La riattivazione del comando Hernán Trizano e dei movimenti paramilitari nell’Araucanía


Juan Pablo González

Quando il machi Celestino Córdova ha cominciato a negoziare con il governo l’applicazione del Trattato 169 dell’OIL, nella zona è iniziata una scalata di violenza e sono tornati a riapparire gruppi paramilitari legati all’ultradestra come il cosiddetto “Comando Hernán Trizano”.

Il nome, dedicato a un antico “cacciatore di mapuche” che fu anche il creatore dell’istituzione precorritrice dei Carabinieri, fu anche usato per battezzare le caserme della DINA e della CNI di Temuco.

Il 30 luglio 2009, il quotidiano Austral di Temuco ha replicato un’intervista pubblicata originariamente in Las Noticias di Victoria dove un presunto portavoce del Comando Hernán Trizano ha lanciato ai dirigenti mapuche un avvertimento di morte.

“Il comando Hernán Trizano ha deciso di riunirsi e di entrare in attività. Per questo conta sulla dinamite che utilizzerà con detonatori numero otto e miccia lenta, e che non abbiamo alcun dubbio di metterli nelle cinture dei signori Queipul, Ancalaf, Pilquiman per farli esplodere in un sol colpo e con questo metteremo fine al problema o conflitto mapuche”, ha dichiarato.

Il fatto è stato indagato nel 2012 dalla procura senza che ci siano progressi.

Il comando, il cui nome non è ancora così conosciuto fuori dalla nona regione, ha partecipato nella zona ad una serie di delitti violenti, come l’incendio avvenuto nella casa del Lonko della Comunità Autonoma di Temucuicui, Víctor Queipul.

Víctor Queipul

A quel tempo, il dirigente mapuche lo attribuì al Comando Hernán Trizano di Victoria, poiché aveva ricevuto minacce da loro e da agenti di polizia, secondo quanto disse a Radio Bío Bío di Temuco.

Queipul, inoltre, fu sequestrato dal comando Hernán Trizano il 14 giugno 2016, dopo che la polizia aveva effettuato una perquisizione nella comunità di Temucuicui. La denuncia fu pubblicata da Amnesty International,

“Il lonko fu trattenuto contro la propria volontà da tre persone che non si sono identificate e lo hanno tenuto sequestrato per quasi 8 ore. Durante questo tempo gli hanno bendato gli occhi, lo hanno legato e lo hanno colpito. Gli uomini gli hanno chiesto informazioni sulla ubicazione di presunte armi in potere della comunità, gli hanno rinfacciato il suo lavoro con le comunità mapuche e il suo appoggio ad una machi che sta venendo criminalizzata e gli hanno intimato di lasciare il suo lavoro per i diritti dei popoli originari. Il lonko ha denunciato il fatto al Commissariato di Traiguén e successivamente ha presentato una denuncia formale”, dice il documento.

Nonostante ciò la procura chiuse l’indagine nel 2017, senza colpevoli, e criticò il lavoro delle organizzazioni dei diritti umani, inclusa Amnesty International, volendo delegittimare il loro lavoro di sostegno alle organizzazioni sociali e alle comunità. “Questa decisione stabilisce un nefasto precedente e dà briglia sciolta a coloro che vogliono silenziare le comunità dei popoli originari in Cile”, dichiarò Erika Guevara-Rosas, a quell’epoca Direttrice per le Americhe di Amnesty International.

Chi fu Hernán Trizano?

Hernán Trizano Avezzana fu  un militare cileno e il fondatore del Corpo della Gendarmeria delle colonie (1896-1907), descritto come l’istituzione che fu precorritrice dei Carabinieri. Trizano perseguitava e assassinava a sangue freddo i mapuche nell’Araucanía, fatto che gli procurò fama come il “Buffalo Bill Cileno”, rendendolo simile al Colonnello William Frederick Cody che fece la medesima cosa nel “far west” statunitense.

“Faceva parte del Corpo dei Gendarmi Armati che, a partire dal 1897 e sotto il comando di Trizano, devastava i campi delle recentemente insediate colonie e dei terreni privati tra il Bio Bio e il Tolten, perseguitando i loro ancestrali abitanti, che si rifiutavano a lasciare il territorio che avevano ereditato dai loro antenati e dei quali erano stati spogliati con la forza con un atto unilaterale, e illegale, dallo stato cileno”, spiega Correa.

