluzionari, oltre a Villa e Zapata il governatore di Sonora Maytorena che Carranza vuole sostituire, anche perchè la capitale è occupata dall’esercito di Álvaro Obregón (1880-1928, il comandante militare

Pancho Villa e Emiliano Zapata

Pancho Villa (1878-1923) e Emiliano Zapata (1879-1919)

dei costituzionalisti). Alla fine ci si accorda per una nuova convenzione ad Aguascalientes, città a 500 km a nord di Città del Messico, con un rappresentante per ogni 1000 soldati degli eserciti rivoluzionari: su 152 delegati 37 appartenevano alla División del Norte di Villa e 26 all’esercito di Zapata. L’assemblea si attribuì poteri costituenti ed elesse come presidente pro tempore Eulalio Gutiérrez, governatore liberale di San Luis Potosí stato in cui era stato imprenditore minerario, su di lui convergono anche i voti dei delegati dell’esercito costituzionalista di Obregón e Carranza. Ma le ambizioni presidenziali di Carranza vengono frustrate e si arriva allo scontro, il governatore di Coahuila viene prima esautorato da qualsiasi autorità politica e poi, il 16 novembre, dichiarato ribelle.

Ormai lo scontro è palese. Carranza e Obregón ritirano i loro delegati dalla Convenzione e le proprie truppe da Città del Messico, diretti verso lo stato di Veracruz dove Carranza forma un governo alternativo a quello della Convencion. Sotto il controllo dei costituzionalisti si trova solo una piccola parte del paese, mentre i vari eserciti che appoggiano la Convenzione controllano quasi tutto il centro e il nord del Messico, mentre al sud sopravvive il potere di alcuni generali e politici conservatori come in Chiapas e Oaxaca. La Convenzione, con la sua commissione permanente incaricata di preparare un programma di riforme, si trasferisce a Città del Messico, dove agli inizi di dicembre arrivano anche gli eserciti di Villa e Zapata acclamati dalla popolazione: la rivoluzione popolare sembra aver vinto.

Ma Carranza riesce indisturbato a riorganizzarsi a Veracruz: l’esercito di Zapata non è in grado di sferrare un attacco così lontano, in campo aperto e contro un esercito così grande, Villa avrebbe avuto maggiori possibilità ma sceglie di combattere su più fronti consolidando il suo potere nel Chihuahua, una strategia che poi si rivelerà perdente. Così Carranza, che ottiene la fine dell’occupazione statunitense di Veracruz il 23 novembre, è libero di rafforzarsi grazie alle vendite del petrolio estratto nel Tamaulipas, anch’esso sotto il suo controllo, e grazie al sostegno degli Stati Uniti. Già il 28 gennaio Obregón entra a Città del Messico, abbandonata dai sostenitori della Convenzione, il presidente pro tempore Gutiérrez si è infatti trasferito nel suo stato, San Luis Potosí, dove ormai non gode più di alcun potere effettivo, ostile sia a Villa che a Carranza.

Il 1915 è il primo anno di pace per lo stato di Morelos, la cui comunità contadina è insorta nel 1910, e gli zapatisti possono finalmente applicare il Plan de Ayala, il programma di restituzione delle terre proclamato da Emiliano Zapata quattro anni prima. Gli ejidos, i terreni comunali sottratti dal regime di Porfirio Díaz quarant’anni prima per venderli ai latifondisti, vengono assegnati ai contadini secondo i costumi locali, in usufrutto collettivo o suddivisi tra i coltivatori. Architetto di quest’opera fu Manuel Palafox, responsabile per l’agricoltura della Convenzione, che invia tecnici dell’Istituto Nazionale di Agraria in varie parti del paese e crea una banca di credito agricolo e una scuola regionale di agricoltura nel Morelos. I contadini dei pueblos di Morelos già a marzo tornarono in possesso delle terre che seminarono con mais, fagioli e ortaggi invece che la canna da zucchero simbolo dell’oppressione del sistema dell’hacienda, la grossa proprietà fondiaria con al centro l’immensa casa del latifondista, vero signore politico della società locale.

Dalla primavera del 1915 la guerra inizia a preannunciare la sconfitta dei rivoluzionari, la vittoria a Celaya, città tra Aguascalientes e Città del Messico, apre ad Obregón il controllo del centro del paese, a luglio viene presa Aguascalientes, e a settembre Torreón, nodo strategico per il collegamento tra gli stati del nord e quelli delle coste. La situazione è oramai irrecuperabile per Villa e molti soldati del suo esercito disertano e molti suoi collaboratori civili scappano negli Stati Uniti. Il comandante rivoluzionario decide un attacco disperato su Agua Prieta, città di confine tra il Sonora e gli USA, ma vi trova 3.500 uomini di Carranza bene armati arrivati li in ferrovia attraverso il territorio americano. L’ingombrante vicino del nord ha fatto sentire il suo peso ancora una volta nelle contese politiche latinoamericane, appoggiando chi ha promesso di garantire i suoi interessi economici. Villa decide per la resa e scioglie la División del Norte alla fine del 1915, ma subito dopo inizia la guerriglia contro Carranza e, oltre confine, contro l’esercito Usa, mentre gli zapatisti continuano a scontrarsi con l’esercito nel Morelos. Venustiano Carranza ormai vittorioso torna con il suo governo a Città del Messico nell’aprile 1916.