Per questa ragione Trizano, e le sue azioni di caccia dei mapuche, si trasformò per molti in un eroe, e il suo nome fu usato in vari dipartimenti nei quali durante la dittatura furono presenti le due polizie politiche di Pinochet a Temuco (la DINA e la CNI), come riporta il libro di Ana Rodríguez e Pablo Vergara intitolato “La Frontiera: Cronaca dell’Araucanía ribelle”.

“Con il correre degli anni (Trizano) nella zona si trasformò in una leggenda, era molto impetuoso, altezzoso e perfino aggressivo. Quando non andava a caccia di banditi, praticava il tiro e la scherma nei pascoli dietro la caserma e andava sempre in cerca di un soldato di corporatura robusta per sfidarlo a combattere a mani nude, sia a colpi di pugno, lotta o qualsiasi altra forma di combattimento senza armi. Questo gli piaceva, perché finiva sempre vincendo e facendo sfoggio della propria forza e capacità. Anche se era un uomo piuttosto basso, era molto muscoloso e curava molto il proprio aspetto, specialmente i lunghi baffi” commentò il militare José Miguel Varela, in una testimonianza raccolta nel libro “Un Veterano di Tre Guerre” di Guillermo Parvex, un ex agente della CNI che si è dedicato a scrivere libri di storia militare.

Il presunto portavoce

Jorge Octavio Temer San Martín nel 2009 fu vincolato al comando Hernán Trizano come uno dei suoi portavoce. Si fece vedere insieme ad un amico in una formalizzazione processuale di cinque comuneri mapuche nella procura di Temuco.

Secondo quello che raccolse il quotidiano Austral di detta città, tutti i media poterono osservare San Martín in compagnia di un amico di fronte al Tribunale di Garanzia di Victoria. Quando si vide scoperto da una moltitudine di mapuche infuriati, fece il gesto di tirar fuori un’arma dal cinturone ma dovette scappare velocemente per il rischio di essere pubblicamente linciato.

Successivamente in una intervista al medesimo media San Martín chiarì la situazione, “in pagine di Internet firmate da organizzazioni mapuche esce con nome e cognome che sono il portavoce del Trizano, che la pagherò e altre minacce. Io sono disposto a conversare con loro. Non ho nessun problema che mi dicano dove mi hanno visto lottare o fare propaganda. Quando ero in Patria e Libertà ero capace e ancora continuo ad essere capace nonostante abbia 67 anni, ma non è per andare a lottare”, ha commentato.

Successivamente all’anno 2012 San Martín fu detenuto per aver minacciato di morte l’agricoltore Raúl Urbán, la procura iniziò l’indagine imputandogli cinque capi d’accusa per lesioni lievi, minacce, porto illegale d’arma da fuoco, possesso illegale d’arma da fuoco e possesso illegale d’arma da fuoco proibita. A seguito del fatto che, quando perquisirono la sua casa, trovarono armamento di ogni tipo.

Nel dicembre del 2016 lo stesso soggetto fu processato dalla giustizia insieme ai funzionari a riposo dell’Esercito, Exequiel Trullenque Sepúlveda, Eduardo Urrutia Ronda ed Ariel Reyes Figueroa, come coautori dell’omicidio di Pedro Alonso Muñoz Apablaza ed Eliseo Jara Ríos, perpetrato, il 27 ottobre 1973, nel comune di Victoria, causa che prosegue nella giustizia.

I sospetti sul comando Hernán Trizano

Il comando Hernán Trizano continua ancora ad operare nella zona, secondo quanto ha informato il Werken Rodrigo Curipán.

“È un gruppo di vari proprietari di una parcella di terra (a seguito della riforma agraria, ndt), molti dei quali sono grandi contrattisti forestali. Sono andati riunendo diverse persone, stipendiate che agiscono come sicari e per intimorire, contro dirigenti e membri delle comunità mapuche. Questo organo armato dei proprietari terrieri o degli organismi forestali cominciò ad agire circa 15 anni fa”, ha commentato in un’intervista il 28 agosto.

Secondo Curipán esistono sospetti che il gruppo sia stato dietro a vari assassinii, ad alcuni casi che il Pubblico Ministero non ha mai indagato, e ad altre denunce che sono state differite.

Precedentemente, il werkén aveva anche avvisato in un’intervista televisiva che il Comando Hernán Trizano aveva effettuato delle dichiarazioni pubbliche per nuocere ai mapuche e rompere il dialogo con lo stato.

Queste denunce seminano dubbi riguardo alla reale paternità in casi come l’incendio delle case del papà di Fuad Chahín, presidente della Democrazia Cristiana, o l’attentato alle capanne del lago Lanalhue, che è un territorio mapuche.

Marian Schmid, una delle donne danneggiate dagli incendi, ha commentato nel notiziario centrale di Chilevisión della scorsa domenica 6 agosto che “questo non è né finanziato né gestito da mapuche. Non so come provarlo, ma non lo posso credere”, ha detto.

“Sappiamo che le stesse persone mapuche che sono lì nella comunità vicina, sono morte di paura. Non sono d’accordo con questo. Stanno denigrando in modo atroce la spiritualità mapuche. La spiritualità mapuche è amante della natura, e questo è tutto il contrario”, ha aggiunto.

L’aumento di violenza nell’Araucanía, incluso lo sgombero del Municipio di Curacautín, sabato 1 agosto, e la serie di attentati che sono culminati nello sciopero dei camionisti, è cominciato quando il ministro Hernán Larraín ha deciso di negoziare l’applicazione del Trattato 169 con il machi Celestino Córdova, che era in sciopero della fame ad Angol.

Questa non è la prima volta in cui gruppi di questo tipo rompono il dialogo tra l’esecutivo e il popolo mapuche. All’inizio del governo di Sebastián Piñera, Alfredo Moreno entrò come Ministro dello Sviluppo Sociale con il compito di ricomporre i dialoghi, creando il Piano Araucanía, per intavolare conversazioni di alto livello con dei dirigenti, creare un Ministero Indigeno e portare avanti il processo di recupero delle terre con la Conadi. Varie organizzazioni si sono ribellate, chiedendo che il governo rompesse il dialogo e si preoccupasse della violenza nella zona.

Quando la violenza cominciò ad aumentare, Piñera inviò il Comando Jungla dei Carabinieri a controllare la situazione, fatto che finì con l’assassinio di Camilo Catrillanca, rompendo definitivamente il dialogo del governo con il popolo mapuche.

Ora, con lo sgombero dei municipi occupati dalle comunità mapuche, non solo è diventata evidente la riattivazione di questi gruppi violenti associati all’estrema destra e ai grandi gruppi economici che operano nella zona. È stata anche dimostrata la passività della polizia nella loro operazioni.

Per lo storico Martín Correa, storicamente, nel territorio mapuche, i Carabinieri hanno dedicato una parte importante dei loro sforzi alla protezione delle proprietà dei latifondisti  e alla persecuzione dei mapuche che chiedono diritti sulle medesime proprietà. Fa un esempio, nei giorni successivi al Colpo di Stato, a molte delle perquisizioni realizzate nel territorio mapuche, specialmente in quelle proprietà dove si crearono Insediamenti e Cooperative di Riforma agraria, parteciparono privati e padroni dei fondi, segnalando alle forze di polizia e ai militari chi aveva partecipato al processo di recupero territoriale, secondo come si riporta nel Rapporto Rettig.

“Da allora, e fino ai giorni nostri, la dinamica si è mantenuta, oggi caratterizzata da un importante personale dei carabinieri destinato a dare protezione alle proprietà di coloni e latifondisti, molti di loro denunciati dalle comunità mapuche perché parte delle loro terra gli fu usurpata (…) In sintesi, la violenza padronale anti mapuche ha una presenza di lunga data, conosciuta da tutti nel territorio mapuche, e non c’è dubbio che molti di loro continuano ad agire”, conclude Correa.

7 settembre 2020 

La vos de los que sobran

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Juan Pablo GonzálezLa reactivación del comando Hernán Trizano y los movimientos paramilitares en La Araucanía” pubblicato il 07/09/2020 in La vos de los que sobran, su [https://lavozdelosquesobran.cl/la-reactivacion-del-comando-hernan-trizano-y-los-movimientos-paramilitares-en-la-araucania/] ultimo accesso 14-09-2020

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