La repressione carrancista

Carranza governerà fino al 1920, quando i suoi sostenitori, gli Stati Uniti e la borghesia messicana, lo abbandoneranno sostenendo contro di lui Álvaro Obregón, che gli succederà. In quegli anni una nuova costituzione viene scritta, vi si riconosce la proprietà dello stato sul sottosuolo messicano, e sulle risorse che contiene, ma come spesso avviene per le costituzioni è una scelta di facciata: la norma non è retroattiva, così da consentire alle imprese statunitensi di continuare ad estrarre il petrolio messicano. E’ proprio contro gli Stati Uniti che si dirigono ora le azioni degli uomini di Villa che attacca numerose postazioni militari oltre confine, e gli USA inviano una spedizione militare al comando del generale John Pershing in terra messicana per combattere i guerriglieri, vi rimarrà ben 11 mesi, non riuscendo a trovare Villa ma mostrando come il Messico non avesse una piena sovranità territoriale.

Nel Morelos invece la repressione contro gli insorti è durissima, comandata dallo spietato generale Pablo González che arriva al tentativo di deportare i contadini della regione per togliere il sostegno ai guerriglieri, Zapata riesce però ad avanzare e a porre sotto il proprio controllo tutte le principali città dello stato tranne Cuatla nel gennaio del 1917, e fino alla fine del 1918 il Morelos si manterrà in un sostanziale regime di autogoverno. L’anno dopo però l’esercito federale riuscì nell’impresa di uccidere Emiliano Zapata, al capo guerrigliero venne tesa una trappola facendogli credere che l’ufficiale federale Jesús Guajardo fosse intenzionato ad unirsi a lui così da attirarlo con la scusa di un colloquio a Chimeneca dove trovò ad aspettarlo le truppe di González che lo assassinarono il 10 aprile 1919. Nonostante lo sbandamento iniziale l’esercito contadino di Morelos continuò però a combattere.

rivoluzionariLe divisioni all’interno dei sostenitori di Carranza uscirono allo scoperto proprio nel 1919 con l’annuncio di Obregón della sua candidatura alle elezioni presidenziali, seguito l’anno dopo da quella Pablo González. Obregón ricevette largo consenso quando viaggiò per il paese per creare una struttura organizzativa. Carranza tentò prima di screditarlo poi di arrestarlo e Obregón scappò nel Guerrero aiutato dagli zapatisti. Quando Carranza tentò anche di intromettersi nella politica dello Stato di Sonora governato da Adolfo de la Huerta e base del consenso a Obregón, molti comandanti liberali si ribellarono. Abbandonato anche da Pablo González e da altri fedelissimi Carranza, in fuga verso Veracruz, venne ucciso il 21 maggio 1920. González e Obregón concordarono che sarebbe stato il Congresso a designare un presidente provvisorio in vista delle elezioni, la scelta ricadde su de la Huerta, che sarà presidente provvisorio fino a dicembre, quando gli succederà Obregón vittorioso alle elezioni, ma che ha il tempo di concedere a Villa e ai suoi uomini l’amnistia e un hacienda per mantenersi in cambio della smobilitazione, e il capo rivoluzionario sceglie di mettersi da parte. Verrà fatto assassinare da Obregón tre anni dopo, timoroso del consenso che manteneva nella sua regione.

Il successore di Obregón, il generale carranzista Plutarco Elías Calles fondo il Partito Rivoluzionario Istituzionale il partito-stato che ha governato il Messico per tutto il resto del XX secolo, lasciando il potere solo nel 2000 ad un partito ancora più a destra, quello di Azione Nazionale. Pur appropriandosi del mito della Rivoluzione, ed anche dei suoi simboli come Villa e Zapata che pure aveva combattuto, il PRI continuò a lasciare mano libera alle imprese statunitensi e ai proprietari terrieri. Tuttavia durante il governo di Lázaro Cárdenas, dal 1934 al 1940, vennero applicate alcune misure in favore dei contadini, come una riforma agraria che distribuì 17 milioni di ettari di terre, e si cercò di limitare i vantaggi economici delle imprese straniere nazionalizzando ferrovie e giacimenti petroliferi.
La rivoluzione non fu però combattuta invano, nonostante la sconfitta le masse popolari messicane avevano iniziato a lottare per i propri diritti e dal Messico si diffusero in tutta l’America latina la rivendicazione della fine della disuguaglianza sociale e della subordinazione agli Stati Uniti.

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